Capitolo 2: 29 Marzo 2010

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"Maya tesoro, mi stai prendendo in giro, vero?"
Paola, bianca per lo stupore, continuava sbigottita a fissare la figlia, mentre la sua mano tremolante si allungava per accertarsi della presenza di una sedia dietro di lei (non si sa mai, il suo cuore avrebbe potuto non reggere ad una bomba sganciata così all'improvviso). Nonostante fosse abituata ai suoi colpi di testa, questo le sembrava decisamente troppo da digerire. "No, no, non può dire sul serio, non può veramente essersi sposata." Non quando l'aveva vista meno di un mese prima partire per la Spagna single e fiera di esserlo. Sicuramente stava scherzando e quell'anello che portava al dito con tanta disinvoltura era indubbiamente parte della messa in scena. Sospirò, ancora indecisa se doversi preoccupare sul serio o se credere ad uno stupido scherzo (perché di scherzo doveva necessariamente trattarsi).
«Scusa, proprio non capisco. Cosa sarebbe questa storia del matrimonio?»
«Sarebbe che ora, guarda, ho la fede al dito! Non è incredibile? Lo so che credevi che non l'avrei mai fatto, lo credevo anche io, ma lui!» Maya iniziò a riversare sulla madre un fiume di parole, come ogni qual volta che il nervosismo si impossessava di lei. «Mamma, lui è meraviglioso! È andato a prendere dello champagne per brindare, ma tra poco sarà qui, così finalmente lo conoscerai! Mio marito, mamma ci pensi!»
Incredibile questa storia ed incredibile la semplicità e la felicità con cui Maya le stava parlando. Possibile che non capisse l'assurdità e la gravità di tutta questa faccenda?
Paola esasperata si lasciò cadere sulla  sedia. Era davvero troppo perché forse, dopo tutto, non si trattava di uno scherzo come invece si auspicava.
«Tesoro, che so, ma non potevate fidanzarvi o andare a convivere... Non credi di avere un tantino esagerato? Addirittura sposarti! Un matrimonio è una cosa seria, non è un vestito che se non ti piace più puoi gettare per prenderne uno nuovo. Dovrai convivere con un'altra persona, farti andare bene i suoi difetti, adattarti alle sue abitudini, armarti di una pazienza che ancora non hai maturato, condividere tutto, dai tuoi viaggi all'ultima fatta di torta. Non stai parlando di un tenero cucciolo che mi puoi affibbiare alla prossima partenza, ma di qualcuno che influenzerà ogni scelta della tua vita, che avrà il diritto di chiederti di non partire ogni volta, che dovrai sopportare e supportare per sempre! Da quanto lo conosci? Cosa sai di lui per aver intrapreso un percorso del genere?»
Poi tutto ad un tratto a Paola sembrò accendersi una lampadina. «Non sarai mica incinta? Oh mio Dio sei incinta!»
«Frena mamma, frena! Non sono incinta! Sono solo innamorata! Totalmente e pazzamente innamorata! Non essere in ansia, devi solo essere felice come lo sono io. Tra poco lo conoscerai e vedrai, capirai subito che ho fatto la scelta giusta.»
E mentre iniziò a raccontare del loro incontro i suoi occhi iniziarono a brillare.

Maya aveva conosciuto Juan il giorno stesso in cui era atterrata a Barcellona. Adorava l'atmosfera di quella città: gotica, tetra e allo stesso tempo caotica, colorata e meravigliosamente divertente. Non bella e romantica come Parigi, non rivoluzionaria come Las Vegas, non all'avanguardia e alla stesso tempo tradizionalista come Tokyo e non impregnata di storia come Roma, ma quell'altalenarsi di emozioni, di sensazioni che quella città sapeva risvegliare in lei difficilmente riusciva a percepirle in altre parti del mondo. Come ogni volta che poggiava piede a terra era elettrizzata, il volo era andato a meraviglia e ad attenderla c'era il solito boutique hotel prenotato dietro la Rambla, nel Barrio Gotico, la zona della città che preferiva. Giusto il tempo di sistemare i bagagli in quella minuscola, ma graziosa stanza d'albergo, di farsi una rapida doccia che le lavasse via gli odori dell'aeroporto e Maya stava già girovagando per la città, con la sua fedele Canon al collo. Fu allora che i suoi occhi incrociarono quelli di lui. Viso interessante, capelli neri raccolti in una coda, sorriso luminoso, occhi chiarissimo e uno sguardo penetrante e tanto intenso da aver la capacità di far sciogliere un ghiacciaio. Conosceva il tipo, il classico bello e dannato che ogni tanto le piaceva frequentare senza, ovviamente, implicazioni.
Ma questa volta l'amore ci mise lo zampino: a Maya bastarono poche parole nel suo, per fortuna, perfetto spagnolo, due birre davanti ad un piatto di tapas in un piccolo locale del centro e, contrariamente da ogni previsione, fu subito colpo di fulmine.
Maya credeva nel destino e credeva nel colpo di fulmine. D'altronde era così che si era innamorata la prima e, almeno fino Juan, ultima volta. Ma questo è successo tanto tempo fa, quando ancora voleva fare l'astronauta.

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