17. mutande della nonna

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Lo invitai in casa.

Come mi potevo vestire se non conoscevo la meta dell'appuntamento? Mi chiesi mentre mi dirigevo verso la mia camera, con lui alle spalle.

«Dimmi almeno come dovrei vestirmi. Se mi porti a cena, un vestito da sera elegante; se mi porti a fare una folle escursione in piena notte, abiti comodi; se—»

«E va bene, ho capito guastafeste.. ti devo rovinare la sorpresa. Se ti portassi in riva al mare?»

Mi voltai di scatto sorridente.

«Se tu mi portassi al mare il problema non sarebbero certo i vestiti che indosso ma ciò che porto al di sotto. Penso di aver capito.» gli sorrisi riprendendo a camminare per il corridoio.

«Metti quel che vuoi, alla fine saranno i miei occhi a vestirti.» mi incuriosì.

«Gli occhi di voi uomini sono capaci solo di spogliare le donne. Quindi tu sei diverso?» lo sentì ridacchiare.

«No, non credo, però al contrario di molti a me piacete anche vestite.»

Gli credevo.

Non risposi oltre e gli chiusi la porta di camera in faccia.

«In tal caso non ti dispiacerà se mi tolgo i vestiti senza di te in camera, vero Lucas?» gli urlai da dentro la stanza.

«Nessun problema Charlotte.» mi gridò di rimando.

Aprì l'armadio con già in mente cosa mettere. Il vestito con spacco a V color rosa perla. Dopo averlo indossato mi legai intorno al collo il foulard dello stesso colore.

Misi il viso davanti allo specchio.

«Che viso sciupato. Eppure sono anche truccata.» sussurrai al mio riflesso.

Mi ripassai il trucco che già avevo sopra dalla mattina stessa, messo prima di andare al lavoro.

Fermai la mia mano a mezz'aria con impugnata la spazzola del mascara.

«Non c'è dubbio, faccio anche più orrore.»

Mi allontanai dallo specchio e presi delle salviettine struccanti.

«Al diavolo il trucco.»

Presi a strofinare via la facciata tenuta sopra l'intero giorno.

Scacciata ogni traccia di trucco, mi diressi nella mia cabina armadio e presi una tra le poche calzature che avevo tirato fuori dagli scatoloni delle scarpe: gli stivaletti bianchi, alti fin sopra il ginocchio, mi avrebbero scaldato le gambe dalla brezza serale.

«Charlotte sbrigati, sono qui fuori da ore.» parlò Lucas ricordandomi della sua presenza. Esagerato, scambiare minuti per ore.

Cercai poi un cardigan da mettere e ne trovai uno bianco in pizzo, mi girai un'ultima volta verso lo specchio per decretare il risultato finale. Sì, ero pronta.

Aprì la porta trovandolo seduto, con le spalle al muro, davanti a me.

«Ecco vedi, a dire il vero devo ancora scegliere se mettere le mutandine rosse o quelle tigrate, tu cosa preferisci?» chiesi scherzosa mentre lui si alzava dal pavimento fingendosi indolenzito.

Appena ero uscita il suo sguardo prima aveva percorso i miei stivali ed il vestito e poi si era impiantato a scrutatarmi, senza ritegno, il viso. Quasi pensai di tornare dentro e spalmarmi quintali di fondotinta tanto mi stesse fissando; spogliarmi perfino della pelle, perforarmi l'anima attraverso gli occhi.

E poi sorrise, confondendomi ulteriormente.

«Mutande della nonna, ne hai?»

«Purtroppo no zucchero, ti accontenterai di quelle che indosso. Su andiamo.»

Usciti di casa percorsimo insieme le scale, ma mi fermai quando mi tornò in mente che cosa stessi facendo prima dell'arrivo di Lucas. Come era successo? Mi ero scordata di tutto quanto solo perché qualcuno aveva suonato al mio campanello?

«Lucas, mi sono scordata la torta fuori dal frigo ed altre cose sul tavolo in cucina. Tu vai, ti raggiungo tra un'attimo.» sarei davvero tornata poi giù una volta visto il carillon?

Lo sguardo di Lucas mi fece capire quanto fosse titubante riguardo le mie parole.

«Le cose in cucina non le ruberà nessuno, te lo assicuro. Ora vieni, le stelle là fuori ti aspettano.»

Mi porse la mano.

Che male c'era ad uscire quella sera? A scordarmi dell'ultimo giorno in cui vidi mia madre prima che sparisse dalla mia vita? Non foto sui giornali o video sui televisori, solo lei in carne ed ossa.

Furono i suoi occhi a darmi la spinta necessaria per afferrargli la mano e portarmi ovunque avesse voluto.

Lui ci riusciva a farmi scordare il mondo. Quella sera glielo avrei lasciato fare.

In macchina ruppe il silenzio creato facendo la domanda sbagliata.

«Prima non ti ho chiesto il perché della torta. È il tuo compleanno per caso?»

Stetti in silenzio qualche minuto e lo vidi lanciarmi un paio di sguardi, giusto a controllare se fossi ancora lì con lui.

«No, non è il mio compleanno. È di qualcuno che mi ha dimenticato. Stavo solo.. festeggiando da sola, tutto qua.»

Dopo qualche secondo aggiunsi:
«Accidenti, mi sono dimenticata il vino bianco, sarebbe stato perfetto per questa serata.»

«l'hai fatto tu ma non io. Il vino è nel bagagliaio.» Mi stupì.

Ero felice avesse accettato la mia muta richiesta nell'accantonare il discorso della torta.

«Lucas, in questo momento hai il mio cuore in ostaggio.»

«Fosse davvero così semplice avvicinarsi al tuo cuore.»
Questa sua risposta mi fece diventare più seria.

«Infondo è meglio così per tutti.»

«Allora, dove mi porti? Quale spiaggia?»
Chiesi curiosa portando il discorso su di altro, argomento che ci intrattenne per il resto del viaggio.

....

«Non mi dire. Quindi a soli tredici anni hai preso un taxi e sei scappato di casa per venire fino a qui solo perché avevi perso la prezziosissima conchiglia viola e ne volevi un'altra?» stavo ridendo per i suoi racconti.

«Questo era l'intento ma poi il taxista ingannandomi mi ha chiesto dove abitassi e mi ha riportato a casa, dove mio padre mi aspettava incazzato ma sollevato che fossi ancora lì.» Non riuscivo più a frenare le mie risate.

«Tutta colpa di quel taxista. Quanto gli costava fare un viaggio di un'ora e mezza? Ancora mi manca quella conchiglia viola.»

«Frena frena frena, un'ora e mezza?» chiesi mentre parcheggiava l'auto.

«Sì, non te l'ho mai detto? Prima vivevo a Worcester.»

Sfilò le chiavi dall'auto.

«No, ma ora si spiegano molte cose. Avrei sicuramente notato prima un bambino così movimentato, un piccolo mostriciattolo.»

Scesimo dall'auto, poi Lucas tirò fuori dal bagagliaio qualcosa di grande, coperto da una grande telone.

«Cosa ci nascondi sotto, Lucas?»

Lui tolse il telone da spiaggia rivelando un cavalletto ed una tela bianca.

«Con un tramonto così,» indicò il cielo «e con una modella così,» indicò poi me, «non vedo occasione migliore per dipingere qualcosa.» mi guardò come un bambino al parco giochi, con gli occhi luccicanti, accompagnati da quel suo perenne sorrisetto da cui spuntava una tenera fossetta.

Never YoursDove le storie prendono vita. Scoprilo ora