Capitolo 12: 5 Aprile 1993

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La pazienza era ormai una virtù che Maya aveva imparato a fare sua, ma nonostante questo, l'inverno era trascorso come una lunghissima attesa. La scuola, le lezioni di tennis, le uscite con gli amici. Era tutto una routine esasperata, un susseguirsi di abitudini e persone, una vita passata ad attendere quelle due sole settimane ogni anno. Capiva che stava sciupando gli anni più belli e spensierati e che non era giusto smettere di vivere e mettere la sua felicità in stand-by per poi riavviarla ogni anno il 5 Aprile. Ma non poteva far altro, non riusciva a dimenticarlo.

Non che non ci avesse provato. Per un paio di mesi aveva frequentato un ragazzo, Andrea, un suo caro amico, premuroso e divertente, ma nulla era nato in lei. Non c'era la scintilla, non c'erano le farfalle nello stomaco, non c'era la complicità che ritrovava in Pietro.

Quante volte gli aveva scritto lunghe lettere che non aveva mai avuto il coraggio di inviare. A che pro poi? Per ritrovarsi a controllare ossessivamente la posta ogni mattina? Non faceva altro che pensare a lui, a cosa stesse facendo, a chi stesse sorridendo, a quali labbra stesse baciando. Sicuramente quelle di Maria. Lui l'estate precedente aveva evitato di parlarne, ma Maya era sicura che stessero ancora insieme. Ma non voleva chiedere, non voleva rovinare con la gelosia quel poco tempo che avevano a disposizione. E poi lui era stato chiaro, nessuna domanda, nessuna recriminazione perché non aveva intenzione di mettere in stop la sua vita, come invece forse, lei aveva fatto.

I minuti erano sembrati ore, le ore giornate, le giornate settimane, ma ora finalmente era qui, nella sua camera d'albergo ad aspettarlo. Inevitabilmente felice.

Dopo aver camminato insistentemente davanti alla reception per un quarto d'ora, preoccupata dal non averlo ancora visto, finalmente sentì un leggero tocco sulla spalla:

"Maya ben tornata, cerchi forse qualcuno?"

"Ciao Matteo! Beh in effetti..." Maya arrossì, evidentemente delusa dal trovarsi di fronte il fratello sbagliato.

"Immagino che il suo treno sia in ritardo, ma tranquilla a momenti dovrebbe arrivare."

"Grazie!" E con il sorriso sulle labbra ed il cuore più leggero, Maya corse in camera a sistemarsi.

Erano trascorsi venti minuti e di lui ancora nessuna traccia. La speranza e la ragione stavano cedendo il passo alla paura: d'altronde non stava scritto da nessuna parte che lui la stesse ancora aspettando. Accaldata ed ormai al limite della pazienza si incamminò in spiaggia, là in quello che ormai era diventato il loro angolo. Lo avrebbe aspettato lì, se lui teneva a lei, avrebbe saputo dove cercarla.

Un'ora dopo erano stretti in un lunghissimo abbraccio, accoccolati in riva, mentre l'acqua cristallina lambiva i loro piedi.

"E così ora vai all'Università." Maya lo guardava adorante, mentre giocava con una ciocca di capelli.

"Già, ho scelto letteratura inglese. Shakespeare, Byron, Dickens. Non mi servirà a molto per mandare avanti un posto come questo, ma non trovo nulla di più divertente, a parte te," sorrise depositandole un casto bacio sulle labbra "del dover leggere dei libri così interessanti ed affascinanti per passare gli esami. Studiare non mi è mai piaciuto tanto. Certo, ci sono anche alcuni esami noiosi, ma ti immagini dover affrontare economia e commercio o qualcosa del genere? Che noia pazzesca. Ma devo impegnarmi al massimo, ho grandi progetti per il prossimo semestre: Erasmus negli States, più precisamente punto alla New York University. Le Università messicane non brillano particolarmente per la preparazione che ti danno, i professori non sono il massimo, le lezioni poco coinvolgenti e delle strutture poi, meglio non parlare. Il tutto è un'ottima scusa per muovermi da qui e provare ad affrontare un'esperienza meravigliosa. New York, ci pensi?"

"Penso soprattutto alle tante ragazze che conoscerai..." Maya si sentiva inadeguata, come poteva, un ragazzo con tali obiettivi, sprecare del tempo con lei?

"Maya, per favore, sai che in questi giorni esistiamo solo noi e non voglio parlare di nessun altro. Quello che accade nel resto dell'anno abbiamo deciso di lasciarlo fuori..."

"Tu lo avrai deciso io ho solo accettato senza poter replicare..." pensò sconsolata senza aver il coraggio di dar voce ai suoi pensieri. Ma un attimo dopo scacciò la malinconia, meglio non pensarci, meglio non sprecare tempo ed energie. "Sono sempre voluta andare a New York, sai? Ma dal momento che toglierebbe dei giorni a noi due ho sempre rifiutato quando i miei me lo hanno proposto. Magari il prossimo anno potrei venire a trovarti e poi verremmo qui insieme. Sarebbe bello, soprattutto se convincessi papà a mandarmi da sola."

"Da sola a New York? Non ti lasceranno mai! Mi sembra una richiesta un po' esagerata, non trovi?"

"Perché? Non sarei proprio sola, ci saresti tu!" continuò Maya facendogli l'occhiolino.

"Appunto. Non credo che i tuoi impazzirebbero dalla gioia al pensiero..."

"Già, probabilmente hai ragione, non mi lasceranno mai." Sospirò delusa, lanciando uno sguardo all'orizzonte dove il sole, prossimo a tramontare, iniziava a creare una sottile linea arancione. "E dopo l'Università? Da quanto hai detto sembri intenzionato ad aiutare i tuoi qui."

"Può essere. Non mi dispiacerebbe, un giorno, arrivare a gestire un albergo tutto mio."

"Anche da un'altra parte? Sai, io abito in una zona turistica..."

"Chissà, perché no, un giorno." E con lunghissimo bacio suggellò quel patto d'amore.

Baci, abbracci, coccole in riva al mare. Le prime uscite serali fuori dall'albero, una cena al ristorante, poi in un locale a ballare. Insomma, i primi veri appuntamenti per loro. E poi una meravigliosa gita giornaliera in barca, escursioni nei cenotes, shopping in città. Per una volta potevano vantarsi di essere una vera coppia, tutto procedeva a meraviglia, Pietro aveva lasciato casa, università e lavoro da barman a Città del Messico e poteva dedicare ogni momento a lei. Tanto più che la partenza aveva finalmente dato a Pietro il coraggio di lasciare definitivamente Maria.

Certo, non si era comportato bene con lei, purtroppo ne era consapevole. Così come sapeva che quella ragazza timida e con gli occhi grandi e scuri non lo meritava. La vita l'aveva già messa a dura prova e lui, un po' per codardia, un po' per convenienza, aveva mandato avanti per anni quello che avanti non sarebbe dovuto andare per più di qualche settimana. Sin dal loro primo incontro fu palese come la gemellina del suo caro amico si fosse presa una cotta per lui, ma la sua timidezza bloccava ogni avance. Fu Pietro a farsi avanti. Quella sera, in mezzo alla tempesta, un po' per gioco, un po' per noia, decise di baciarla e così iniziò una storia che, tra alti e bassi, si prolungò per tre anni. Tre anni nei quali lei non fu mai davvero felice, era troppo innamorata per non scorgere, nei rapidi sguardi che il suo ragazzo rubava a quella vacanziera italiana, l'amore che lui non tradiva verso di lei.

La rottura fu lunga e complicata, Pietro non riusciva a dare un taglio netto, sapeva che la famiglia di Maria aveva mille problemi economici, i nonni le erano mancati da poco e i nipoti si erano ritrovati obbligati a lasciare definitivamente gli studi: ormai per loro il lavoro part-time non bastava più. E Pietro si sentiva in colpa, in colpa verso Maria, per non essere mai stato in grado di amarla, in colpa verso Artur, per non essersi preso cura a dovere della sorella, in colpa verso la loro famiglia, per non averli aiutati abbastanza. Ma, sebbene avesse voluto amarla con tutte le sue forze non ne fu mai in grado e così, approfittando del trasferimento a Città del Messico, finalmente riuscì a troncare quel rapporto senza vita. E comprese che, finalmente il suo cuore era pronto per aspettare Maya e che, fino ad allora, non avrebbe iniziato più niente di serio con nessun'altra ragazza.

Inutile dire quanta felicità inebriasse le giornate di Maya. Così come l'anno precedente aveva intuito che Maria era ancora presente, quest'anno aveva capito come non lo fosse più.
Non l'avrebbero più svegliata gli incubi in cui lo vedeva tra le sue braccia, non avrebbe più dovuto disprezzare la ragazza con quegli occhi così grandi, ma forse anche un po' tristi. Non sarebbe più stata gelosa di quello che il suo Pietro provava per lei. Questo non significava che non ci sarebbero state altre ragazze, sicuramente Pietro, bello come il sole, avrebbe avuto la fila alla porta, ma sarebbero state meno concrete, ombre senza volto alle quali non dare nemmeno un nome. Maya non avrebbe saputo e, in cuor suo sperava che ne avrebbe sofferto, forse, un po' meno.

Tutto rose e fiori, fino a che, come un giudice spietato portatore di condanne, giunse il 19 Aprile e di quella data i due ragazzi ricordarono solo le copiose lacrime ed i singhiozzi di lei.

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