Capitolo 11: 5 Aprile 1992 - Parte seconda

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"Pietro caro, guarda che se continui ad osservare l'orologio i minuti non scorreranno più in fretta! Anzi, percepirai il tempo come qualcosa di tremendamente lento, avrai l'impressione che le lancette smettano di girare e che, burlandosi di te, inizino a scorrere al contrario!"

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, costernato dall'atteggiamento sarcastico della madre. "Mamma per favore, piantala di prendermi in giro. Non sto fissando l'orologio!"

"Come no?!" Rispose Giovanna ridendo e lisciandosi con le mani la gonna con fantasia etnica. "E' da stamattina che non fai altro! Non sei nemmeno voluto andare a scuola fingendo di stare poco bene. Un ragazzo studioso come te! Da non crederci, nemmeno arrivasse il Papa in persona. Ah, l'amore! Anche io e tuo padre un tempo eravamo così." Ed iniziò a canticchiare un motivetto romantico.

"Mamma per favore, basta dire stupidaggini. Sai che Maya è solo un'amica."

"Mi piace l'effetto che quella ragazzina ha su di te. Magari dovremmo rapirla per non farla ripartire. Mi spiace solo per Maria, quella ragazza ha già sofferto tanto nella sua vita."

Questa volta bastò un'occhiata gelida del figlio per zittire Giovanna che, ridendo, decise fosse meglio lasciarlo a contare, da solo, i secondi che avanzavano.

Pietro odiava questi momenti in cui si sentiva così diverso dal resto della famiglia. Socievoli, aperti al mondo e alla confusione, non concepivano il modo di vivere del secondogenito, ragazzo serio e riflessivo che sarebbe stato il pupillo di ogni madre meno stravagante della sua. I sui genitori invece guardavano con preoccupazione l'ansia e il senso del dovere che spesso attanagliavano il figlio, che dal canto suo, non si sentiva capito e apprezzato. Ma ora non aveva tempo per perdersi dietro a questi pensieri, ora la sua testa puntava dritto a lei.

Stufo di aspettare all'ingresso, s'incamminò verso il mare, ripercorrendo mentalmente i passi della giornata: questa volta Maya aveva una camera tutta per se' e lui l'avrebbe stupita. Impaziente come non mai guardò nuovamente l'orologio. "Ormai dovrebbe essere qui, speriamo che l'aereo non abbia accumulato minuti di ritardo." Accucciandosi, diede un pezzo di pane a Trilli, il cucciolo di orsetto lavatore che gironzolava nel loro albergo e quando si rialzò finalmente la vide. All'improvviso gli sembrò che il cuore riprendesse a battere e che i polmoni potessero respirare ossigeno dopo tanto.

Eccola. I capelli più lunghi le stavano divinamente. Aveva il viso arrossato, probabilmente per il brusco cambio di clima che aveva appena affrontato ed un vestitino corto che, complice l'umidità del luogo, aderiva perfettamente al suo corpo indiscutibilmente fiorito rispetto agli anni precedenti. Non c'erano dubbi, il seno che si intravedeva dalla scollatura, i fianchi morbidi, lo sguardo più intenso e magnetico. Maya era indubbiamente cresciuta, il suo corpo si stava trasformando in quello di una donna. Pietro si riprese dallo shock e subito si nascose per non farsi vedere. Le aveva preparato una sorpresa ed aveva intenzione di realizzarla.

Maya non stava più nella pelle all'idea di rivederlo e fremeva per correre a cercarlo, ma aveva promesso che si sarebbe occupata della sua stanza e mentre stava sistemando l'armadio, lanciando alla rinfusa i costumi nel cassetto, sentì bussare alla porta.

"Avanti!" disse cercando di ricordare come si pronunciasse la parola in spagnolo, quando un attimo dopo una voce, la sua voce.

"Che lusso quest'anno. Una camera tutta per te!" e il gioioso sorriso di Pietro emerse dietro un enorme mazzo di fiori. "Quest'anno ho deciso di optare per il servizio in camera, spero ti piacciano." Continuò porgendo il profumato mazzo di girasoli ad una attonita Maya.

Era un anno che entrambi fantasticavano sul loro incontro, sui loro sguardi complici e perché no, sul loro tanto sospirato primo bacio, ma ora che finalmente si trovavano l'uno di fronte all'altra, la timidezza e l'imbarazzo presero il sopravvento e due paia di occhi sognanti rimasero a scrutarsi nel silenzio.

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