Have mercy on me ~ pt.2

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Era ormai mattino inoltrato, quando Alec, Maryse e Max Lightwood, Clary Fairchild, Lydia Branwell, un miracolosamente in piedi Jace Wayland e Magnus Bane varcarono il portone dell'Istituto. Vennero subito raggiunti da Victor Aldertree, che aveva un'espressione tra la preoccupazione e il disappunto, il quale domandò loro cosa fosse successo. Lydia si fermò per raccontargli l'accaduto, di come Jace fosse entrato a casa di Magnus, dopo aver sconfitto un'orda di demoni, sanguinante e sconvolto. Nel frattempo, i Lightwood accompagnarono il giovane Wayland in Infermeria. Magnus andò con loro, certo di poter essere ancora d'aiuto con la sua magia. Clary prese il telefonino e cercò di trovarsi un posto appartato dal quale telefonare a Simon, scomparso quella mattina presto. Si domandò perché non le avesse detto niente, dopotutto era la sua ragazza. Si era comportato in modo strano tutta la sera. La rossa si diresse verso il campo di addestramento, e fu parecchio stupita trovandoci Isabelle che si allenava. I suoi movimenti erano veloci e perfetti, e sembrava incredibilmente concentrata. La sua frusta si era trasformata in un bastone, ma quando lo buttò in avanti tornò a essere flessibile come un serpente. La ragazza aveva i capelli neri sciolti, e indossava abiti attillati, che le mettevano in risalto tutte le curve. Clary guardò prima il suo telefono poi, Isabelle. Anche la giovane Lightwood era scomparsa la notte prima. Una parte di lei avrebbe voluto telefonare a Simon, l'altra parlare con Isabelle. Convinta che nessuna delle due idee fosse meglio dell'altra, decise di raggiungere Jace. Riteneva che forse sia Simon che Isabelle avrebbero preferito essere lasciati soli, e non si sbagliava. Izzy l'aveva notata, ma aveva fatto finta di niente. Non aveva voglia di dover dare spiegazioni anche a lei. Tutti volevano sempre spiegazioni, ed era una cosa terribilmente irritante. Mentre Clary si dirigeva verso l'Infermeria, pensò a quanto era successo la sera prima...
Erano tutti riuniti attorno a Alec, Clary non riusciva a trovare il coraggio di lasciar andare la mano di Simon. Era terribilmente preoccupata per Jace. Sapeva bene quanto il ragazzo fosse impulsivo, e aveva paura che potesse essersi fatto veramente male. Riusciva quasi a immaginarselo, ferito, al freddo e solo in un vicolo, perché era stato troppo testardo e non aveva voluto cedere anche quando aveva visto che le sue possibilità di battere il suo avversario, probabilmente Demoni, erano poche. Non passò molto tempo, nel quale venne chiesto ripetute volte ad Alec se stesse bene, adesso. Lui continuava a rispondere di sì, guardando lei, come a dirle che lei era davvero l'unica a poter capire cosa stesse provando in quel momento. Non gli importava di sé stesso, gli importava di Jace, così come importava a lei. Anche se... No. Mentre quel pensiero le saltava in mente, strinse più forte la mano di Simon, quasi da farsi male. Non poteva pensare quello. Lei e Jace erano fratelli, doveva cercare di chiudere fuori dal suo cuore quello che aveva provato, quello che provava, per lui. Anche se era difficile, terribilmente difficile. Le dispiaceva davvero tanto per Simon. Una parte di lei lo amava con tutto il cuore, ma l'altra sapeva che lo stava solo usando. Lo stava solo usando per dimenticare tutto il dolore che aveva provato scoprendo che Jace era suo fratello. Cercare di dimenticare tutto l'amore che sentiva per lui. Ma era come cercare di non respirare. Ciò che la distolse dai suoi pensieri fu accorgersi che tutto era silenzioso. Praticamente si sarebbe potuta sentire una moneta cadere, quanto tutto si era incredibilmente zittito. Forse anche il suo cuore. Non si sentiva più nessuna voce, non si sentiva più la musica. In quel momento Simon pensò bene di fare una di quelle battute veramente banali, che in un altro momento l'avrebbero fatta ridere, ma non in quello.
-Che silenzio di tomba. –la ragazza gli tirò piano un pugno su una spalla, come a dirgli di stare zitto, e l'espressione del vampiro fu quella di una persona che cerca di non ridere. In quel momento, mentre Magnus si dirigeva verso il salotto per vedere cosa diamine stesse succedendo, la porta della stanza si aprì ed entrò Maia. Nessuno di loro si era accorto che fosse uscita, quindi la osservarono stupiti. Magnus le chiese cosa fosse successo e lei disse che avrebbero fatto meglio a venire a vedere. Il padrone di casa fu il primo a varcare la soglia, notando che tutti i presenti si erano riuniti davanti all'entrata. Si fece strada tra le persone con sicurezza, deciso a scoprire chi avesse potuto rovinato una festa così favolosa. Tutti gli altri lo seguirono a breve distanza, anche Alec, anche se tutti avevano insistito affinché rimanesse sdraiato. Clary ancora non poteva lasciare la mano di Simon. Era la sua ancora alla realtà. Cominciava a sentirsi incredibilmente confusa. Quel party cominciava a diventare surreale, con tutto quello che era successo. Quando arrivarono davanti al portone, la rossa vide una figura stesa sul pavimento macchiato di sangue... Quando capì che era Jace avrebbe voluto urlare. Non riusciva a formulare un pensiero di senso compiuto, si sentiva svenire. Cosa gli era successo? Cosa gli era successo?! I suoi capelli biondi erano quasi neri a causa del sangue e della sporcizia. Non riusciva bene a vedere il suo viso, ma capì che doveva essere ferito. Voleva urlare. Voleva urlare, tirare fuori tutto quello che sentiva dentro, spaccare qualcosa. Perché doveva proprio essere Jace ad essere ferito e svenuto sul pavimento? Perché non poteva essere qualcun altro? Perché vedendolo così riusciva a capire che non lo avrebbe mai visto come un fratello? Lui non era suo fratello, non poteva esserlo. Lo amava troppo, e non come una sorella ama un fratello. Avrebbe voluto baciarlo, avrebbe voluto che la baciasse. Avrebbe voluto che le dicesse che tutto andava bene, anche se sarebbe stata una bugia. Aveva così tanto bisogno di lui che faceva male. In quel momento non le importava nulla di Simon, per quanto fosse qualcosa di terribilmente egoista. Ripensò a tutto quello che avevano passato, a quando lui l'aveva urtata davanti al Pandemonium, a quando lui l'aveva salvata da quel demone che si era spacciato per Dot nel suo appartamento, a quando si era svegliata all'Istituto e lui era lì. Ripensò a come l'avesse sostenuta in ogni singolo momento, rendendola più forte con la sua mera presenza, a come avesse sempre creduto in lei, ogni momento. A quando le aveva insegnato a combattere, a quando avevano scoperto di essere fratelli. A quando l'aveva baciato la prima volta, dopo essere riuscita a recuperare la Coppa Mortale, dopo aver ucciso quel Demone che aveva preso il suo aspetto. A ogni singolo momento che avevano passato insieme. A quando lui l'aveva abbandonata per andare via insieme a Valentine, a quanta agonia aveva provato non sapendo dove fosse. A quando erano fuggiti dalla nave insieme, a quando lui era scomparso, a quando lui aveva salvato Alec. Tutto l'agonia che aveva sentito ogni secondo in cui erano lontani, ogni secondo le sembrava infinito. Ripensò anche a quando avevano finalmente sconfitto Valentine, a quanta fosse la determinazione negli occhi di Jace. Lo amava, lo amava, non poteva più negarlo. Non le importava che fossero fratelli, non le importava. Non ci riusciva, non poteva... Si accorse di essere seduta sul divano di Magnus, senza nemmeno sapere come ci fosse arrivata. L'appartamento era vuoto, lo stregone doveva aver mandato via tutti. Simon era seduto accanto a lei e le porgeva un bicchiere d'acqua. Clary gli sorrise, anche se era un sorriso terribilmente falso, e prese il bicchiere, bevendo piccoli sorsi per volta. Era ancora sconvolta, se ci ripensava non riusciva a respirare. L'amore era qualcosa di terribile. Era qualcosa di ingiusto. Avrebbe potuto innamorarsi di chiunque altro, chiunque. E invece no. Si era innamorata di un bellissimo ragazzo, un ragazzo incredibilmente forte e debole allo stesso tempo, un ragazzo terribilmente emotivo, anche se cercava di nasconderlo. Un ragazzo che avrebbe fatto di tutto pur di salvare quelli che amava. Si era innamorata di suo fratello. Se sua madre non le avesse mentito tutto quel tempo, forse lo avrebbe saputo prima, forse questo le avrebbe impedito di... Ma. Non era successo. E si era follemente innamorata di lui. Non aveva potuto impedirlo, era semplicemente successo. E non credeva di essersi mai sentita tanto stupida come nel moment in cui Valentine aveva ammesso di essere anche il padre di Jace. Avrebbe voluto uccidere suo padre, in quel momento. A dire la verità, aveva sempre voglia di ucciderlo.
-Stai bene? –le domandò Simon, chiaramente preoccupato per lei. Clary lo guardò, ma sembrava distante, come se fisicamente fosse lì, ma mentalmente completamente in un altro posto. Al vampiro quello sguardo fece male. Sapeva perfettamente che i pensieri della sua ragazza erano con Jace. Sentì la morsa della gelosia. Ogni tanto dubitava che la Shadowhunter lo amasse davvero. Forse era soltanto la seconda scelta, l'ultima spiaggia. A volte si diceva che era una cosa terribilmente stupida, altre che aveva tutte le ragioni di pensarlo. In quel momento era il secondo caso. E gli fece incredibilmente male, quasi come se il suo cuore si potesse fermare di nuovo. Clary non disse nulla, continuò a fissare il vuoto, che sembrava essere il povero Simon, in quel momento, per qualche minuto, fino a quando la strega scura di pelle non si fece avanti, dicendo loro se volessero vedere il giovane Wayland. La Shadowhunter scattò in piedi e si fiondò nella stanza di Magnus, quasi facendo cadere la stregona. Simon si alzò in piedi lentamente, raccogliendo il bicchiere che la sua migliore amica –la sua ragazza –aveva lasciato cadere, senza nemmeno accorgersene. Poi, seguì Clary, se possibile ancora più lentamente. Sentiva lo sguardo di Esmeralda sulla schiena, riusciva quasi a vedere la sua espressione interrogativa. Sentì un improvviso bisogno di piangere, di lasciare che quelle lacrime scarlatte scorressero sul suo viso, rendendolo così tanto macabro che nessuno avrebbe osato guardarlo. Avrebbe voluto che nessuno lo guardasse. Si sentiva triste e arrabbiato allo stesso tempo. Erano successe fin troppe cose quella sera. E credeva di aver finalmente capito che l'amore di Clary era stato tutto un'illusione, una bellissima illusione. Lui era davvero l'ultima spiaggia. E rendersene conto gli fece male. Quando entrò nella stanza, vide che la ragazza era seduta sul bordo del letto e stringeva la mano di Jace, come se ne andasse della sua vita. La vide lasciare un bacio sulle nocche sbucciate e ustionate dello Shadowhunter. Se lo era aspettato e aveva creduto che la gelosia lo avrebbe divorato. Invece non sentì niente. Assolutamente niente. Non rabbia, non dolore, nemmeno la voglia di piangere che si era impossessata di lui poco prima. Niente. Niente. Gli fece quasi paura. Forse stava diventando un vampiro a tutti gli effetti, forse non avrebbe mai più avuto sentimenti, forse... Sussultò quando Esmeralda gli mise una mano su una spalla. Ok, forse non stava perdendo la capacità di provare emozioni. L'ansia era sempre lì. Gli occhi dorati della strega lo osservarono per qualche attimo, senza dire niente. Poi, lei fece un passo avanti, verso il letto di Magnus, dove Jace stava steso, superandolo. Simon sbatté le palpebre un paio di volte, confuso. Gli era sembrato che stesse guardando nel suo profondo, che gli stesse leggendo l'anima. Probabilmente era solo la sua immaginazione. Osservò la scena. Come prima tutti stavano riuniti attorno ad Alec, ora erano tutti riuniti attorno a Jace. Si sentì fuori posto. Loro erano una famiglia, lui era solo... L'amico scemo negli horror che viene lasciato indietro e poi muore, sempre. Era ironico come, dopo averlo detto, era cominciata quella serie di eventi che aveva portato alla sua morte. Be', non la morte vera vera, però... Quello. Non che potesse lamentarsi del tutto, ora che era un Diurno. Lui era l'amico stupido della protagonista, niente di più. Niente di più. Solo in quel momento si accorse che Magnus stava facendo uscire tutti dalla stanza, dicendo che l'orario delle visite era finito, manco fossero all'ospedale. Simon non riuscì a muovere un passo, rimase impalato dov'era, vicino alla porta. Così facendo, si guadagnò un: "Anche tu, Salmon" da parte dello stregone. Alzando lo sguardo e accorgendosi che Clary era potuta restare, cercò di contenere il vuoto disappunto che sentiva. Uscì dalla porta e se la richiuse alle spalle, appoggiandovisi. Sospirò, cercando non di non provare rabbia, ma di provarne almeno un po'. Continuava a non riuscire a sentire davvero qualcosa. La sua ragazza era al capezzale di un altro ragazzo, molto più bello ed eroico di lui, per giunta, e lui non sentiva niente. Sentì vagamente Max domandare dove fosse Isabelle, ma non ci prestò molta attenzione. Voleva soltanto uscire da lì il prima possibile. Altrimenti credeva che sarebbe soffocato. Prese appunto mentale di non andare mai più a nessuna festa di Magnus. Nessuna aveva buon esito, e non aveva certo voglia di morire di nuovo a causa sua. Sperando che nessuno lo notasse, preoccupati com'erano, si diresse silenziosamente verso l'entrata, uscendo il più in fretta possibile. Sospirò di nuovo, sperando di trovare il motivo di tanto distacco. Sperando di capire perché non riusciva a sentire niente. Forse stava così male che non voleva sentire niente, voleva soltanto sotterrare i suoi sentimenti. Forse...

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