Capitolo Ventunesimo.

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Venti ore.
Venti fottute ore per arrivare a Parigi. In autobus perché la scuola deve risparmiare anche quel minimo, a costo di far perdere una giornata intera di gita.
Siamo partiti alle 5 di mattina, ora è già notte nuovamente, e sono sfinita. Il sedere mi sembra squadrato come un mattone, il sonno mi rende difficile non avere allucinazioni e c'è gente che da quando siamo partiti non ha mai smesso di sghignazzare per un secondo.
"Melissa, siamo arrivati" Calum mi accarezza dolcemente la testa che ho posato sulle sue gambe, pensando stia dormendo, ma in realtà tengo gli occhi chiusi e cerco di tranquillizzarmi perché potrei ammazzare qualcuno, tipo le tre famose oche che abbiamo davanti, alle quali Dio ha creato la bocca solo per parlare a vanvera.
Mi alzo emettendo lamenti mentre cerco di allungare le articolazioni più che posso, visto che tra poco non ho nemmeno lo spazio di respirare. Sorrido a Calum che mi lascia un bacio semplice sulla fronte e mi guardo un po' intorno, notando una grande insegna a led, La Maison. Siamo finalmente arrivati all'hotel ed io non vedo l'ora di riposare tranquilla, questo viaggio è stato davvero snervante.
Recuperato il mio bagaglio, che è davvero troppo pesante, mi dirigo trascinandolo a fatica dentro l'edificio e quando intravedo Tayla tra le altre teste, mi avvicino subito a lei iniziando a esultare visto che saremo solo io e lei in camera.
"Che fine hai fatto per tutto il viaggio?" le chiedo lasciandole un'occhiata furba, che lei sa intendere prontamente.
"Ho dormito e ho ascoltato la musica, non pensare sempre male, idiota!" mi lascia una piccola pacca dietro la testa, e io sorrido abbracciandola.
Appena mettiamo piede nella nostra piccola stanza, la pace regna e mi butto senza pensarci neanche per un instante nel letto matrimoniale, seguita dalla mia amica. Le pareti sono bianche e i mobili variano tra il beige e il marroncino chiaro. Il copriletto è rosa cipria e le tende sono dello stesso colore. Vi è una piccola terrazza che si affaccia sul retro dove vi è una piscina di dimensioni non eccessive, a forma esagonale, dove alcuni ragazzi siedono attorno sugli sdraio e chiacchierano fumando una sigaretta.
"Mi ci voleva proprio, è stata un'agonia" sorrido trionfante respirando un po' di aria fresca.
"Io direi di lasciare tutto com'è e di riposare subito, domani la sveglia è alle sette" guardo Tayla e annuisco alla sua idea.
"Mi metto il pigiama, lavo i denti e arrivo. Sarà una lunga nottata di riposo, e spero per te che non russi, sennò ti caccio!" ridiamo insime prima di preparare tutto e darci la buonanotte.

Il giorno seguente siamo in marcia verso il Louvre, Luke cammina al mio fianco mentre parla con Tayla delle sue origini australiane e di come il suo sogno sarebbe di trasferirsi, appunto, nel suo paese di origine. Calum mi tiene la mano e cammina guardandosi attorno, meravigliato dall'enorme struttura a piramide che abbiamo davanti.
"E delle tue origini cinesi non ci racconti niente, Calum?" Tayla lo guarda trattenendo una risata, portando la mano davanti alla bocca. Il moro la guarda male scuotendo la testa e arrendendosi.
Luke in quell'istante si avvicina a me sussurrando un "Ma davvero Calum è made in Cina?" e io scoppio a ridere tirandogli un pugno scherzoso sul braccio.
"Idiota, lo prendiamo sempre in giro perché tutti lo scambiano per un cinese, in realtà sua mamma è Neozelandese. Ormai ci ha fatto l'abitudine" alzo le spalle involontariamente.
"Hei Calum!" Luke attira la sua attenzione "abbiamo qualcosa in comune!" e sorride entusiasta.
Io mi sbatto una mano sulla faccia e alla faccia perplessa di Calum gli dico di lasciar perdere, mentre continuiamo la visita del museo.
"Ma che ho detto di male?" Luke solleva le spalle guardandomi come un cucciolo indifeso. Mi viene voglia di abbracciarlo.
"Niente scemo" lascio la presa dalla mano di Calum e salto addosso al mio migliore amico.
"Mi sento in colpa per averti lasciato solo in corriera" gli confesso mentre lo stringo in un abbraccio. È strano come le sue braccia sembrino sempre un porto sicuro in cui rifugiarmi.
"Tranquilla, Michael è stato un'ottimo compagno di viaggio, mi ha spiegato molte cose interessanti, tipo la tua figuraccia quella volta mentre camminavate per strada, quando ti ha spinta e sei caduta dentro la cabina telefonica. Avrei voluto vederti!" scoppia a ridere non riuscendo più a trattenersi. Michael gli ha raccontato cosa!? Quello me la paga, giuro che lo imbalsamo e lo uso come gnomo da giardino.
Mentre sono presa a guardare Michael in modo molto negativo, sperando che da un momento all'altro i miei occhi possano lanciare laser e incenerirlo all'istante, una mano mi afferra il poso e mi trascina a se.
"Ricordati che sei mia" Calum mi sussurra all'orecchio facendomi rabbrividire. Lo guardo negli occhi e annuisco, posandogli un bacio sulla labbra.
Il 'viaggio' all'interno del museo è stato esilarante, Calum non mi mollava un secondo e continuava a ripetermi di essere sua, e Luke ha cercato molte volte di avvicinarsi a me, senza risultati, quindi ha deciso di calarsi nelle parti di un dio greco e di imitare tutte le sculture presenti nella stanza a tema 'Grecità'. Però la cosa più idiota è stata fatta da Michael. Se vi dico che appena ha visto la Gioconda ha iniziato a gridare ai francesi che sono dei ladri, ci credete?

Crazy, stupid you and me || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora