Capitolo 42

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Andrew aveva il fiato corto mentre era seduto sul sedile in pelle scura della Sedan. Il battito del cuore era un tormento continuo, qualcosa che gli impediva di ascoltare qualsivoglia rumore attorno a sé talmente era pressante; era così forte da sovrastare persino i suoi stessi pensieri. Eppure c'era qualcosa di confortante in tutto ciò, perché se il cuore batteva significava che non era ancora morto per via dell'angoscia crescente.

Sentì la mano stringersi attorno al calcio della pistola tenuta in grembo con una forza spaventosa, nonostante stesse sudando copiosamente dai palmi delle mani per l'agitazione. La gamba si alzava e abbassava a ritmo frenetico insieme ai movimenti meccanici del piede.

"Nessuno verrà mai a salvarti il culo quando sei nei guai, devi cavartela da solo."

La voce di Antony gli risuonava in testa come un mantra: mai avrebbe pensato che quella frase gli potesse tornare utile in vita sua, perché, a dirla tutta, a farlo stare male in quel momento era proprio l'incapacità di gestire la preoccupazione per un'altra persona.

Se volevi fare il gangster a Chicago dovevi imparare a salvarti la pellaccia senza l'aiuto di nessuno, soprattutto se avevi uno come Tony a darti ordini. Se morivi durante il colpo erano cazzi tuoi, se venivi ferito e restavi indietro, erano cazzi tuoi. Nessuno sarebbe tornato indietro a prenderti.

Andrew aveva sempre odiato quel modo di pensare reputandolo insensibile, ma solo ora si rese conto di quanto fosse invece da codardi lasciare qualcuno indietro. E lui aveva deciso che non lo sarebbe più stato.

Aveva già perso troppe persone importanti nella sua vita, non serviva allungare la lista per lo stupido capriccio di un sadico bastardo.

«Olly?» sussurrò distogliendo momentaneamente lo sguardo dal campanile, il cui orologio segnava un quarto d'ora alle undici di sera. L'uomo girò la testa verso il ragazzo, rispondendo con un misero verso di assenso.

«Ti ricordi quanto ero spaventato la prima volta che mi hai trovato chiuso in quello sgabuzzino?» Gli chiese Andrew mostrando un sorriso tirato. La fronte imperlata di sudore risultò opalescente alla luce fioca del lampione sotto il quale stavano aspettando.

«Come potrei dimenticarmelo?» Borbottò l'altro, infilandosi la mano in una delle tasche interne della giacca alla ricerca di una fiaschetta. Il ragazzo seduto alla sua destra sbuffò pesantemente, massaggiandosi il collo indolenzito.

«Mi sento come allora.»

Oliver non si scompose, ma emise solo un grugno contrariato nello scoprire di aver dimenticato l'oggetto a casa mentre lo ascoltava parlare.

«Ho come la sensazione che un altro stupido errore manderà tutto a puttane e-»

«È inutile che ci giri intorno, Andrew, hai paura per la ragazza.»

Andrew abbassò la stessa, rigirandosi la Mauser tra le mani come rapito dallo scintillio del metallo scuro.

«Se le dovesse succedere qualcosa... io non me lo perdonerei mai, non voglio ripetere lo stesso errore una seconda volta.» L'immagine di James si materializzò nella sua mente, sangue compreso.

Oliver si stiracchiò le spalle indolenzite allungando le braccia in avanti ad afferrare il volante.

«Non avrei mai pensato di vederti così, 'Drew. Se proprio vuoi saperlo, ho sempre pensato fossi un codardo più che uno incline a non iniziare una rissa.» Borbottò con aria colpevole. «Ci vuole fegato da vendere per buttarsi nella mischia sapendo a cosa si va incontro e solo per difendere una persona che ami. Ma mi hai dimostrato che mi sbagliavo e, credimi, se ti dico che sono orgoglioso dell'uomo che sei diventato. Lo sarebbe anche tua madre se ti potesse vedere ora.» Gli disse per incoraggiarlo e

Andrew sorrise tristemente.

«Se fosse qui mi direbbe che sono un coglione e che farei meglio a tornarmene a casa.»

Oliver ridacchiò in silenzio.

«Sì, probabile.» Fece una pausa: «Quindi... Hai deciso qual è il piano?»

Andrew si torse le mani dal nervoso per l'attesa.

«Il piano? Entro dentro e lo ammazzo, fine dei giochi.»

L'uomo rise fragorosamente, ma approfittò di quel frangente di distrazione per tirargli uno scappellotto dietro la nuca.

«Sei una testa vuota, come al solito.» Lo rimproverò facendosi subito serio mentre Andrew sospirava frustrato. «Quello ti ammazzerà appena metterai piede dentro quella banca. Possibile che tu non riesca a pensare lucidamente quando sei sotto pressione?»

«Se ci fosse Theresa là dentro non saresti così calmo!» Lo rimbeccò invece il giovane, alludendo alla moglie dell'uomo. L'occhio cadde nuovamente sull'orologio che, ora, segnava solo più dieci minuti alle undici.

Oliver non raccolse la provocazione, anzi quasi parve ignorarla e si mise a studiare la facciata dell'edificio per alcuni istanti, prima di scendere dalla vettura in completo silenzio. Andrew lo seguì dapprima con lo sguardo, senza battere ciglio e senza fare domande, e poi scese anch'egli dalla Sedan. Si fidava di lui, perciò gli camminò dietro a passo svelto.

«Allora?» Sussurrò il ragazzo raggiungendolo vicino alla parete esterna.

Oliver gli fece segno di stare in silenzio e indicò con l'indice della mano la finestra posta in alto a due metri di altezza e che dava sull'androne interno: da lì potevano avere una prima visuale di ciò che lo aspettava senza dover per forza infilarsi nella tana del lupo.

«Come pensi di arrivarci?» Sussurrò nuovamente Andrew guardandosi intorno.

L'uomo lo squadrò sogghignando.

«Come abbiamo già fatto altre volte, non vuoi più salirmi sulle spalle come quando eri più piccolo?» Lo schernì.

«Non è il momento di fare battute del cazzo...» Guardò ancora titubante in alto, prima di roteare gli occhi al cielo. In fondo gli sarebbe bastato compiere un semplice salto per raggiungere la finestra. Così prese un'adeguata rincorsa e, spiccato un balzo, si aggrappò saldamente al davanzale per guardare dentro.

L'androne era deserto e vi aleggiava una pesante aria spettrale, data dal silenzio che vi regnava e dai mobili coperti da alcuni teli bianchi. Non un rumore proveniva da dietro il vetro, nemmeno un flebile scalpitio di scarpe.

«Non si vede niente da qui.» Sussurrò saltando giù. «Devo entrare e fare a modo mio... Tu, vecchio mio, mi aspetterai fuori.»

Oliver però non poté fare a meno di guardarlo con apprensione.

«Come vuoi, moccioso. Ma al minimo rumore sospetto, 'Drew, io farò irruzione per venire a salvarti il culo.» Gli disse puntandogli l'indice in mezzo al petto.

Andrew ricambiò lo sguardo, scuotendo però la testa.

«Il solito ansioso. Uscirò dal portone sulle mie gambe con Rossella.» Disse. La mano raggiunse la Mauser infilata nella fondina e, dopo averla estratta, si assicurò che fosse caricata a dovere e pronta a sparare. Dopo un cenno di intesa con l'uomo, ritornò sui propri passi e si avviò verso la scalinata.

Oliver si passò una mano sul viso grattandosi la barba brizzolata e diede un'altra occhiata attenta allo stabile: avrebbe trovato un altro punto da cui poter tenere sotto controllo la situazione.

L'odore pungente del legno neroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora