Celeste

1.7K 71 5
                                    

-"Cucciola alzati!" dissi scuotendo delicatamente la mia bambina.

-"No mami!" rispose una vocina da sotto le coperte.

-"Guarda che se non ti alzi, perdiamo l'aereo!" dissi esasperata.

Ogni mattina era così. Per svegliare quella piccola pesta mi ci voleva almeno mezz'ora. Dopo qualche altro capriccio, la convinsi ad alzarsi, promettendole un pacchetto delle sue caramelle preferite.
Portai Audree in bagno, le pettinai i capelli, e l'aiutaii a vestirsi: in 15 minuti, fu pronta con le sue caramelle in bocca.
La lasciai in salotto, e andai in camera a finire di prepararmi. Misi un velo di trucco, ravvivai un po' i capelli, e controllai di aver preso tutto: saremmo state via solo due settimane, ma con una bambina di 3 anni, era importante essere pronti ad ogni evenienza.

Il viaggio che stavamo per fare, era in previsione di un cambiamento radicale: infatti era da tempo che stavo pensando di raggiungere mio padre a New York, che insegnando là, era riuscito a trovarmi un posto nella scuola di medicina.
Però prima di decidere, dovevo vedere l'ambiente, cercare una scuola che si adattasse alle mie esigenze per Audree, e capire se era davvero ciò che volevo.

Amavo New York: ci avevo passato l'ultimo anno prima del diploma, ed era stato un periodo bellissimo della mia vita. Ma ora era diverso.
Certo, in Italia avevo una routine ormai consolidata, ma sentivo che c'era bisogno di qualcos'altro, perchè così non ero felice. Il fatto poi, che la mia famiglia fosse a 9h di volo di distanza, non aiutava: mio padre era un'insegnante, che aveva lavorato in tutte le migliori università del mondo, e che da quando si era risposato, aveva deciso di trasferirsi definitivamente nella grande mela, città natale della sua nuova moglie, con mio fratello Alessandro.
Io, dopo l'anno all'estero, già maggiorenne, avevo scelto di restare in Italia, dove avevo i miei adorati nonni, e tanti amici; ma purtroppo, dopo aver avuto Audree, i veri amici li potevo contare sulle dita di una mano, e nel giro di due anni, oltre alle mie abitudini, avevo perso anche i nonni.

Era ora di dare una svolta alla mia vita, ma non sapevo se andare in quella città, piena di ricordi, si sarebbe rivelata la scelta corretta. Diedi un'ultima occhiata allo specchio, e mi convinsi ad uscire.

-"Audree.. Dove ti sei cacciata?"

-"Peppa mamma!"

-"Peppa la guardiamo sull'ipad più tardi.. Va bene?" dissi sorridendo e spegnendo la tv.

-"Ok.." disse saltando giù dal divano, e afferrando il suo pupazzo preferito: un vecchio cane, che un tempo era stato mio.

Misi tutte le valigie in ascensore, controllai di aver chiuso gas, luce e acqua, e prendendo per mano mia figlia, inserii l'allarme, chiudendo casa.
Scendemmo nell'atrio del nostro condominio, e chiesi al tassista se poteva aiutarmi con le valigie.

-"Ma certo! Resti qui con la bambina!" disse gentilissimo.

-"Grazie davvero!" risposi sorridendo ed entrando nel taxi.

Quattro ore più tardi, atterrammo a Parigi, dove avremmo dovuto aspettare tre ore di scalo, prima di prendere il volo diretto per New York.
Ci sedemmo nella sala d'attesa del gate, e presi in braccio Audree, che con i piccoli pugni si stava sfregando gli occhi.

-"Hai sonno amore?"

-"No no.."

-"Fai una coccola con la mamma allora?" dissi aprendo le braccia.

Lei vi si tuffò dentro, appoggiando il viso sul mio petto e chiudendo gli occhi. La strinsi a me, e iniziai ad accarezzarle i capelli, cantando sottovoce una canzoncina che le piaceva. Nel giro di 10 minuti si assopì, e io presi il telefono per chiamare mio padre.

The second chanceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora