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Tornare a casa dopo due giorni in festa è come: 

Scoprire sempre un posto nuovo in cui stare, un posto in cui si notano sempre particolari mai visti prima e che a l'occhio spesso, sfuggono. Alterato e frastornato ancora dall'alcol e dal fumo mi lancio a letto e chiudere occhio sembra essere un'impresa impossibile, il sonno non manca, ma nemmeno i mille pensieri per la testa, 

C'è traffico nella mente, chiudi gli occhi e spegni il cuore, provaci per lo meno dannazione!

Sono passate soltanto un paio d'ore, ma sembrano essere passati giorni. A svegliarmi è stato il campanello di casa, che suonava all'impazzata. Affacciandomi dalla finestra di camera mia vedo Marco e i suoi amici, che guardano verso il mio terrazzo in attesa di un'eventuale risposta, che non avranno, semplicemente perché mia madre è al lavoro e io sono a casa da solo. Scendo scalzo le scale, che sono fredde come la neve d'inverno, quando, sul pianerottolo di Carla incontro Beatrice scalza e confusa, credo si sia appena svegliata. La prendo per mano e andiamo incontro agli altri sorridendo. 

Marco ci invita ad andare con loro al mare per un paio di giorni, dice che con noi ci saranno proprio tutti: Marietto, Yassin, Jen e il suo ragazzo. Fortuna vuole, che mia madre, Marilena, lavori per tre giorni lontano da casa e che la scuola o meglio i professori abbiano deciso di scioperare per un calo delle loro buste paga. Io e Beatrice guardandoci, sorridiamo e ci diamo reciprocamente il consenso. 

È tanto, che non vedo il mare, che non ne sento il suo profumo vivendomelo al cento per cento con qualcuno, che mi vuole veramente bene. Percorrendo le scale mi fermo e concepisco solamente ora, che all'appello manchino Mirco e la sua Celeste, ma non ci faccio più di tanto caso, non questa volta. Arrivato a casa percuoto lo zaino di scuola e lo riempio con le prime cose, che trovo, per precipitarmi di sotto, dove con gli altri aspettiamo solo Beatrice per partire.

In macchina ci stavamo giusti per un pelo, ma il viaggio è passato rapidamente tra la musica, le risate e un paio di sigarette spente in un'aria di sosta al ciglio della strada. Con noi non abbiamo molto, due o tre zaini con giusto un chilo di pasta e qualche soldo messo insieme per sopravvivere nella giungla urbana e le discoteche migliori al mondo, che ovviamente noi visiteremo come fossero musei in una città d'arte. Marco ci ospiterà nella casa di sua nonna e staremo là soltanto un terzo del tempo, ma poco importa un tetto sulla testa è sempre fondamentale.

Abbiamo intenzione di bere, di assumere ogni cosa, pur che essa ci faccia stare bene, pur che tutto questo ci porti a fare l'amore sotto le stelle e ci faccia urlare a squarcia gola sotto il loro cielo e che, ci porti a dimenticare ogni torto subito e fatto ed ogni cosa, che ci ha fatto stare male, che non ci ha lasciato spazio.  

Siamo giovani dannazione, dobbiamo posare i cellulari ed innalzare i bicchieri per brindare alle persone, a noi e al nostro essere vivi. Dobbiamo correre per strada e ballare, non di certo imbrattare con frasi tristi e fuori luogo l'arte, che ci circonda. Dobbiamo vedere l'alba, ma non su Instagram, quella senza filtri, dobbiamo parlare senza alcun filtro. Dobbiamo correre sotto la pioggia e vivere, vivere e ancora vivere, piangendo, sorridendo e rialzandoci. Scattando fotografie non con gli smartphone, ma con gli occhi, perché sono essi a rendere immortale il nostro vissuto e i nostri sorrisi. Viviamo e se non ci riusciamo, riproviamoci. 


REMÌ RYAN.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora