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-Vi siete chieste perché voi siete qui e quei due invece sono rimasti nella casa?-
Guren gettò uno sguardo veloce a Shigure e Sayuri dallo specchietto retrovisore.
Entrambe scossero la testa.
-Perfetto, ve lo spiego velocemente. Diciamo che...-
Guren tacque. Non sapeva come porre la questione.
Shinya gli aveva detto di farlo?
Lui aveva ordinato ai due soldati di non seguirlo più?
In ogni modo, suonava sbagliato, cattivo, ingiusto, in un modo che non era assolutamente corretto. Non era quello il senso.
-Shigure...- chiamò, incerto. -Sai il discorso di ieri sera, giusto?-
-Certo, signore.-
Sayuri guardò prima l'uno poi l'altra.
-Che discorso?- domandò, allarmata.
Guren la ignorò completamente.
-Bene, per questioni relative a quel discorso... Mi sono sentito di lasciarli indietro.-
-Signor Guren? Quale discorso?- La ragazza dai capelli color cannella sembrava allarmata.
-Comprendo perfettamente.- assentì la mora, composta. -Credo sia stata la scelta migliore.-
-Ragazzi, dai! Di cosa stavate parlando ieri sera?!- strillò ancora Sayuri.
-Zitta, Sayuri!- urlò di rimando Guren, senza pensarci.
-Non sono fatti tuoi, e a dir la verità nemmeno miei, ecco.- mormorò Shigure, sollevando leggermente il sopracciglio in una vaga espressione di disapprovazione.

La ragazza tacque.

-Di conseguenza...- riprese Guren, dopo qualche attimo di silenzio, -Non posso lasciare che voi due mi seguiate sempre ovunque. Quindi, presto, forse alla prossima tappa anche, sappiate che dovrete andarvene anche voi. È tutto.-

Nessuna delle due parlò, lasciando Guren stupito. Si aspettava una risposta istintiva, pianti, proteste, urla melodrammatiche, non certo quel silenzio assoluto.
Conoscendo le sue guardie del corpo, erano le ipotesi più ovvie.

-Lei scherza, non è vero?- disse, dopo un po', Shigure, senza alcuna inflessione nella voce.
-Non possiamo abbandonarla!- rincarò la dose Sayuri.
-Non ce ne andiamo.-
-No, nemmeno se ce lo chiede.-
-Non se ne parla.-
-Rimarremo con lei, signor Guren!-

Il tenente colonnello rimase spiazzato. C'era qualcosa di non chiaro nelle parole che aveva usato, forse?
-Ragazze, forse non avete capito che la cosa non è in discussione.- chiarì, sollevando le sopracciglia.

-Invece IO ho capito benissimo!- ribattè Sayuri. -Non abbiamo intenzione di obbedire ai suoi ordini, signor Guren! Non questa volta!-

"Ma perché! Perché sono così dannatamente testarde!" le maledì Guren mentalmente. "Proprio nel momento meno opportuno devono decidere di fare i muli?"

-Shigure, Sayuri, vi prego, siate comprensive. Voi dovete andarvene, è un mio comando ed è vostro dovere maggiore obbedire. Ci sono delle complicazioni di cui non sapete nulla, ed è in base a queste complicazioni che sto formulando questo mio ordine. Chiaro?-

-Ma signor Guren!- protestò di nuovo la ragazza dai capelli color cannella, gettando una fugace occhiata a Shigure, che assentì.
-La prego, ci lasci rimanere con lei almeno per un altro po'!-
-Le promettiamo- cominciò la mora, invece, cauta, -Che dopo almeno altre tre tappe ce ne andremo senza fiatare. Quando ce lo dirà lei.-

Gettò loro uno sguardo severo.
Poi, Guren rispose alla loro protesta in maniera secca. Non ammetteva repliche, ma le ragazze si ribellarono comunque a quella risposta così definitiva.
Ci fu una discussione che, accesa, durò per dieci minuti buoni, dopodiché, la Jeep ricadde nel silenzio, quasi improvvisamente.

Guren, alla fine, sospirò. Non c'era stato nulla da fare, entrambe erano state categoricamente ferme sull'argomento.
La cosa gli provocava una rabbia incredibile: non solo si stava piegando, contro ogni buon principio di onore, al volere di due ragazze e ai loro capricci immaturi, ma in più stava mandando a quel paese tutto ciò che Shinya gli aveva pregato di di fare.
In più, era profondamente amareggiato da quella guerra infantile che le due guardie del corpo avevano imbastito. Credeva molto in loro, nonostante non lo desse a vedere: il fatto che loro avessero insistito in maniera così infantile su una decisione che per lui era fondamentale lo aveva scosso. Si era aspettato i lamenti, sì... ma credeva che avrebbero capito. Eppure, evidentemente si sbagliava.

-D'accordo, voi due.- disse, cercando di instillare nel tono della sua voce ogni singola sfumatura dell'ira che lo pervadeva. -Vi lascio fare come volete. Non vi azzardate a gioire, però. Sono veramente molto deluso dal vostro comportamento.-

Sayuri e Shigure si guardarono, domandandosi se avessero fatto la scelta giusta. Però, non c'era più modo di tornare indietro, e a quel punto scusarsi e lasciarlo non avrebbe avuto senso: la delusione sarebbe rimasta lo stesso.
Non aveva senso.

Fu così, che il mese successivo trascorse nel silenzio più completo fra di loro.

Andare sul quel vecchio campo di battaglia desolato fu la prima cosa che fecero. Guren trovò lì la quarta lettera, come previsto. Avvolto nel più completo silenzio, la lesse, immerso in una malinconica aria di perdita, mentre i fantasmi di coloro che erano morti lì sembravano passargli accanto, sfiorarlo, soffocarlo.

Strano posto per una lettera, non trovi? Se avessimo avuto una vita normale, sai, probabilmente questa parte non esisterebbe nemmeno. Eppure, come volevasi dimostrare, eccoci qui.
L'essere un cecchino mi permette di non combattere in campo aperto, faccia a faccia. È una soluzione comoda, da codardi anzi, e per quanto mi costa ammetterlo, è quello che sono: un codardo.
Non perché non sappia imbracciare una spada e combattere tête a tête con qualcuno. Sono stato allenato anche a quello. Ma imbracciare un fucile, controllare la situazione da lontano, riuscire ad eliminare i pericoli senza essere in pericolo personalmente mi dà sicurezza. Ed è una sicurezza che non dovrei avere.
Però, da quella posizione rialzata, lontana da tutti, posso riuscire a proteggerti. A vegliare su di te. E quella mia sicurezza diventa anche la tua, perché so che non sbaglierò un colpo, so che sarò lì pronto a tenerti al sicuro. Sempre.
Ogni volta che stiamo per partire per una missione, ogni notte prima di una battaglia, non riesco a dormire. La morte avvelena ogni mio pensiero, e ho paura. Non per la mia vita, ma per la tua.
Quella volta, ero terrorizzato.
Eri lì ed eri circondato da nemici. Combattevi con quella forza fiera che ti caratterizza, senza rallentare di un colpo, ma loro erano troppi, ed era un dato di fatto.
Non ho mai corso così velocemente in vita mia. Mi sono precipitato su quel campo con tutta la forza della disperazione. Ho sparato colpi così ravvicinati tra loro che la mia spalla ne è uscita lussata... Nella troppa foga, non mi sono nemmeno ricordato di mantenere il controllo sul rinculo del fucile.
Ho spinto al limite me stesso e Byakkomaru, per raggiungerti attraverso quella calca di vampiri. E poi, quando anche l'ultimo è caduto a terra, senza nemmeno controllare se la situazione fosse tranquilla, ho gettato la mia baionetta da una parte e sono crollato al tuo fianco. E tu eri lì, disteso a terra, coperto di sangue- il tuo o quello di qualche vampiro? Non lo so, l'unica cosa che so è che l'alzarsi e l'abbassarsi ritmico del tuo petto ha finalmente lacerato l'angoscia opprimente che avevo in petto.
E in mezzo a quel caos, a quella polvere, c'ero solo io che piangevo sconsolato, un po' per la gioia, un po' per il dolore, un po' per tutta quella paura, mentre ti stringevo la mano calda di vita, e poi c'eri tu, che dopo qualche minuto hai aperto gli occhi e mi hai chiesto perché stessi piangendo.
Sei proprio un'idiota, Guren, ti ho risposto, ridendo tra le lacrime che continuavano a scendermi copiose sul viso.
Ma forse l'idiota sono io, e tu sei solo il mio più grande tesoro.
Ti amo, ancora.

Guren guardò il cielo ingrigito.
E, pervaso dalla tristezza più infinita, col peso di tutte quelle emozioni vecchie e nuove, si prese la testa tra le mani, domandandosi cosa fosse quel piombo in fondo al cuore, e cosa fosse quell'amaro groppo che si sentiva in gola.

Gureshin || Back to the pastDove le storie prendono vita. Scoprilo ora