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Il tempo era scorso veloce, ed era già buio inoltrato.

Appena prima di mettersi in moto, come un lampo a Guren tornò in mente la domanda fattagli in precedenza da Shigure.

Non crede di aver fatto male a raccontare di Shinya in quel modo?

Mentre si assicurava la katana alla cintura, Guren iniziò a rimuginarci su.
Aveva forse esposto troppo dell'amico?
Da un lato, era vero che i sei si conoscevano dai tempi del liceo. Ormai erano passati otto anni, che avevano trascorso insieme, combattendo fianco a fianco e vivendo l'uno la quotidianità dell'altro. Erano diventati una squadra affiatata, che conosceva i propri punti deboli e sapeva coprirli al meglio, solo grazie alla fiducia reciproca e allo stretto rapporto che si era andato fortificando durante gli anni.
Eppure, mentre tutti conoscevano i problemi di Norito con il fratello minore, o erano riusciti a consolare Guren il giorno della morte di suo padre e, negli anni a venire, a tirarlo su di morale nel giorno del funesto anniversario, nessuno sapeva nulla di Shinya. Il ragazzo si era avvolto in una cortina di fumo, che permetteva di vedere solamente la sua immagine sfocata, e non lasciar trapelare nulla.
Guren era il primo a sapere della sua tragica infanzia, il primo a sapere a fondo dei suoi primari sentimenti.

Quello che la saggia Shigure aveva voluto dirgli era quasi un avvertimento.
Shinya ti ha dato fiducia, come un gatto randagio che per la prima volta, restio, si lascia accarezzare da mano umana. È giusto tradirlo in questo modo? È giusto rivelare tratti del suo carattere che aveva preferito tenere nascosti, e mostrare solo al proprio migliore amico?

Guren non ne era più così sicuro.
Le parole della mora lo avevano colpito, e si era accorto di essere stato tremendamente indelicato nel suo racconto. Aveva lasciato scorrere, nel suo fiume di parole, anche frasi che avrebbero dovuto rimanere celate, solo un'ombra nei ricordi del ragazzo.

Avrebbe forse dovuto prestare più attenzione a quali parole utilizzare; ma ora era troppo tardi. Si ripromise di parlarne con Shigure più tardi, di ascoltare la sua intelligente opinione, e di trovare un briciolo di pace per quella senso di colpa che andava crescendo, annidandosi nel suo petto come un'edera velenosa.

Nel frattempo, un'aura di precisa concentrazione era calata sui cinque. Nessuno più parlava, rideva o scherzava. Pronti per partire, aspettavano un cenno del tenente colonnello per poter andare.

Guren fece passare lo sguardo su ognuno di loro, facendo infine un gesto con la mano. "Iniziamo".

Si mossero velocemente, portandosi nell'arco di un quarto d'ora vicino all'enorme magione. Una persona allenata come Guren riusciva a percepire la potenza degli incantesimi di protezione posti intorno all'abitazione: il moro pensò che fosse qualcosa di spaventoso.

Ma, come aveva detto Mito, se Shinya lo aveva mandato lì, c'era un motivo: sapeva già che sarebbe riuscito ad entrare, con l'aiuto della sua squadra o da solo.
Questo pensiero gli infuse un po' più di decisione, e si immaginò che l'amico fosse con loro.
"Un posto migliore non lo potevi decidere, vero?" sospirò fra sé e sè.

Nella sua mente si diffuse l'eco di una risata, che fin troppo bene conosceva, e che ogni volta sortiva un effetto positivo sul suo animo.
Era come un balsamo per il cuore.

Si trovavano ormai a ridosso del muro. Lo costeggiarono fino al punto individuato in precedenza, dove si sarebbe dovuta trovare la ormai ribattezzata "maledetta" panca.

Tutto si sarebbe dovuto svolgere nell'arco di pochi secondi, con una coordinazione ed un tempismo perfetti. Nonostante la difficoltà e la pressione, non era la prima volta che la squadra si trovava in una situazione così complicata; sapeva già come agire, e infatti, andò tutto perfettamente.

Gureshin || Back to the pastDove le storie prendono vita. Scoprilo ora