capitolo 6

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Ad
Questa notte sono riuscita a dormire per quattro ore di fila, un record personale. Era da anni che non riposavo così bene, senza fare incubi o riempirmi la testa di pensieri inutili. Quattro ore possono sembrare un arco di tempo troppo corto per riposare per una persona normale, ma per me ,che non sono una di quelle, quattro ore sono davvero molte! Sto andando al lavoro, devo aprire io questa mattina, dato che Staicy arriverà qualche ora dopo. Mi vibra il telefono: è una notifica di "Signorina Fiorellino". La continuo a prendere in giro per la storia delle mutandine e devo ammettere che ci sto prendendo gusto.

Ehi, sarò lì tra un'ora. Ti devo dire una cosa super super importante!! :)

mentre guardo il display, sorrido ,tiro un lungo sospiro e scuotendo la testa, alzo gli occhi al cielo. È incredibile come Staicy diventi euforica così velocemente. Mi fa sempre tornare di buon umore, grazie ai suoi urletti esaltati e alle sue mani che applaudono dalla felicità. Sono curiosa, chissà cosa le sarà successo questa volta. Toby le avrà portato un reggiseno? Sorrido a quell'ipotesi, rimproverandomi per quanto posso essere perfida.
Tiro fuori le chiavi del negozio e giro la serratura della maniglia, così arrugginita da dover utilizzare due mani per riuscire ad aprire la porta. Lo Station cafè non è un bar moderno, credo sia degli anni '90 ma è tenuto bene: sempre pulito, ordinato e siamo l'unico bar della zona a servire anche il gelato, la granita e i frappè, oltre che a tutto il resto, tipico di questo genere di negozi. Giro il cartello attaccato al vetro da "chiuso" ad "aperto" e accendo tutte le luci.
Aziono la radio e ritiro le mie cose dell'armadietto rosso con su scritto il mio nome.
Mi allaccio il grembiule e aspetto che entri il primo cliente da dietro il bancone.
Durante l'attesa, non faccio altro che pensare alle parole di Drake:
Cosa ti aspetti da una nonnetta come lei? Che faccia le cose come le ragazze normali?
Senza rendermene conto stringo il bancone e le nocche mi si colorano di bianco per quanto stia stringendo forte il legno.
Come si permette di giudicarmi?
Se essere una ragazza normale significa andare in giro con il culo di fuori e le tette che strabordano dalla maglietta, sono felice di essere una "nonnetta".
Non mi è mai importato del giudizio degli altri su mio conto, ma non so perché detto da lui questo mi dia così tanto fastidio.
Forse non sono il tipo di ragazza che frequenta di solito e ricordando la tipa che si strusciava su di lui in gelateria come si fa in una discoteca, ho la prova che la mia ipotesi è più che corretta.
Mi si scaldano i palmi delle mani a quel ricordo.
Quella è senza pudore, non ha provato un minimo di vergogna a dare spettacolo in una gelateria; voglio dire,in una gelateria!
Sembrava che da un momento all'altro dovesse cominciare uno spogliarello stando in piedi su uno dei tavolini, e ricevendo bigliettoni ad ogni mossa sensuale che compiva con i fianchi.
Cavolo, quanto mi irrita.
Non perché sia stata appiccicata a Drake come una cozza per dieci minuti, sia chiaro; ma per il fatto che debba per forza trovare un modo per attirare l'attenzione su di lei e sul suo didietro.
Non ho ancora preso una decisione riguardo alla festa a cui mi ha invitato Shawn ieri, ma devo chiarirmi le idee entro l'ora di pranzo, dato che è questa sera.
Non mi piace fare la preziosa e arrivare all'ultimo momento per dare la conferma.
Non ho molta voglia di andarci.
La musica che ti rimbomba nel petto, l'odore di alcol e erba e le persone ubriache fradice che si strofinano fra di loro come se non ci fosse un domani. Al solo pensiero mi vengono i brividi. Nella mia vita sono stata ad una sola festa, due anni fa.
E no, non mi è piaciuta per niente.
Ho passato la serata su un divano macchiato di chissà cosa con una bottiglia di birra in mano e la testa che scoppiava dal casino che c'era.
Avevo solo sedici anni e frequentavo delle cattive compagnie che mi spingevano a bere più del dovuto e a fare delle tali cazzate, che non voglio nemmeno ricordare.
Dopo che mi hanno convinto ad andare a quella festa, l'unica della mia vita, ho abbandonato tutto quel mondo formato da alcol, droga e casini su casini.
Non mi sono mai drogata né avuto problemi con la legge, ero solo una ragazza tra tante che si limitava a negare di aver visto e nascondere in cantina i miei "amici" quando mia madre non era in casa, ma a qualche appuntamento con quello stronzo di Charls.
Credo che quel periodo sia stato il peggiore della mia vita.
Mia madre era sempre fuori con quel tizio e io dovevo fare qualcosa per sentirmi grande, ovvero frequentare quei ragazzi messi come o peggio di me.
Capaci solo di fumare e portarsi a letto degli estranei.
Mi sono ubriacata solo una volta, mentre giocavamo ad "obbligo o verità".
Ti obbligo a finire quella bottiglia di vodka.
È un gioco stupido, senza senso.
Eppure, senza pensarci due volte ho afferrato quella dannata bottiglia di vetro che c'era nel frigo della casa di Gregg e me la sono scolata.
Finendo per vomitare per tutta la notte e avere un mal di testa incredibile per tutto io giorno dopo.
Gregg era "il tipo" ossia una specie di capo, di leader. Colui che organizzava le serate e compiva i casini più grandi.
Spalle larghe, muscoloso, occhi neri come i suoi capelli. Braccia e busto ricoperti di tatuaggi senza senso perché "voglio solo provare il dolore dell'ago nella pelle" e cicatrici causate dalle risse a cui ogni sera partecipava.
Il ragazzo che tutti avrebbero voluto essere e che tutte avrebbero voluto avere;
si, tutte tranne me.
Non vedevo l'ora di lasciare New York.
Abitavo nel Qeens un quartiere a ovest di Manhattan.
Non era esattamente il massimo, ma non mi lamento.
Mamma e io non abbiamo mai avuto molto soldi da quanto papà se n'è andato. Uno stipendio in meno e due bocche da sfamare.
Ero troppo piccola per andare a lavorare e mia madre faceva dei turni sfiancanti per avere qualche soldo in più.
Stava fuori tutta la mattina e gran parte del pomeriggio e, appena ho compiuto quattordici anni, ha cominciato a lavorare anche la notte.
Così ho avuto l'occasione di conoscere Gregg e tutti gli altri ragazzi con cui ho passato gran parte della mia adolescenza tormentata.

La campanella sopra la porta d'ingresso dello Station cafè, mi fa sobbalzare e abbandono i miei pensieri.
«Buongiorno signor Davidson!»
Esclamo quando l'omino basso è paffuto fa il suo ingresso nel bar.
Viene qui alla stessa ora tutte le mattine e ordina tutte le volte del caffè freddo con una ciambella al cioccolato.
«Buongiorno Adelia»
Si siede al solito tavolino vicino all'entrata e si mette a sfogliare il giornale e a commentare ad alta voce tutte le notizie.
Ormai non c'è nemmeno bisogno che mi dica che cosa desidera, so già perfettamente che cosa vuole.
Preparo il caffè e poso la ciambella su un piattino e metto il tutto su un vassoio.
«Ecco qui, buona colazione!»
Mi sorride e comincia a mangiare.
È uno dei pochi americani a preferire la colazione dolce a quella salata.
La maggior parte dei clienti che vengono qui al mattino, ordina quasi sempre pane tostato, bacon o uova.
Sinceramente preferisco un buon caffè abbondante e un muffin al pistacchio, la specialità dello Station.
A poco a poco il bar comincia riempirsi e Staicy non fa nemmeno tempo a salutarmi da quanto sia presa dal lavoro.
Continua ad entrare gente a flotte, non restiamo ferme un secondo.

«Porca miseria,non mi sento già più le gambe!»
Staicy si lascia cadere sulla sedia dietro al bancone, quando il bar si è svuotato.
Per ore abbiamo continuato a fare su e giù da un piano all' altro del bar, senza mai avere un attimo di tregua.
Abbiamo dovuto arrangiarci da sole per servire tutti quanti i clienti.
Ma ce la siamo cavata bene, molto bene direi.
«Si, siamo in due.»
Mi appoggio con il fianco al lavandino e sbadiglio.
«Com'è andata ieri sera?»
Staicy sfoggia una faccetta divertita e fa su e giù con le sopracciglia scure.
«Cosa vuoi insinuare?»
Ridacchio e lei si alza in piedi.
«Oh, niente... come fa una ragazza con un viso così innocente» si mette le mani sotto il mento, facendo il labbruccio più falso che abbia mai visto «a insinuare qualcosa?» calca le parole, facendomi ridere di nuovo.
«Eddai! È stata una bella serata, se non fosse stato per...» Ci voltiamo di scatto, la campanella sopra la porta di ingresso ci fa sobbalzare dalla sorpresa. Un ragazzo, l'ultimo che avrei voluto vedere, varca la soglia con il suo solito passo da buffone e il sorrisetto altrettanto irritante.
«...Drake.»

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