Return ||One Shot||

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Il vento era gelido e forte. Le onde del mare si alzavano senza sosta, sollevando la nave e riportandola giù con ferocia. Tutto l'equipaggio tentava disperatamente di rimanere a bordo, cercando un appiglio che sarebbe potuto essere la via della salvezza.
Il primo ufficiale John Watson si teneva con entrambe le mani alla ringhiera di legno, resa terribilmente scivolosa dagli schizzi d'acqua marina e dalla pioggia. Come se non bastasse, erano stati presi d'assalto dall'equipaggio di un'altra nave, composto da uomini sorprendentemente abili, che aveva cominciato a fare razzia di viveri, armi e uomini.

Con enorme stupore di John, l'equipaggio nemico non sembrava vedere la tempesta come una minaccia. Avanzavano inesorabili, fronteggiando chiunque in un duello a colpi di fioretto. John si trovò nella stessa situazione di altri suoi compagni tormentati dalla sorte. Quando un uomo dall'aspetto feroce si piazzò davanti a lui, con il fioretto sguainato, scelse di battersi. L'alternativa era farsi trascinare di peso sulla nave nemica, e John non aveva intenzione di salirci senza aver dimostrato il suo valore.
Staccò con molta difficoltà una mano dalla ringhiera, e tirò fuori il fioretto dalla fondina. Il vento si era alzato, e John riusciva a malapena a vedere la sua mano, a causa delle goccie d'acqua che gli sfrecciavano sul viso.

Avanzò, per quanto possibile verso il suo avversario, lanciandosi in affondi, stoccate e parate. Ora si era staccato con entrambe le mani dalla ringhiera e tentava di rimanere a bordo con il solo aiuto dei piedi. Si sentiva sicuro di sé, nonostante tutto giocasse a suo svantaggio. Era per questo che John veniva apprezzato dagli uomini della nave; la sua determinazione e la sua sicurezza non avevano eguali.

John si era appena convinto di poter battere l'avversario, quando qualcosa lo distrasse. Fra gli schizzi e il vento, scorse una sagoma scura che si stagliava sullo sfondo della tempesta. Era la figura di un uomo alto e atletico, con una giacca lunga e svolazzante. I capelli ricci e folti venivano disordinati dal vento.
A John, quella figura parve troppo familiare.

"Possibile che sia..."

Ma i suoi pensieri vennero interrotti da un dolore acuto e insopportabile che gli aveva attraversato la spalla sinistra. Il suo avversario gli aveva affondato il fioretto nella spalla, bucandola da parte a parte.
L'unica cosa che John riuscì a fare fu urlare. Il dolore gli annebbiava la vista e mentre l'avversario sfilava la spada dalla sua pelle, si accasciò a terra. Era sul punto di perdere i sensi, quando l'uomo lo afferrò da dietro e lo spinse verso la passerella che era stata precariamente posizionata come collegamento tra le due navi. La spalla continuava a sanguinare e il dolore lo intorpidiva. Se non fosse stato per l'uomo che lo guidava da dietro, John sarebbe senz'altro caduto in mare.
Quando arrivò sulla nave nemica, la gambe gli cedettero. Si ritrovò improvvisamente a terra, a guardare il cielo nuvoloso con la vista annebbiata. Fu quando vide un paio di occhi azzurri che perse completamente i sensi e i ricordi cominciarono a raffiorare.

--

Era una notte fredda e il mare era agitato. John correva per i ponti legnosi della nave, con uno sguardo di grande preoccupazione e la paura che cresceva nel suo petto.

-Sherlock!- chiamò. Il capitano si voltò subito verso di lui, squadrandolo con i suoi occhi chiari ed intelligenti.

-Cosa succede, John?-
John dovette respirare a fondo, prima di cominciare a parlare.

-È lui. La sua nave si sta avvicinando-.
Un lampo attraversò gli occhi di Sherlock e i suoi lineamenti duri si tesero.

-Di certo non è venuto in pace. Sarà una notte dura, John. Puoi starne certo-. Mormorò gravemente il capitano, prima di fiondarsi sul pontile e dare l'allarme. Non troppo distante, si poteva benissimo scorgere la sagoma di una nave. Sherlock si allacciò attorno alla vita, la cintura con il fioretto e si sistemò con uno strattone la lunga giacca scura.

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