NOVE

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Joy stava cominciando ad ambientarsi in quella famiglia sui generis come era quella di Castle. In quel week end aveva passato molto tempo con Alexis a guardare le loro serie tv preferite e poi la ragazza l'aveva aiutata a ripassare per la scuola che avrebbe ripreso quel lunedì per gli ultimi giorni prima delle vacanze: aveva delle verifiche importanti, aveva detto e voleva essere preparata. Joy era attenta e diligente, in questo a Rick ricordava molto sua figlia e gli piaceva osservarle studiare insieme alla scrivania nella cameretta di Alexis, dove Joy trascorreva molto tempo. Come gli aveva confidato lei stessa era la prima volta che si trovava in una famiglia dove c'era un'altra ragazza, solitamente chi l'aveva presa in affido erano tutte coppie sole senza figli, spesso avanti con l'età, come erano anche gli Austin. Con Rick, Alexis e Martha, invece, si divertiva, le piaceva ascoltare i racconti dell'attrice, felice di aver trovato un altra persona alla quale narrare le sue avventure nel mondo dello spettacolo e Joy rideva alle sue battute enfatizzate dai gesti plateali, le piaceva passare del tempo con Alexis che si prodigava molto nell'inserimento della bambina nella loro famiglia. Ma era Castle quello che cercava di starle vicino sempre, anche quando lei non si accorgeva, quando era con Martha o Alexis e la guardava da lontano. Erano passati pochi giorni, ma Joy era diventata già molto meno timida e si stava aprendo sempre più, iniziando a sentirsi parte di quella famiglia. Erano stati insieme ad Alexis al cinema e poi per la prima volta l'aveva portata a mangiare in un ristorante giapponese dove aveva provato senza troppo successo a mangiare con le bacchette, ma aveva chiesto a Rick se poteva portarle a casa per esercitarsi, così sarebbe stata più brava in futuro, facendo ridere tutti, anche la composta cameriera che gliene portò un paio nuove tutte per lei. Joy era una bambina che non dava mai nulla per scontato, nemmeno un semplice paio di bacchette di legno. Rick apprezzava molto il suo ringraziare sempre, per ogni minima cosa anche se questo, ogni volta, gli ricordava come per lei nulla fosse ovvio e dovuto e le spezzava il cuore non riuscire a donarle la spensieratezza dovuta, così quando quella domenica pomeriggio lo ringraziò con un bacio ed un abbraccio dopo che aveva passato molto tempo a giocare con lei, si sentì veramente ricompensato di tutto quello fatto in quei giorni e gli fece capire di essere sulla giusta strada. Poi c'era Alexis, che anche se tendeva a dimenticarlo per quanto era matura ancora era solo un'adolescente. Così ogni sera, dopo che Joy si era addormentata, andava in camera sua, cercando di passare un po' di tempo solo con lei, raccogliendo i suoi pensieri e le sue sensazioni su quello che stavano passando e scusandosi se non poteva essere presente con lei come avrebbe voluto, come prima. Quando stringeva Alexis gli sembrava di essere stato tremendamente egoista ad imporle la presenza di Joy nelle loro vite e si faceva più problemi di quanti non si facesse sua figlia, totalmente entusiasta di avere una "sorellina". Per Castle, invece era diverso. Lui era uno totalizzante, era sempre stato tutto per sua figlia e non sapeva se era veramente in grado di dividere il suo tempo e le sue attenzioni tra Alexis e Joy. Non voleva trascurare sua figlia, non voleva che lei si sentisse scalzata nel suo cuore, ma allo stesso tempo non voleva che Joy si sentisse diversa, per lui da quando era entrata al loft era diventata un membro della sua famiglia, a tutti gli effetti.

Kate da quando era tornata a casa non era più uscita, era rimasta rintanata nel suo appartamento e nel suo passato. Si sentì di nuovo catapultata in quei giorni di fine giugno di dieci anni prima. Aveva ritrovato il diario di quei mesi, dove aveva annotato tutte le sue speranze e le sue illusioni, dove aveva sfogato il suo dolore e non era passato, era solo aumentato tanto quanto voleva nasconderlo e se ne rendeva conto solo in quel momento quando tutto era tornato a galla. Aveva ritrovato il cd che le aveva regalato la sua amica Sarah, con tutte le canzoni che le piacevano di più di quel periodo: Iris, Kiss the Rain, Truly Madly Deeply, I Don't Want to Miss a Thing, Bitter, Sweet Symphony, Secret Garden, My Heart Will Go On... era la colonna sonora di quegli anni, era la musica amava cantare spensierata, quella che quando ancora era troppo piccola per sentirla, faceva sentire alla sua bambina, appoggiando le cuffiette sulla pancia, quella che poi copriva il rumore del suo pianto. Si era data solo qualche settimana per riprendersi, poi prima della fine dell'estate aveva fatto richiesta per entrare in accademia. Superò brillantemente tutte le prove d'ingresso e l'addestramento. Dopo sei mesi da quando era entra era a tutti gli effetti un agente della polizia di New York, il suo modo per provare a dare agli altri quella giustizia che lei non aveva avuto per sua madre, per essere migliore di tutti quegli agenti e detective con i quali aveva parlato e che non le avevano mai detto nulla, che non avevano mai avuto alcun rispetto per il suo dolore e quello di suo padre. Aveva dato un taglio con quello che le era successo, con la sua vita di prima, con il sogno di diventare la prima donna Presidente della Corte suprema degli Stati Uniti, abbandonato Stanford definitivamente, la sua nuova vita era nella sua città, difendendo la sua gente. Aveva anche tagliato i suoi lunghi capelli castani e non li aveva più fatti ricrescere, perché così pensava di essere più autorevole, più maschile, in quel mondo ancora così difficile per una giovane ragazza anche se tosta e determinata come lei.

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