Too dark to care ~ pt.5

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Isabelle era rimasta chiusa nella sua stanza tutto il giorno. Nessuno aveva cercato di andare a parlarle, e lei ne era stata ben felice. Erano tutti troppo occupati a preoccuparsi di Jace per preoccuparsi di lei. Non che le dispiacesse. Anzi, aveva quasi benedetto il biondo per essersi fatto ferire da quel demone. Almeno aveva potuto stare nella sua stanza a sbollire la rabbia. Non che ci fosse riuscita, effettivamente. Questa volta Alec aveva passato il segno. Avrebbe dovuto ribellarsi e andarsene, forse per sempre, ma lui aveva fatto il nome di Max, ed era crollata. Poteva accettare di deludere sua madre e suo padre, ma non di certo il suo fratellino. Così aveva scritto a Raphael quel messaggio. Non si era mai sentita tanto in colpa come in quel momento. Appena Alec l'aveva lasciata andare, era corsa nella sua stanza e si era buttata sul letto, singhiozzando. Le mancava la presenza del vampiro, le mancava essere consolata da lui. Ora stava seduta vicino alla finestra, guardando fuori con sguardo assente. Stava pensando a quanto era stata stronza. Così Raphael avrebbe avuto la conferma di una cosa sbagliata: che lei l'aveva solo usato. Perché non era vero. Lo amava davvero tanto. Se avesse potuto, avrebbe preso lui come suo parabatai. Avrebbe tanto voluto fosse possibile, così nessuno avrebbe più potuto nemmeno provare a separarli. Non ci sarebbe riuscito. E poi, quello che diceva Alec era ridicolo. Lui era ridicolo. Perché tutti avevano il diritto di stare insieme a una Nascosto, mentre per lei era diverso? Mentre per lei era "pericoloso"? Non era una bambina. O una Mondana. Sapeva difendersi da sola. Ma suo fratello continuava a cercare di proteggerla, senza capire che lei non ne aveva bisogno. Alec doveva già proteggere l'Istituto, lei poteva cavarsela da sola. Eppure lui insisteva. Diceva che lei non poteva capire, non davvero. Che era ora di crescere. Lei gli aveva urlato che era lui a dover crescere, e a liberarsi di tutti i pregiudizi che aveva verso i Nascosti. I Nascosti tranne Magnus. Perché Magnus era diverso. Certo, come no. E anche Simon. Forse gli Shadowhunters avrebbero dovuto rendersi conto che i Nascosti non erano solo cattivi e pericolosi. Erano come tutti i normali esseri umani, a parte qualche piccolo dettaglio. C'erano Nascosti che facevano cose crudeli, ma c'erano anche quelli che facevano cosa buone. E le persone normali non erano sempre cattive o sempre buone. Non ci poteva essere una distinzione precisa, non si potevano separare le persone cattive da quelle buone. A volte persone buone erano costrette a fare cose cattive, per sopravvivere. E viceversa. Ma questo era un concetto troppo difficile da capire per i Nephilim. Ma se l'aveva capito lei potevano capirlo tutti. Osservava le luci della città oltre la finestra. Si era ormai fatta sera. Non era tardissimo, ma era praticamente inverno, il sole tramontava presto. Si domandò cosa stesse facendo Raphael in quel momento. Si domandò se avesse letto il messaggio che gli aveva scritto dopo, in piena notte, corrosa dai sensi di colpa. Si chiese se avesse capito che non avrebbe voluto dirgli quelle cose, che era stata costretta. Sospirò, appoggiando la fronte sul vetro freddo della finestra. Avrebbe dato di tutto pur di poter parlare con qualcuno, ma non aveva idea di chi quel qualcuno potesse essere. Non aveva intenzione di parlare con Alec, con Clary. Avrebbe tanto voluto potesse essere Raphael. Ma non poteva essere così. Si alzò in piedi e si guardò attorno, osservando tutta la stanza. Lo sguardo le cadde sulla torta al cioccolato, abbandonata sulla scrivania ad un lato della stanza. Sapeva che era ancora presto, ma lei era l'unica persona con cui si sentiva di parlare. E poi, doveva ancora farsi perdonare. Se avesse aspettato ancora un po', non ci sarebbe stato verso, lo sapeva. Fece un salto nella cucina dell'Istituto, riuscendo a trafugare un coltello e un paio di piatti. Poi, tornò nella sua stanza, prese la torta e si avviò verso la sua meta, sperando che nessuno la vedesse. Ma probabilmente erano tutti rinchiusi in Infermeria, quindi non sarebbe stato un problema. Raggiunse quella che sperava fosse la stanza di Lydia, e bussò piano, sentendosi all'improvviso poco coraggiosa. Sentiva il battito del suo cuore rimbombarle nelle orecchie. Non sapeva perché si sentisse così agitata. Forse perché sapeva di essere stata una stronza, e aveva paura che la giovane Branwell non l'avrebbe perdonata. Certo, non era sembrata molto arrabbiata quando le aveva parlato, la mattina precedente, anzi, era stata gentile a informarla di quello che era successo a Jace, pur avendolo fatto in un modo piuttosto brusco. E poi, Isabelle non riusciva a togliersi dalla testa il suo sorriso quando era arrivata Margot. Era certa di non averla mai vista sorridere così. Vedere il suo viso illuminarsi l'aveva scaldata dentro. Lydia cercava sempre di comportarsi in modo freddo, eppure era tornata all'Istituto, anche dopo essere stata ferita da quel demone che li aveva attaccati, aveva deciso di essere migliore, anche dopo tutto quello che era successo, aveva lasciato che Alec seguisse il suo cuore, che facesse la cosa giusta, anzi, lo aveva incoraggiato. Vedere come era stata felice all'arrivo della sua sorellina, aveva solo confermato le cose. Cercava di non mostrare troppo i suoi sentimenti, dopo quello che le era successo, cercava di fare ciò che andava fatto, e non di seguire il suo impulsivo cuore. La porta si aprì e Isabelle si ritrovò davanti una Lydia ancora vestita di tutto punto, anche se ormai cominciava a farsi tardi. Il viso della bionda sembrò illuminarsi quando la vide. Alla giovane Lightwood si scaldò di nuovo il cuore, vedendo quanto potesse essere dolce quella ragazza. La invitò subito ad entrare, senza nemmeno pensarci. Forse, ottenere il suo perdono non sarebbe stato così difficile, dopotutto.

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