capitolo 9

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Ad
«Svolta a sinistra»
Drake mi indica una via buia alla fine della strada.
Sempre gentile.
«Potresti anche chiedere per favore qualche volta sai?» lo guardo «Sai, giusto per ringraziarmi del fatto che ho alzato il culo per riportare il tuo a casa alle tre di notte.»
Non risponde, ma sostiene il mio sguardo.
Mi volto verso la strada buia e deserta, illuminata soltanto dai fari della mia auto.
Il sonno mi è passato, non che ci voglia molto.
Questo mi fa innervosire ancora di più.
«Dove devo andare?»
È tutto così estraneo e scuro. Sembra la scena di un film horror, dove la protagonista si riattiva i un vicolo cieco, buio e senza via d'uscita.
Spero che non mi abbia portato qui per uccidermi e rubarmi la macchina.
Ma che cavolo sto pensando, dannazione!
«Entra in quel cortile, e avvicinati più che puoi alla porta. » Si volta verso i sedili posteriori, dove Shawn sta russando troppo forte per i miei gusti.
«Almeno sarà più semplice riuscire a portarlo dentro casa.»
Sospiro e ingrano la retromarcia. Parcheggio più abilmente del solito e mi congratulo con me stessa per non aver fatto la figura dell'autista incapace con Drake.
Conoscendo il soggetto, mi avrebbe preso in giro per i prossimi duemila anni.
«Wow, non me lo aspettavo.»
Alza le sopracciglia sorpreso e mi guarda.
Ma cosa sta dicendo adesso?
Aggrotto la fronte e, una volta spento il motore, mi volto verso di lui che mi sorride beffardo.
«Cosa?» Ora mi aspetto una battutina di pessimo gusto nei miei confronti.
«Biondina , mi scoccia dirlo , ma sei abile in auto per essere una bionda.»
Ecco. Lo sapevo.
Ho passato l'adolescenza sentendomi dire questa frase. Non l'ho mai sopportata.
"Sei intelligente per essere una bionda."
"In gamba, per essere una bionda."
Ma che cavolo significa? Perché tutti credono che le ragazze bionde siano tutte stupide?
Mai capito.
Sospiro e inghiotto tutta la rabbia che quella frase suscita in me e sorrido.
«E tu sei stranamente responsabile, per essere lo stronzo egoista che hai dimostrato di essere.» sospiro di nuovo «Non tutti sono quello che sembrano, sai?»
Mi volto, non aspetto una risposta. Non voglio sentire altro.
Sono stanca, in un vicolo buio con un estraneo è un ubriaco, e domani devo andare a lavorare alle 7.00; ovvero fra circa tre ore.
Non mi va di stare a discutere.
Apro la portiera dell'auto e spalanco anche quella posteriore, Shawn dorme come un bambino, ma puzza di alcol in una maniera terribile.
Drake scende e lo tira per un braccio. Mi sorprende che lo faccia molto delicatamente.
«Cazzo, amico sei pesante!»
Fa scivolare il braccio di Shawn sulle sue spalle e lo prende in spalla.
«Vuoi che ti aiuti?»
Mi sembra affaticato. Nonostante tutto, Shawn è l'unica persona che ha mostrato un minimo interesse per me oltre a Staicy.
Posso considerarlo un amico.
«Apri la porta. Le chiavi sono nella tasca dei jeans»
Con un cenno della testa si indica il sedere.
Oh, meraviglioso.
Cosa hai fatto ieri sera dopo il lavoro, Adelia?
Oh nulla di che, sono andata a casa, mi sono messa il pigiama e cos'altro?
Ah, ora ricordo,mi sono svegliata alle tre di notte per andare ad una festa e accompagnare il mio amico Shawn ubriaco perso e il suo insopportabile coinquilino Drake a casa loro, in un vicolo buio e dimenticato da Dio. E quasi dimenticavo, ho pure dovuto infilare la mano nella tasca posteriore dei pantaloni di un ragazzo che nemmeno conosco, con un sottile velo di tessuto che separa le mie dita dal suo sedere.Si, insomma la solita noiosa serata da ventenne.
Sbuffo e lo sento ridere, ma faccio finta di nulla.
Infilo la mano nel taschino e tasto un foglietto, un accendino e , finalmente, le chiavi.
Le tiro fuori e mi sento più tranquilla quando vedo che ce ne sono solo due.
Non avevo proprio intenzione di passare dieci minuti a cercare la chiave giusta.
Apro la porta di legno scricchiolante e lascio entrare Drake con Shawn sulle spalle.
È stranamente tenero il modo di fare che ha nei suoi confronti.
Accende la luce e lo posa sul divano di pelle nera.
«Allora io vado.»
Non vedo l'ora di entrare in casa e dormire almeno per due ore.
«Aspetta Ad.» Drake mi raggiunge all'entrata.
Non c'è molta luce ma riesco ad intravedere il suo imbarazzo mentre pronuncia quelle parole, così forzate dette da uno come lui.
«Io...ehm grazie. » sospira e io sbuffo in una risata. È così diverso, non è più il ragazzo tanto sicuro di sé, tanto irritante quanti bello. Sembra di più un bambino alla sua prima cotta, insicuro e impacciato.
Non credo che ringrazi molto spesso le persone.
«Cavolo, Drake, non pensavo che sapessi pronunciare quella parola!» ridacchio e lui alza gli occhi al cielo.
«Buonanotte, fammi sapere come sta  Shawn.»
Giro i tacchi e mi incammino verso la macchina.
Apro la portiera, salgo e aziono il motore.
Ingrano la marcia e...
Merda.
Dove devo andare, adesso?
È tutto così buio e uguale. Sono arrivata qui grazie alle istruzioni di Drake, ma ora non ho la più  pallida idea di dove debba andare.
Sospiro e cerco con tutta me stessa di ricordare almeno  un particolare sulla strada da seguire per tornare a casa.
Chiudo gli occhi e mi sforzo di andare a ritroso mentalmente.
Andiamo Ad, deve esserci qualcosa, qualunque cosa.
Buio. Il buio più totale. Ecco cosa ricordo.
Viuzze cieche, deserte. Lampioni che generano una inquietante lucetta fioca e il sorriso di Drake.
Le sue narici  che si allargano, il suo naso con delle minuscole lentiggini appena accennate, che si arriccia e la sua risata calda che riecheggia nell'auto.
Mi do' una pacca in fronte per avergli dedicato anche solo un secondo della mia attenzione.
Diamine.
Perché ho pensato a lui?
Sono stata una sciocca a non aver preso in considerazione il fatto che sarei dovuta tornare indietro da sola, senza il suo aiuto da navigatore.
Dovrei chiamarlo e chiedergli delle indicazioni.
Dovrei.
No, non posso.
Il mio orgoglio mi suggerisce di arrangiarmi, come ho sempre fatto.
Ce la posso fare benissimo da sola.
Non ho bisogno dell'aiuto di quel ragazzo arrogante.
Se tornassi alla sua porta, vincerebbe lui. Si sentirebbe ancora più invincibile di quanto si sente già.
Non glielo permetterò.
Riempo i polmoni d'aria e riaccendo il motore, che si era spento senza che me ne rendessi conto.
Esco dal parcheggio e arrivo ad un bivio.
Destra o sinistra?
Destra.
No.
Sinistra.
Aspetta, forse destra.
O magari devo tornare indietro e uscire dall'altra parte?
Sbuffo e appoggio la testa contro il volante. Provo a tentare nuovamente di ricordare, ma invano.
Ma chi voglio prendere in giro? Non ho la minima idea di quale sia la strada giusta.
Prendo il cellulare e digito il numero di Drake che mi aveva dato Shawn in caso lui non rispondesse.
Avvio la chiamata e aspetto che inizi a squillare, quando sento bussare al finestrino.
Sussulto dalla sorpresa e mi volto verso il ragazzo alla mia sinistra.
Dal cellulare proviene la voce registrata della segreteria telefonica e chiudo la conversazione.
Con delusione, arrivo alla conclusione che non si tratta decisamente di Drake.
Questo tizio è molto più muscoloso di lui è ha gli occhi grigi, non blu come i suoi. I capelli sono biondi e sono raccolti in una coda di cavallo abbastanza corta.
Abbasso di due dita il finestrino.
Non mi piace questo quartiere e credo che i ragazzi della zona non siano i boy scout che vengono a venderti i biscotti al cioccolato porta a porta.
Sorrido, per nascondere la tensione.
«Si?» Deglutisco.
Il ragazzo sorride. È stranamente rassicurante.
Mi tranquillizzo un poco.
«Serve aiuto?»
Sospiro.
Sono quasi convinta a dirgli di no, ma diciamoci la verità, non so dove cavolo sono e tra poche ore devo essere al lavoro; quindi si, mi serve aiuto.
Annuisco. «Sai dove e come posso arrivare alla E Columbia St?» sottolineo l'ovvio «Mi sono persa.»
«Oh si certo. Seguimi.» sorride di nuovo e monta sul suo pick up rosso che sta a pochi metri da me.
Non avevo lo notato.
Le spalle mi si rilassano e sospiro di sollievo.
Faccio andare avanti il ragazzo e lo seguo per le stradine di quel quartiere dell'orrore.
Proseguiamo per minuti che sembrano infiniti. Le palpebre mi si chiudono e mi impongo di restare sveglia. Ci manca solo che faccia un incidente.
Il biondo accosta vicino ad una casa, apparentemente abbandonata anche se non non lo darei per scontato.
I muri hanno tutta l'imbiancatura scrostata e le vetrate delle finestre sono letteralmente distrutte.
Inizio ad avere paura. 
Le mani mi tremano. Credo sia il sonno, l'ansia, lo stress.
Tiro fuori tutto il coraggio che ho e abbasso il finestrino.
«È tutto okay?»
Non risponde, così decido di alzare il tono di voce per farmi sentire.
«Ehi, tutto bene?»
Sento provenire un'imprecazione  dal pick up.
Lotto con la mia coscienza sulla decisione più giusta da prendere.
Dopo due minuti giungo ad una conclusione: non c'è n'è una giusta o una sbagliata, ci perderei in entrambi i casi; se restassi in auto, perderei altre ore di sonno prezioso ma sarei al sicuro, se invece scendessi, non saprei quello che mi aspetta ma avrei la possibilità di tornare a casa.
Al diavolo il buon senso.
Opto per la seconda.

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