25.

98 15 2
                                    

Ci sono giorni nei quali, alzarsi dal letto è un'impresa che pochi sanno compiere, si perché lasciare il proprio letto vuole dire spogliarsi delle proprie sicurezze. Svegliarsi e affrontare il mondo confinante con la finestra è stressate, porta a una sorta d'infelicità, che ci attanaglia e toglie il respiro. Basti pensare, che quando siamo intrappolati tra le lenzuola è facile e veloce sciogliere come mille nodi i nostri pensieri, quelli brutti, quelli che ci portano ad essere tristi e pieni di desolazione. La sveglia suona e noi siamo chiamati a intraprendere la nostra esistenza per farne qualcosa di grande, tassello dopo tassello. 

La mia routine mattutina non ha mai una virgola, un qualcosa di diverso, che possa assumere un altro profumo. Quando nella mia testa anche solo per un istante passa correndo il pensiero di alzarsi lo prendo al volo. Intendo dire, che solitamente mi ritrovo a fissare il soffitto per una mole di minuti interminabile e costruisco nella mia testa una lista piena di motivi per alzarmi e iniziare a vivere, se tra questi non trovo nulla di eclatante o d'indispensabile, me ne resto a letto dormiente. 

La scuola è finita da qualche giorno e direi, che questo è indubbiamente un buon motivo per alzarsi e rendere l'estate a venire, la più bella della mia vita. Non dico per forza di cose, che deve essere piena di viaggi e di novità, ma confido esclusivamente nel suo essere piena, solo questo. Insomma, che non ci sia un giorno tra i trentacinque, che mi rimangono per essere considerata noiosa e priva di uno scopo. Qualche giorno fa infatti, ho avuto l'esame orale e in conclusione sono uscito con un 75 di cui non mi lamento assolutamente. Oggi alle 10:40, Mirco ha il suo esame e io andrò a vederlo fare un figurone pazzesco, considerando, che tra gli studenti di tutto l'istituto è candito per essere uno dei pochi a uscire con il massimo dei voti, ma io su questo non ho mai avuto dubbi. 

Spesso mi capita di alzarmi sapendo fin dall'inizio, che tra tutte le giornate, quella come oggi sarà una "giornata no". Lo percepisco nel momento esatto in cui lascio l'impronta sul cuscino e sento, che come un fulmine a ciel sereno mi pervade un inspiegabile senso di mal essere. 

Non ci penso più di tanto e mi catapulto fuori di casa con lo zaino in spalle e una sigaretta tra i denti. Ho deciso, che non prenderò l'autobus, ma visto il mio insolito anticipo mi farò una camminata per provare a scrollare via i brutti pensieri. Qualche giorno fa ho lasciato Beatrice, devo ammettere con una delle solite scuse, che si usano in questi casi. Semplicemente non mi sembrava giusto e non mi sentivo bene con me stesso, insomma perché mai avrei dovuto continuare a trarre amore da una persona, che ho ferito nel profondo? 

Mi ha guardato per ore con gli occhi tristi, eravamo in un locale poco fuori città e sulla strada per il ritorno camminavamo entrambi con lo sguardo basso e alla ricerca di ogni minimo dettaglio per distrarci. Sconfitti e amareggiati da un così piccolo, ma grande avvenimento capace di mutare tutto, nel complesso siamo affondati ancor prima di emergere. La sentivo singhiozzare, ma deglutire la delusione così rapidamente da non poter controbattere proprio nulla. Penso spesso a lei, a noi e cosa per un mio gesto è sfumato come un soffio di vento. Cerco di non tormentarmi, ma il più delle volte mi risulta difficile e a tratti persino angosciante. 

Mentre percorrevo il tragitto per arrivare dinanzi a scuola ho sentito e volontariamente ignorato i mille messaggi e le chiamate, volevo starmene solo, semplicemente solo e con il mio essere. E Dio quanto avrei voluto non ignorare quei mille squilli, fissando l'orizzonte, proprio davanti all'ingresso ho visto in lontananza un motorino a terra ammaccato da un urto e un corpo steso distante due passi. 

Sento lo stomaco risalire fino in gola, il cuore battere e fare notevole pressione sulle orecchie, che pompano il sangue caldo rapidamente, più veloce della luce. Il mio passo accelera inconsciamente, dettato io credo dal cervello. Corro, corro come non ho mai corso prima, perdendo persino lo zaino lungo la strada. 

Quando succedono avvenimenti di questo tipo, lo percepisci in tutte le ossa, fino al cuore il più delle volte, che sarà ed è a tutti gli effetti, qualcosa capace di toglierti ogni spiraglio di serenità, perché sai benissimo, che probabilmente non fino infondo, ma ti riguarda. 

Tutte quante le mie paure si sono concretizzate, ho sperato sino all'ultimo istante, che la persona distesa a terra in un fiume di sangue non fosse Mirco, ma poi è stato come assistere a qualcosa, che non volevi vedere. Il fiato si è tagliato, come si taglia qualcosa di finissimo e quasi invisibile. Piangere non è ciò, che riesco a fare, ma anzi, sembro di mezzo a quella ressa di persone, l'unica in grado di ragionare a mente lucida. 

Anche se io piango e il mondo non mi sente. 

Scuoto il suo corpo, che però non risponde, non risponde ai miei mille lamenti, alle mie ingiurie e ai miei perché. 

Con l'arrivo di due pattuglie e l'ambulanza, il mondo per me si insonorizza e io mi perdo a dare forma al vuoto. Ho mille pensieri, cento parole e dodicimila urla, ma tutto questo non si concretizza, andando a riempire quell'immenso e inspiegabile vuoto, che prende vita dentro di me, proprio quando Mirco se ne va. 

Proprio così, se ne è andato su quel asfalto rude e caldo, senza dire niente, senza poter dir niente. Non si possono spiegare certe emozioni, le puoi disegnare, cantare, trasformare in arte, ma spiegarle non è plausibile. È tutto così maledettamente cupo e triste, che la solitudine sembra essere l'unica via di fuga. Evadere da un mondo, che non ha più colore. 

Ad interrompere quel chiasso così silente, ma fastidioso è la mano di Jen, che si posa sulla mia spalla, per poi cercare le mie mani da stringere. Scappare, ora vorrei solamente fuggire, ma non è possibile. Discosto le sue mani e le ripongo nuovamente sulle sue gambe. Scendo dal muretto al ciglio della strada, intenzionato ad andarmene, quando sento in lontananza Jen, che urla: 

"Aspetta dove vai?"

"Ok forse io non sarò un buon motivo per restare e probabilmente per dirti tutto questo non è ne il momento giusto ne il tempo[..]"

"Ma io pensavo[..]"

"E se nostro figlio si chiamasse Mirco?"



REMÌ RYAN.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora