Too dark to care ~ pt.1

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Dahlia. Un altro nome in grado di farlo crollare. Avrebbe voluto, ma non era senza cuore. Gli mancava il battito, ma non era diverso da tutti gli altri. Anche i vampiri avevano il diritto di stare male, anche i vampiri avevano dei sentimenti. Non importava quanto tutti dicessero il contrario. La vita dei vampiri era difficile. Era difficile vivere da angeli caduti. Da mostri. Nessuno che non fosse un figlio della notte poteva capire. Era normale che cercassero di non provare sentimenti. Dover vivere senza sole, non potersi nutrire se non di sangue, era orribile. Nessuno li avrebbe guardati in modo diverso da mostri, nessuno di loro si sarebbe mai visto in modo diverso da un mostro. Perché lo erano, lo sapevano bene tutti. Ma chi ha mai detto che i mostri non possono soffrire? I mostri non chiedevano di essere mostri. Lo erano e basta. E tutti li odiavano lo stesso. Essere vampiri voleva dire essere morti. E non solo fisicamente, anche dentro. Erano solo fantocci succhia-sangue. Essere morti per tutti quelli che prima conoscevi. Essere morti. E desiderare di essere ancora più morti. Sarebbe stato meglio se davvero non avessero potuto vedere il loro riflesso. Non avrebbero dovuto vedere un mostro, in quegli specchi. Accorgendosi di essere quel mostro. Avrebbero voluto tutti essere senza cuore. Avrebbero voluto tutti smettere di soffrire. Ma non era così. Soffrivano, e faceva male. Faceva davvero male. Eppure, cercavano sempre di nascondere questo fatto. Cercavano di essere i più freddi possibili. Perché non c'era altro modo di sopravvivere da mostri. Nessuno. Lui ci aveva provato. Aveva provato ad aprire il suo cuore a qualcuno che non fosse... come lui. E quel qualcuno era stato Dahlia. L'aveva incontrata alla fine degli anni 70', quando ormai stava al DuMort da vent'anni. Una notte d'estate, non si era fatto buio da molto. Camille aveva mandato lui e qualche altro vampiro in una discoteca dove Nascosti si confondevano a Mondani, non ricordava nemmeno più per quale motivo. Era certo che quella sera si fosse dimenticato pure il suo nome. Si stava cercando di fare strada in quell'assordante posto, quando l'aveva visto, lei tra tutti quei mondani rimbalzanti. E non era stata la sua bellezza a colpirlo, ma piuttosto quanto fosse luminoso il suo sorriso, più di quel sole che a lui tanto mancava, a volte. Si era dimenticato di tutto, chi fosse lui, perché fosse lì. Per un attimo si era dimenticato di essere un mostro, aveva creduto di avere di nuovo un'anima. E poi, senza nemmeno sapere come, si era ritrovato a saltare, come uno stupido Mondano, vicino a lei. Dahlia aveva capelli lisci e biondi, i suoi occhi erano quasi più blu che azzurri, del colore del mare. E tutte quelle sue promesse di chiudere il suo cuore, evitare ogni emozione, crollarono. Sapeva di non averci nemmeno provato, se lo sentiva dentro. In un modo o nell'altro, la ragazza si era avvicinata e gli aveva parlato, dicendo che tutta quella musica la stava assordando. Gli aveva sorriso, dicendo che i suoi amici -aveva indicato dietro di sé con la mano -l'avevano praticamente costretta a parlare con lui. In un modo o nell'altro, si era ritrovato per le strade di New York con lei, accompagnandola a casa. Lei gli aveva detto di essere lì –solo un po'- illegalmente. Be', in realtà avrebbe compiuto diciotto anni da lì a poco, quindi non era così fuori posto. Ma lui aveva insistito per farla uscire lo stesso. Lei aveva sbuffato, ma per la verità non sembrava così dispiaciuta. Non che lui potesse farle la predica, aveva detto. Considerando che lui aveva già vent'anni in più di lei, poteva. Ma, non che potesse biasimarla, dato il suo aspetto. Ma quella discoteca era comunque colma non solo di Mondani saltellanti e noiosi, ma anche di Nascosti. Non aveva voluto lasciarla lì in mezzo a tutti loro. Avevano parlato durante tutto il tragitto, senza distogliere lo sguardo l'uno dall'altra. Quando la ragazza rideva, scuoteva la testa, facendo scintillare alla luce dei lampioni i suoi orecchini a forma di foglia, che sarebbero di certo piaciuti a qualche fata. Era stato incredibile come si fosse messa a parlare con lui, senza nemmeno preoccuparsi di conoscerlo, senza nemmeno sapere chi fosse davvero. Avrebbe potuto essere una persona con cattive intenzione. Non ne aveva, ma era dannato, non poteva davvero sapere se davvero sarebbe riuscito a controllarsi. Ma non le fece mai del male. Quella notte avevano parlato molto, per la prima volta dopo tanto tempo Raphael si era sentito felice. Sapeva che non avrebbe più potuto rivederla, e questo gli faceva male. Almeno, era quello che credeva. Il destino aveva altre idee per loro. La notte dopo, come seguendo un fantasma, il fantasma di un sentimento che credeva di aver perso da tempo, si ritrovò nella stessa discoteca. E lei era lì. Aveva una fascia colorata tra i capelli. Era così bella, così viva. Gli faceva quasi male guardarla. Gli fece male accorgersi di essersi innamorato. Non avrebbe dovuto. I vampiri non meritavano amore. Erano angeli caduti, erano senz'anima. Eppure era caduto in quella trappola dorata. Cercare di fuggire dall'amore era come cercare di fuggire dallo scorrere del tempo. Per i vampiri era facile la seconda. Ma la prima era impossibile. Non c'era persona che potesse sfuggirci. Né viva, né morta. Ci era caduto, ci era caduto... E sarebbe arrivato sul fondo di quella voragine oscura talmente in fretta che il pavimento avrebbe ceduto, e avrebbe ricominciato a cadere. Non c'era mai vera pace per i vampiri. Rivide Dahlia quella notte e continuò a vederla per davvero tanto tempo, senza che lei capisse che c'era qualcosa che non andava. Non potendo uscire dal DuMort di giorno le diceva sempre che sua madre lavorava tutto il giorno, e doveva badare ai suoi fratelli più piccoli. E lei gli credeva. Continuava a credergli e lui non riusciva a capire perché. Credeva che non avesse senso quello che stava dicendo. Credeva che niente avesse senso. Forse non ce l'aveva. Ma non doveva avercelo. Aveva continuato a vederla, quasi tutte le notti. E lei non aveva mai capito che c'era qualcosa che non andava. Era incredibile. O forse, sì, lo aveva notato, ma era sempre stata zitta. Perché... Perché lo amava. Almeno così credeva. Non l'aveva ancora capito, e forse non l'avrebbe capito mai. Si era fatto dare tutti i consigli possibili da Lily, l'unica vera amica su cui potesse contare. Lei gli diceva sempre di stare alla sinistra di Dahlia, ogni momento, così, anche se si fosse appoggiata a lui non avrebbe notato l'assenza di battito cardiaco. Non era mai successo. La vampira gli consigliava anche come vestirsi, dicendo che non era normale per uno della sua età vestirsi come faceva lui, anche se lui non ci vedeva niente di strano. Era stato costretto a vestire jeans e maglietta tutte le dannate sere. Tranne d'inverno. Lì aveva dovuto comportarsi da Mondano e mettere vestiti pesanti e perfettamente inutili. Avevano continuato ad amarsi per così tanto, che Raphael aveva cominciato a mettere il Clan in secondo piano. Ed era stato l'errore peggiore della sua vita da morto. Per quello si era arrabbiato con Simon, oltre a tutta la storia del tradimento. Perché aveva fatto il suo stesso errore. Mettere l'amore prima della famiglia. E lui sapeva a cosa portava tutto quello. Ogni tanto ci pensava ancora, alla sua Dahlia. Ripensava ai suoi occhi blu mare, ai suoi capelli biondo oro, al suo sorriso raggiante, al suo modo di parlare, al suo odore. E faceva male. Ripensava a tutti i momenti che avevano passato insieme, nelle notti fredde e nelle notti calde. A tutte quelle volte che lei gli aveva detto che adorava sentirlo parlare spagnolo, a tutte quelle volte in cui lui le aveva detto di adorare il suo modo di ridere, così vero, così di cuore. A ogni sguardo, a ogni sorriso. A ogni volta che le loro mani si erano unite mentre camminavano, a tutte quelle volte in cui lei aveva poggiato la sua testa alla spalla di lui. A ogni parola dolce, a ogni suo respiro. Tutti potevano vedere quanto fosse strano a quei tempi. Aveva pure ripreso l'abitudine di respirare. Era stato felice. Ma aveva presto capito che per i vampiri essere felici era impossibile. Perché erano dei mostri senz'anima. E lui se n'era quasi dimenticato. Per un attimo, un solo battito di palpebre per un immortale, si era sentito solo un ragazzo. E aveva pagato. Una notte, stava tornando da casa di Dahlia. C'era andato perché non l'aveva vista alla discoteca, dove avrebbero dovuto vedersi, ed era andato a cercarla dai suoi genitori. Loro gli avevano detto che era già uscita. Stava camminando, in una calda notte degli inizi degli anni '80, quando sentì distintamente l'odore del sangue. Aveva svoltato in un vicolo, seguendo la scia di odore ferroso. E aveva voluto essere morto. Morto davvero. Si era aspettato di tutto, ma non quello. Tutto, ma non quello. Aveva voluto urlare, aveva voluto spaccare qualcosa. Perché no. Non era vero, non era possibile che la ragazza appoggiata al muro di uno dei palazzi, dietro dei cassonetti della spazzatura, in una pozza di sangue, che le sporcava tutto il vestito, e anche i capelli, fosse Dahlia... Non era vero. Non poteva essere successo proprio a lei. Non era possibile. Era solo la sua mente che gli aveva giocato un brutto scherzo. Aveva provato a chiudere gli occhi e a inspirare e poi espirare, lentamente. Ma quando gli aveva riaperti, aveva sempre visto Dahlia. Perché era Dahlia. Era corso da lei, l'aveva presa tra le braccia, sentendosi morire più di quanto già non fosse, sentendosi mancare il respiro più di quanto già gli mancasse. Era talmente in panico, che non aveva saputo dire se fosse stato un Nascosto, un demone o un semplice Mondano a ferirla. A ferirla così gravemente. Lei aveva aperto gli occhi, lentamente, e lui si era domandato come fosse possibile che il suo cuore stesse ancora battendo, che ancora fosse cosciente. Era pallida da fare paura, persino a un vampiro. Gli aveva detto, con voce tremante e flebile, che sapeva che lui l'avrebbe trovata, che lo stava aspettando. In quel momento Raphael realizzò che era viva soltanto perché lo voleva vedere un'ultima volta, che questo voleva dire che non le restava molto da vivere. Ma aveva deciso che non l'avrebbe lasciata morire così. Non poteva. Ne sarebbe rimasto ucciso. Oh, stupido romanticismo Mondano. La amava troppo, quella vita morta sarebbe stata inutile senza di lei. Ricordava ancora le parole che le aveva detto, prendendo un coccio di vetro che trovò lì vicino, coperto di sangue, così come ogni altra cosa, e tagliandosi il polso. Non l'avrebbe lasciata morire così, no. Non aveva pensato nemmeno un secondo alle conseguenze. Non aveva pensato al fatto che avrebbe trasformato anche lei in un mostro, pur sapendo come ci si sentiva. Ma l'amore rende pazzi. Aveva cercato di farle bere tutto il sangue che poteva, lei era troppo debole per capire cosa stava succedendo. Non gli era dispiaciuto intossicare quelle labbra, quel corpo, con il suo sangue dannato. Era convinto di salvarla. Non si rendeva davvero contro di quello che stava facendo. E non gli importava nemmeno. Le aveva accarezzato una guancia, dicendole, dolcemente:
"No voy a dejar que mueras. Te amo." –non gli era importato che lei non capisse, non gli era importato di nulla, se non del suo amore. Eppure lei aveva sorriso debolmente, e, prima che potesse impedirglielo, aveva raccolto le sue ultime forze e gli aveva posato una mano sul petto, a sinistra, dove avrebbe dovuto sentire il battito del suo cuore. Ma aveva sentito solo vuoto. L'ultimo ricordo che Raphael aveva di lei da viva era la sua espressione confusa. E spaventata. Per i Mondani era più facile essere spaventati. Era più facile essere spaventati che cercare di capire. Perché sapevano che c'erano delle cose che non avrebbero mai potuto capire, forse inconsapevolmente. L'aveva sollevata e l'aveva portata al DuMort. Lily aveva camminato per almeno mezz'ora su è giù per la sua stanza, cercando di capire quale fosse la cosa migliore da fare. Non poteva ucciderla, sapeva che Raphael non l'avrebbe mai perdonata. E allora aveva deciso che sarebbe diventata un vampiro, che non c'era altra scelta. Avevano taciuto sull'accaduto con Camille, pur sapendo che il loro leader avrebbe presto scoperto che c'era qualcosa che non andava. Dopo essere uscita dalla tomba e aver calmato le sue smanie di sangue nutrendosi, era svenuta. L'aveva portata di nuovo al DuMort. E poi, quando si era risvegliata, coperta del suo sangue rappreso e dal nuovo sangue che si era aggiunto mentre beveva, le cose erano irrimediabilmente cambiate. E solo allora Raphael si era accorto di essere stato egoista, di aver pensato solo a sé stesso, aveva pensato soltanto a tutto il dolore che avrebbe provato se lei fosse morta senza tornare. Non aveva pensato nemmeno un secondo alle conseguenze. L'aveva trasformata in un mostro. Avrebbe fatto meglio a lasciarla morire, avrebbe fatto meno male. Adesso aveva imparato. Aveva capito. O almeno, credeva di aver capito, che le persone gli avrebbero sempre e solo fatto del male. Perché era un vampiro. Non doveva attaccarsi alle persone, non doveva provare amore, non doveva provare niente. Poteva aiutare chiunque in tutti i modi possibili, ma sarebbe sempre stato visto per quello che era. Un vampiro. Un mostro. Null'altro contava. Appena l'aveva visto, Dahlia era scattata in piedi, alzandosi come una furia dal letto su cui stava sdraiata, allontanandosi il più possibile. Gli aveva urlato contro, gli aveva urlato che non aveva battito, che non era normale. Quello non fu niente. Scomparsa l'isteria, era corsa da lui, abbracciandolo, quasi buttandolo a terra, tanta forza ci aveva messo. Ma, non aveva ancora visto il suo stato. Gli aveva chiesto cosa fosse capitato, sedendosi sul letto. Gli aveva detto che si ricordava di essere stata aggredita, che si ricordava di... Star morendo. Gli aveva chiesto cosa fosse successo, gli chiese dove fossero. Si era alzata, aveva dato uno sguardo in giro. Aveva visto quanto tutto fosse chiaro, anche se le finestre erano coperte da pesanti tendaggi. Raphael era rimasto in silenzio, incapace di parlare, aspettando che lei realizzasse cosa fosse capitato da sola. Sapeva che non l'avrebbe mai accettato, sapeva che... Si sarebbe vista come un mostro. Continuando a camminare per la stanza, si era ritrovata davanti a uno specchio. Stava a terra, era rotto in più punti, ma fu abbastanza perché la ragazza vedesse il suo riflesso. Iniziò ad urlare, guardandosi, realizzando di essere coperta di sangue. Ma quello fu niente. Cominciò a non vederci più, ad urlare e dimenarsi, quando vide i suoi canini. Non era ancora in grado di controllarli, all'inizio era più difficile. Quando si accorse di essere pallida, come un cadavere... Quando si accorse di non avere più battito. Lui aveva cercato di calmarla, aveva cercato di abbracciarla, ma lei lo aveva allontanato, urlando. Riusciva perfettamente a ricordare anche quelle parole. "Sei un mostro! Sei un mostro e mi hai reso come te!" –quelle parole avevano fatto male. Più male di qualsiasi altra cosa. Lily era entrata nella stanza, attirata dalle grida di Dalhia. Aveva cercato di aiutarlo, ma la forza della nuova vampira era incontenibile. Era come un uragano. Aveva continuato ad urlare, per molto tempo. Gli aveva detto che era stata una stupida a innamorarsi di lui, che avrebbe dovuto capire subito che c'era qualcosa di sbagliato, che avrebbe dovuto stare lontana. Che lui era solo un mostro, un mostro che aveva voluto renderla come lui, senza lasciarle morire una morte dignitosa, con la mente piena di bugie, ma sempre migliore di quella morte fittizia. Che lo odiava per quello che le aveva fatto. E poi, senza che nessuno dei due vampiri più vecchi potesse fare qualcosa, smettendo di urlare per un secondo di troppo, tanto che avrebbero dovuto capirlo, corse verso la finestra, spostando bruscamente la tenda e lanciandosi contro di essa, rompendo il vetro. Il suo grido mentre il sole la bruciava, lasciando di lei solo cenere, fu quasi insopportabile da sentire. Raphael avrebbe voluto correre a quella finestra e... E non sapeva cosa fare. Ma, per fortuna, Lily glielo impedì.
Il vampiro non riuscì a controllarsi e scoppiò a piangere, senza che gliene importasse davvero qualcosa. Da quel momento in poi, Lily era diventata la sua unica vera amica, l'unico altro mostro a cui potesse mostrare il suo dolore. Pianse, pianse fino a quando praticamente non ebbe più sangue in corpo, insultandosi. Non avrebbe mai dimenticato tutta la paura, la rabbia e l'odio che aveva sentito nella voce di Dahlia e visto nei suoi occhi. Si era sentito uno stupido, e da quel momento aveva promesso che non si sarebbe mai più innamorato. Che non avrebbe mai più lasciato che i sentimenti prendessero il sopravvento. Avrebbe chiuso il suo cuore a ogni tipo di emozione. Sarebbe diventato un perfetto vampiro, senza cuore, senza sentimenti. Tanto già l'anima gli mancava. Si era sentito uno stupido per non aver previsto quello che Dahlia avrebbe fatto. Eppure lui, su tutti, avrebbe dovuto capire. Aveva cercato di lanciarsi sotto quel cono di luce che era stato lasciato entrare dal buco sul soffitto di quello stesso Hotel. Avrebbe dovuto capire che anche Dahlia avrebbe voluto mettere fine eterna alla sua vita. Già, forse lei non sapeva che i vampiri non sopportavano il sole, ma di sicuro l'intento era stato quello. Morire. Morire davvero. Saltarci a piè pari all'Inferno. Altro che " un piede già all'Inferno". E non l'aveva aiutata. Era stato egoista. Aveva aperto il suo cuore ed era stato ripagato così. Aveva deciso di non provare più niente. Ma aveva fallito. Per questo ora stava correndo per le strade di New York, in una notte particolarmente gelida, senza sapere dove andare. Perché aveva fallito. Si era attaccato di nuovo, aveva cercato di amare, di nuovo, ed era stato ferito di nuovo. Non ci poteva essere gioia per lui, non ci poteva essere altro che dolore per lui. Lui era dannato. Era un angelo caduto. Era senz'anima.

Angolo autrice:
Hey, people! :) Ecco un altro capitolo. Volevo ringraziare tutti quelli che hanno letto e stellinato (weee che parola) questa fanfiction, significa molto per me. Spero che continuerete a seguirmi anche se continuerò a torturare tutti perché sono una brutta persona :/ Al seconda parte di questa storia verrà pubblicata come un altro libro, volevo solo avvertirvi
Cieu, aggiornerò il prima possibile e scusate per gli eventuali errori di distrazione, o peggio, grammatica!
P.S: Chi è in ansia per il finale fi stagione alzi la mano *si stacca il braccio da tutta la forza che ci ha messo*

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