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Tornando a casa, sento come primo particolare l'odore della mia città con il cibo di strada all'   angolo e il panettiere lungo la via. Mia madre, Marilena è molto puntigliosa è ogni domenica dopo essere stata a messa compra sempre venti rosette, che le piacciono tanto, mentre io preferisco di gran lunga il pane, che fa lievitare in casa.

L'esplosione dei sensi ogni qualvolta, che mangio quel pane, mi riporta indietro a quando ero poco più alto di un metro e mezzo e non avevo ancora tutti i denti. Mia madre dice sempre, che è il cervello a rendere possibile tutto questo è: l'ippocampo, dove si formano le connessioni neurali, i nostri sensi permettono ai neuroni di esprimere segnali, che ritornano esattamente agli stessi punti del cervello precedentemente utilizzati, cioè dove si conserva la memoria, anche chiamata più semplicemente memoria relazionale. 

Tutto questo me lo sono ricordato per il semplice fatto, che appena rientrato in casa il pane è sempre la prima cosa che vado a cercare. La mia casa è sempre un miscuglio di odori e profumi, che anche se io ricopro sempre con altrettanti deodorati o fragranze, non mi lascia mai. Sembra di stare sempre a un vecchio mercato del antiquariato, immerso in grandi banchetti di cibi orientali, il legno poi diffonde l'odore in tutte le stanze. Sono sempre a casa anche non standoci.

Vado sul balcone e accendo l'ennesima sigaretta di questa stancante giornata, mia madre non è in casa, ma si è ricordata di scrivermi un messaggio per dirmi, che, mi ha lasciato qualche soldo per mangiare fuori con gli amici. Infatti sotto le otto balconate prima di me, vedo scorgere parcheggiata la moto di Mirco, che impaziente muove le braccia per richiamare la mia attenzione.

La notte è nostra, lo sento nell'aria e non è la solita finta auto convinzione, che mi spinge a pensare andrà tutto bene, ma lo sento nell'aria, mentre il vento sfoga tutta la sua rabbia sul mio volto e io mi tengo stretto a Mirco. 

Stiamo andando forse contro, una notte di scorribande accompagnate da dissensi e brutte facce incomprese e al destino, che sembra voler giocare a nascondino con noi, che però siamo impazienti e non sappiamo aspettare. 

Finiamo quindi di contare prima, sapendo di non poter contare su nessun altro, se non le nostre menti in una stretta comunicazione intima.

Tutto questo è magico, profuma così tanto di libertà, che mi sento quasi intrappolato in un incompreso stato d'animo. La serata la passiamo in riva al mare mosso, con un paio di birre a testa e qualche grammo da scagliare in cartine lunghe quanto i nostri problemi, che però sotto quel cielo non sembrano preoccuparci. Mirco è già perso nel Nirvana, mentre cerca di aggrapparsi a un discorso, che non spenga tutto questo benestare. Lo scruto da vicino quasi imbarazzato e cerco di captare qualsiasi sua parola, sorridendo. 

Mi confida poi:

"Sai Remì, sono stanco di starmene qui, stanco di tutti questi silenzi ineccepibili tra le persone, che non si parlano più, ma si guardano e annuiscono, stanco dei telefoni e delle loro luci, dei clacson in pieno centro storico. La gente non sembra viva qui. Sembra solo vivere, mentre secondo me ci si dovrebbe sempre superare. Insomma, io trovo magnifico, che ci sia sangue a scorrere in noi e che, quest'ultimo sia caldo, come la maggior parte delle nostre emozioni. Ho riflettuto molto e io qui non ci voglio più stare, voglio andarmene lontano perché sento che, solo il cambiamento potrà modificare tutto questo."

Io ovviamente sorpreso da queste parole, sorrido e lo strattono per farlo ricredere. Tutto questo ha un fondo di verità ed è triste ammetterlo.  

REMÌ RYAN.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora