07

222 31 16
                                    

Guren sorrise, ricordandosi di quella serata passata a farsi il bagno nel lago.

Chissà per quale motivo, non riusciva a ricordarsi come mai il sasso nero e viola fosse tornato nelle mani di Shinya, dato che quest'ultimo glielo aveva donato la sera stessa in cui l'aveva trovato.

Si rialzò da per terra.
Qual'era il punto preciso dove si erano distesi? La lettera, secondo i suoi calcoli, sarebbe dovuta essere nascosta da quelle parti.

Andò con lo sguardo dalla casa, più in alto, fino alla riva. Poi proseguì verso destra, ricordandosi di essere andati da quella parte. Iniziò a camminare in quella direzione, tenendo lo sguardo fisso a terra.

Dei sassi bianchi e piatti, come quello che Shinya aveva fatto rimbalzare sulla superficie del lago, erano disposti per terra. Guren se ne accorse dopo un po' che involontariamente ne seguiva il tracciato, tanto erano messi apposta per non accorgersene.

I sassi finivano in un punto, dal quale era più difficile vedere immediatamente di fronte la cittadina fantasma.

Si guardò intorno. Per terra c'erano foglie secche e deteriorate, e gli alberi avevano tronchi contorti che si tendevano in avanti, verso il lago.
Dall'altra parte, lo specchio d'acqua era perfettamente immobile, e nemmeno un alito di vento increspava la superficie.
Niente galleggiava in superficie. Solo una cosa, piccola ma dalla forma indefinita, si vedeva spuntare vicino la riva...
-Cosa? Che roba è?- sbottò Guren, sorpreso.
Forse l'aveva trovata.

Entrò con tutti gli stivali in acqua, appurando che l'oggetto che sporgeva era in realtà un tappo di sughero. Ed esso era messo a chiusura di una bottiglia di vetro incastrata nel fondale ancora basso.
Guren si affrettò a disincagliarla, tant'era il fango che sia era lì depositato.
Dopo qualche scossone, riuscì finalmente a toglierla con un ultimo strappo dal fondo melmoso.

Con le mani sporche e l'acqua negli stivali, tornò a riva, scuotendo in aria la bottiglia per togliere l'acqua che da lì grondava.
Si asciugò le mani sulla giacca, incurante di tutta la fanghiglia che v'era sopra, e si preparò a stapparla.
Il tappo venne via con un sonoro schiocco, e Guren sbirciò dentro l'apertura. Dentro c'era un rotolo di carta.

Si sentì vittorioso come non mai, in quel momento.
Era differente da quando aveva trovato la prima lettera: in quell'occasione, non vedeva Shinya già da giorni, e aveva la paura che fosse capitato qualcosa di brutto all'amico.

Prese a scuotere violentemente la bottiglia, nel tentativo di far scendere quel rotolo.
Inutilmente.
Tanto più che si stancò presto, e, nervoso com'era da quella giornata di sole, si allontanò di poco dalla riva immediata e spaccò la bottiglia contro il tronco di un albero.

Alla faccia della pazienza.

Vetri infranti caddero a terra, e in mezzo a loro giaceva la lettera.
Guren, con foga, la afferrò e la aprì.
Purtroppo per lui, si era dimenticato di un piccolo particolare.

Era buio pesto, lì fuori.
E in più, era anche ora di cena.

Riconoscendo il suo enorme ritardo, si precipitò al casolare, arrivando, affannato, con la lettera stretta in pugno.

-Ce l'ho!- urlò, spalancando la porta trafelato, mentre dietro di lui, in lontananza, si vedeva un fulmine, e qualche secondo dopo arrivava il rispettivo tuono.

Un angolo recondito della mente di Guren trovò il tempo di rallegrarsi all'annuncio di quel temporale incipiente.

Sayuri, che passava lì davanti, lanciò un grido spaventato e si ritrasse.

Guren, effettivamente, non aveva uno splendido aspetto, con i capelli arruffati, la divisa sporca, la mani piene di terra e una pozza di acqua che si andava a formare ai suoi piedi a causa dello sgocciolare degli stivali e dei pantaloni.

Senza contare, ovviamente, il fiatone e lo sguardo allucinato del giovane.

Gli altri, capitanati da Goshi e dal suo spirito di cavaliere in armatura scintillante, si materializzarono nell'ingresso, tutti insieme.
Le espressioni sui loro volti cambiarono, dal disgusto (Mito, probabilmente, stava riflettendo su come avesse potuto prendersi una cotta per lui da ragazzina) allo scetticismo (Norito, invece, aveva sollevato un sopracciglio, come a dire "Hai trovato cosa, un cane che ti trasmettesse l'idrofobia?")

Shigure rimaneva impassibile. Come suo solito, d'altronde.

Prima che il tenente colonnello potesse dire anche una sola parola per spiegare cosa fosse successo, la ragazza si affrettò a prendere Guren per una manica, costringendolo ad entrare in casa e sfilarsi gli stivali fradici.
Poi, lo spedì in un'altra stanza (con stupore di tutti, tra l'altro: la piccola Shigure era l'unica, oltre a Shinya che riusciva a farsi ascoltare da Guren) con il monito di cambiarsi, altrimenti niente cena per lui.

Nell'accomapgnarlo nella stanza che avevano ripulito apposta per dormirci, Shigure rimase silenziosa.

Guren la ringraziò tacitamente per la sua discrezione. Era centro che se ci fosse stata Sayuri, la ragazza si sarebbe esibita in un fiume di chiacchiere che l'avrebbero solo annoiato e infastidito.

In quel momento, seppur orgoglioso dal ritrovamento, il sentimento che prevaleva in lui era la preoccupazione.
Così cupo, parlare era proprio l'ultima cosa di cui aveva voglia.

Shigure gli indicò la stanza e il borsone con gli indumenti di riserva, dopodiché chinò il capo e filò via silenziosamente.

Guren, dopo aver fissato per qualche attimo il vano della porta ora vuoto, passò lo sguardo sul foglio che stringeva in mano.
Si era un po' rovinato, c'erano tracce di sporco, ma era ancora perfettamente leggibile.
Gli occhi gli scivolarono sulla primissima frase: Caro Guren...
La richiuse immediatamente e la posò in una tasca del suo zaino.
Poi, si ripromise di leggerla prima di andare a dormire.
Per comunicare all'indomani la destinazione ai suoi compagni... e per non mostrare loro alcun segno di preoccupazione.

Il moro tornò di là indossando una felpa nera e un paio di pantaloni.
Poteva anche dire addio all'uniforme. Lì, non c'era nessuno che potesse pulirgliela, e lui era davvero una frana nei lavori di questo tipo.

Sayuri aveva messo già in tavola sei piatti fumanti di riso e curry, e ora stava sistemando le stoviglie utilizzate, in attesa dell'arrivo del moro per potersi mettere a tavola.

Goshi gli dedicò uno sguardo invidioso.
-Aaah, quanto vorrei mettermi in tuta anche io, Guren, al posto di questa uniforme così fastidiosa!- si lagnò, allargandosi il colletto con un dito.

-E chi ti dice niente?- sbottò lui in risposta. -Vai e cambiati, non sto certo qui a farti il cazziatone per come ti vesti.-

Norito annuì, sbuffando: certo che Guren avrebbe potuto anche essere più cortese, di tanto in tanto.
-Eheh, Sayuri, hai intenzione di cambiarti anche tu? Quell'uniforme mi sembra elaborata, forse hai bisogno di una mano a togliertela... Posso dartela io!- aggiunse, rivolgendosi alla ragazza dai morbidi capelli cannella.

Sayuri avvampò. E Shigure, di soppiatto, tirò una mestolinata sulla testa del biondo.
Egli gemette, mentre l'assassina, silenziosa com'era arrivata, tornava al suo posto.

Mito gli fece la linguaccia.
-Così impari a importunare la nostra Sayuri!- lo rimbrottò, battendo il cinque a Shigure.

Guren abbozzò un sorriso, passandosi la mano tra i capelli, spostandoli da davanti gli occhi.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma loro, e Shinya, erano la sua piccola famiglia.

Gureshin || Back to the pastDove le storie prendono vita. Scoprilo ora