11 - Rei (non corretto)

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Cazzo, cazzo, cazzo!

Perché, PERCHE' dico io devo avere la sfiga concentrata sulle spalle? Cos'avrò combinato di male per meritarmi tutte queste sciagure? E dire che faccio anche la raccolta differenziata correttamente. Contribuisco a salvare il pianeta, eppure l'Universo ce l'ha con me.

Mollo a casaccio l'auto in una zona che presenta un cartello con divieto di sosta dalle 12 alle 17 grande quanto l'iceberg che ha fatto affondare il Titanic, ma mi riprometto mentalmente di essere lì per la pausa pranzo per spostare l'auto. Afferro borsa ed effetti personali, sbatto le portiere della Nissan con foga e mi metto a correre per le strade di Dublino come una forsennata. Fossi almeno inseguita da dei leoni affamati, ma il problema (ormai si è capito che io stessa sono un problema ambulate) è che ero così stanca questa mattina che ho letteralmente scaraventato il cellulare contro il muro quando la sveglia ha iniziato a trillare fastidiosamente.

Giungo in ufficio madida di sudore e con il fiatone, i capelli disordinatissimi e ben quindici minuti di ritardo. Inizio a pregare che Ethan sia di buon umore o che, avendo avuto il mio stesso problema, non sia ancora arrivato in ufficio, ma sarebbe troppo bello per essere vero.

«Sei in ritardo» mi ammonisce severamente la voce di Ethan mentre sfilo davanti alla porta del suo ufficio. Pensavo di svignarmela al mio posto alla chetichella, ma a quanto pare sono stata beccata. «Buongiorno...» lo saluto bloccandomi sull'uscio dell'ufficio, ma lui non pare voler alzare il capo dai documenti che ha sulla scrivania. «Scusa il ritardo, ero molto stanca ieri sera e-»

«Non ci sono problemi» mi blocca alzando lo sguardo per inchiodarmi con i suoi occhi esattamente dove sono. «Vorrà dire che ti fermerai quindici minuti in più quest'oggi» conclude scrutandomi ancora per qualche secondo prima di ritornare ai fascicoli.

Ah. È una mia impressione o l'aria in questa stanza è carica di astio e incazzatura prepotente.

«Il telefono non si auto-risponde Rei, smettila di rimanere lì impalata e vai a lavorare» aggiunge autoritario e seccato al tempo stesso. Trasalisco e annuisco come una cretina, ben consapevole che non mi vede e mi avvio frettolosamente alla mia postazione.

Missy mi saluta sorridendo e si protende sulla sua postazione pronta a tempestarmi di domande, ma la blocco con una semplice alzata di mano: «Fammi connettere Missy. Parliamo dopo» le dico sbrigativa lasciando la biondina di stucco. Si ritrae immusonita intanto che mi siedo e accendo il computer, ma non appena si avvia il sistema e apro la casella postale si aggiorna i miei occhi schizzano fuori dalle orbite. Quasi duemila mail non lette in quattro giorni e mezzo? Ma chi diavolo è quest'uomo? Come farò a rispondere a tutti e soprattutto a leggerle tutte?

Il telefono alla mia sinistra continua a squillare imperterrito, Missy batte furiosamente sulla tastiera lanciandomi occhiatacce e, come se non bastasse, mia madre ha la geniale idea di chiamarmi proprio a quest'ora.

«E dimenticavo» al suono di questa voce trasalisco balzando sulla poltrona, mentre Ethan sbatte senza curarsene una montagna di cartelle di cui fare le relazioni. «Le voglio tutte pronte per venerdì pomeriggio sulla mia scrivania» asserisce andandosene.

Oddio. Forse devo prendere in seria considerazione la Thailandia. Potrei aprire uno di quei centri in cui si addestrano scimmiette cappuccine e vendere ciambelloni da mare ai turisti, come in Fuck you prof!

Inspiro digrignando i denti e afferro la cornetta del telefono con tale rabbia che L'incredibile Hulk mi invidierebbe: «Buongiorno, ufficio dell'avvocato Huges, come posso aiutarla?»

Diverse ore dopo la situazione con il telefono pare essere migliorata, quella con le mail invece è un delirio. Alcune sono spam, altre pubblicità, altre ancora cose incomprensibili che contrassegno con bandierina per rivederle con più calma nel primo pomeriggio. La situazione nello studio pare normale, gli stagisti di tanto in tano vengono da Ethan o vanno da Mrs. Dunney e la cosa più fastidiosa che inizia a irritarmi è il comportamento del mio capo: sta trattando meglio del solito TUTTI.

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