Capitolo 36

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Un sorriso pallido sbocciò su un volto marmoreo e freddo come il ghiaccio.

<<Tu… uccidere me?>> Domandò l’uomo di mezza età, che spostò piano il mantello nero che gli copriva le spalle per poter portarsi la mano al volto e malcelare una risata di scherno verso il figlio, che lo osservava dal basso con i capelli bruni sul volto. <<Beh, non posso far altro che lasciarti provare… come ultimo regalo di addio, mio caro ed ingenuo figliolo>> Concluse aprendo con gesto teatrale le braccia e dipanando i resti di fumo rimasti dalla sua entrata e liberando contemporaneamente il mezzosangue dalle sue catene arrugginite e magiche.

Lucas sbattè piano le palpebre, incredulo, mentre fuoco scorreva nelle sue vene, facendogli digrignare i denti con rabbia e spiccare un balzo spiegando le grandi ali grigie.

<<Pagherai con la vita lo stolto gesto di avermi sopravvalutato.>> Sibilò tuffandosi in picchiata come un falco sulla sua preda.

Le luci tremolanti provenienti dalle candele violette sostenute da sontuosi candelabri d’oro che si trovavano su un mobile di antica fattura della camera fredda ma lussuosa gettavano ombre inquietanti e tristi sul faccino pallido di un bambino che se ne stava seduto con i piedi a penzoloni sul largo letto matrimoniale che era situato al centro della stanza.

<<Padroncino>>

Una voce atona e priva di qualsiasi sfumatura interruppe il religioso silenzio che incombeva su tutto l’ambiente, facendo voltare di scatto il povero bimbo, che sembrava sospeso tra due mondi, sconosciuti al giovane servitore che lo aspettava a capo chino sull'uscio della porta, semi aperta.

<<L’insegnante di arti belliche è arrivato… la sta aspettando nella solita aula>>

Alle ultime tre parole il ragazzino, di al massimo nove anni, si riscosse con un fremito, aprendo lievemente la boccuccia rosata e tentando di dire qualche parola, forse per protesta, ma che venne soffocata subito dal ferreo autocontrollo che in quella magione tutti cercavano di inculcargli, con le buone o con le cattive maniere.

<<Arrivo subito Richmond>> Sussurrò invece, spostando lo sguardo sul tappeto pregiato che si trovava sul pavimento di quella che dopo nove anni della sua misera e fredda vita si ritrovava a chiamare camera da letto. <<Di al maestro di… aspettare ad iniziare la lezione pratica>> Aggiunse come se ci fosse qualcun altro a dover subire le torture che il demone, letteralmente, gli sottoponeva per “temprare mente e spirito” e magari ammazzarlo, finalmente, aggiungeva lui nella sua mente, unico luogo dove poteva rifugiarsi durante le lezioni formative a cui era costretto a partecipare per ordine di quello che era l’unico genitore che avesse mai avuto, e per il quale, nonostante tutto, provava ancora un minimo di affetto.

I lunghi corridoi che si snodavano come serpenti per tutta l’enorme villa erano per il bimbo l’unico posto in cui non si sentiva gli occhi addosso, l’unico posto in cui poteva camminare in santa pace ed ascoltare la voce del silenzio che amava tanto, e quella sera, o pomeriggio non gli era ancora chiaro come distinguere le ore con quel sole rosso, non faceva eccezione.

Le sue manine pallide erano a malapena in grado di coprire metà di una delle grosse pietre che componevano i solidi muri del castello antico, e il freddo materiale era bitorzoluto e freddo, permettendo al piccolo di passare le sottili dita ornate solo da un anello argento in cui era incastonato un grosso smeraldo e riconoscerne ogni minimo particolare ad occhi chiusi grazie alla sua fantastica memoria.

<<Padroncino>>

Un’unica parola, pronunciata a fatica e con voce rauca fece sobbalzare il piccolo nobile, che si ritrovò a guardare con occhi sgranati e colpevoli il vecchio maggiordomo piegato su se stesso ed ingobbito da lunghi anni di servizio.

Bloody Tears {In Revisione}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora