Capitolo 17

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"Ciao mamma...Si, tutto bene qui, alla grande...mhmh....si torno fra qualche settimana, quando ricominceranno i corsi...si,okay..dà un bacio a tutti da parte mia..si, buon anno anche a te..ti voglio bene anch'io..ciao ciao" e riattaccai, sforzando tutta me stessa per sembrarle entusiasta di stare qui e della vita in generale.

Ma come si fa a restare allegri dopo quello che è successo ieri?

Dopo quel bacio non l'ho nemmeno guardato in faccia e sono scappata, come sempre faccio quando c'è un problema più grande di me.

Io non capisco: cosa gli è preso? Insomma, lui lo sa che io sto con Lynn, sono felice con lui, LUI mi ha aiutato a trovarlo, mi ha spronato ad essere migliore per piacergli, mi ha dato consigli, mi ha buttato tra le sue braccia. E poi questo! 

Un messaggio: è lui.

"Hey Lea..senti, dobbiamo parlare di quello che è successo ieri, mi dispiace tanto, è stato un momento di debolezza, tu eri lì, insomma, mia sorella, il porto, il libro.. Mi dispiace, è stato un errore, spero possa tornare tutto come prima.

Cory"

Un momento di debolezza, eh? Un errore? 

Ormai è questo il mio destino: essere l'errore di tutti.

Decisi di non rispondere subito al messaggio, così presi un libro, uscì di casa e mi feci una lunga passeggiata, alla ricerca di una caffetteria e di un parco che forse mi avrebbero aiutata a pensare.

Dopo una lunga ed estenuante ricerca, uscì vittoriosa da un locale, cioccolata fumante in una mano e libro nell'altro.

Feci numerosi giri alla ricerca di un parco, decisi che mi sarei abbandonata sulla prima panchina nel raggio di cento metri. Ed eccola lì, illuminata da un raggio divino, che aspettava solo che le mie natiche la proteggessero da quel vento gelido di fine Dicembre.

Stavo per raggiungerla quando un signore anziano, non so come e non so spinto da quale forza endogena, la raggiunse prima di me e se ne appropriò. 

Ma non mi importava: ero stanca, pensierosa, avevo voglia solo di distrarmi e di bere questa dannata cioccolata.

E così mi sedetti affianco al signore, sorridendogli e salutandolo con un cenno del capo in modo da far capire che ero una ragazza a modo e gentile, ma che non doveva assolutamente interrompere la mia lettura.

Lui ricambiò il mio sorriso come solo un anziano sa fare: era un sorriso pieno di ricordi, di fatiche, di amori, di dolori, di vita.

Per un attimo mi incantai a guardare quei vividi occhi azzurri dietro le spesse lenti: quest'uomo doveva aver fatto cadere molte donne ai suoi piedi da giovane.

Mi ricomposi, bevetti un sorso di quella ormai-fredda cioccolata e incominciai a sfogliare il libro, sperando in una grande storia e non nel solito romanzo rosa.

"Non le capita mai, che so, di vedere tutte quelle finestre illuminate la sera e di pensare a quanta gente c'è nel mondo?" disse ad un tratto l'anziano signore, destandomi dalle noiosissime prime pagine del racconto.

"Come scusi?"

"Ho detto" ripetè il vecchio, cacciando dalla tasca un sacchetto e cominciando a spargerne il contenuto per terra "non le capita mai di pensare a quanta gente c'è nel mondo e a cosa sta facendo ora, in questo preciso istante, mentre lei ascolta me e io spargo queste briciole agli uccelli?"

Un piccolo gruppetto di uccellini timorosi si stava avvicinando: qualche impavido piccione si era già fiondato sul cibo, qualche altro uccellino più piccolo se ne stava lì, in disparte, pensando forse di poter agire quando tutti se ne fossero andati.

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