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Solita routine mattutina, mi alzo, cercando di vestirmi in maniera umana ed esco per andare a scuola, che purtroppo ricomincia proprio oggi. Aspetto sempre Mirco per accendere una sigaretta e poi salire insieme, ma oggi è in ritardo e io sono in qualche modo preso da una fretta notevole, anche se non ne ho ancora ben capito il motivo. 

Salendo le scale, incrocio il sorriso di Marietto e vengo avvolto immediatamente da un certo senso di noia e stanchezza. Entro in aula con lo zaino pendente da una sola spalla e come ogni mattina da i primi di settembre mi ripeto, quasi per auto convincermene, che questo è l'ultimo anno di quel triste e desolato inferno. Mi sistemo come al solito nel terzo banco vicino alla finestra e con rassegnazione scaravento silenziosamente lo zaino sul posto affianco, quello dove solitamente si siede Mirco. La prima ora insieme alle altre due della mattina sembra passare in fretta e la campanella dell'intervallo infatti, non tarda a suonare. In quei dieci minuti di libertà illusoria e lì, che il mio corpo, la mia mente e il mio essere si sprigiona svegliandosi è infatti l'unica occasione per andare a fumare una sigaretta nel retro della panetteria. Le scale le supero, senza nemmeno troppe difficoltà, ora non mi resta, che "sfrecciare" davanti agli occhi sempre vigili del bidello e poi il gioco è fatto. 

Una volta dietro la panetteria, sento arrivare il bolide di Mirco, che anche oggi deve non aver avuto voglia di subirsi le due ore di Pascoli. Lo vedo arrivare tutto sorridente e scattante, che rispetto a me sembra aver venticinque anni in meno. Lo fisso con sguardo di dissenso mentre aspetto, che sia lui a offrirmi una sigaretta in segno di pace per non essermi stato affianco in quelle pesantissime tre ore, un torto imperdonabile. 

Ce l'accendiamo e gustiamo veramente di tutta fretta perché la campanella di fine intervallo sta per suonare e noi dobbiamo essere in classe quanto meno due minuti in anticipo. In quarta e in quinta ora abbiamo il Professore di anatomia e particelle, appassionato in questo ultimo trimestre dalla bisezione delle rane e dallo studio delle loro cellule. 

Salendo le innumerevoli scale prima del laboratorio, Mirco mi lancia una gomma da masticare e mi supera di tutta fretta. 

Le due ore di anatomia sono come al solito un modo per annoiarsi e nello stesso tempo un modo per organizzare il pomeriggio. La lezione continua imperterrita su l'affascinate spiegazione degli organi interni e l'aula è invasa non solo da rumori di sottofondo costanti, ma da un'umidità notevole. Siamo a febbraio ed è vero, ma non posso vestirmi di prima mattina con sedici felpe è un autentico miracolo se riesco a indossarne una. 

Mentre concentro tutto me stesso su un foglio di carta e il nulla, disegno su di esso, innumerevoli volte, diverse sfere prive di ogni senso e amo follemente il rumore della mina, che si consuma. Perso non so dove, Mirco cerca di richiamare le mie attenzioni più di una volta, urtandomi e bisbigliando il mio nome in continuazione. 

Alzando il mio sguardo verso la porta vedo entrare la bidella, che insieme a lei a parte una ventata d'aria nuova, ha con se una meraviglia. 

L'insieme di mille atmosfere differenti. Capelli lunghi e raccolti tutti in un elastico, occhi verdi e lentiggini sul volto. Indosso un vestito firmato, corto al punto giusto quanto il mio fiato nel vedere tutto quel capolavoro. 

Fatte le dovute presentazioni, vedo quel angelo muoversi irrequieta tra i banchi, ma sul volto non credo mai di aver visto un sorriso così timido e bello allo stesso tempo. Porta con sé una ventata d'aria fresca e un profumo, che sa tanto di felicità e spensieratezza. Il resto della giornata l'ho passata a fissarla a dir poco molestamente, ma con gli occhi di un bambino sotto l'albero di natale e le sue mille luci. La campanella dell'ultima ora suona e mai l'avesse fatto insomma, volevo passare il resto dei miei giorni a guardare quella meraviglia. 

Tornerò a casa e già lo so, che ci penserò per tutto il giorno, ma io sono sicuro di averla già vista quella ragazza non so dove, ma ne sono sicuro. Il suo nome è Beatrice ed è qui perché il padre è un importante ambasciatore, che lavora molto e si sposta in continuazione. Finirà l'anno o quel poco che ne rimane insieme a noi. 

Nella notte non riesco a dormire o quanto meno a provarci, oggi sembra impossibile, ho quasi finito un intero pacchetto di sigarette e quei pochi grammi, che mi erano rimasti da Berlino. Ecco, ecco dove mi sono già innamorato di quegli occhi; sulla porta di casa, quando il giorno prima, avevo portato fuori la spazzatura e mi ero imbattuto in quella ragazza tutta affannata ed impacciata, che rientrava di fretta e che nel farlo mi è venuta addosso sorridendo. Si era lei ne sono sicuro, ma che ci faceva qui? 

In questa casa di disperati?  

Ieri infatti è entrata in classe con un vestito, che sicuro costava non meno di duemila euro e poi il padre è ambasciatore, cosa ci fa una così in un palazzo popolare come questo? 


REMÌ RYAN.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora