Noah

1.2K 54 0
                                        

Era passato ormai un mese da quella sera, e non riuscivo a togliermi le sue parole dalla mente. Anche la sera quando andavo a dormire, l'ultima cosa che vedevo, era il suo viso bellissimo, attraversato da una smorfia di dolore e rabbia, che mi diceva di andarmene visto che era l'unica cosa che sapevo fare. Più ci pensavo, meno ne capivo il significato.
La nostra storia era finita con lei che tornava in Italia, senza nemmeno salutarmi, quindi dei due, era lei quella che se ne era andata, spezzandomi il cuore.
Rivederla mi aveva spiazzato, l'avrei riconosciuta tra un milione di persone: era di media statura, asciutta, con un seno prosperoso e le curve al posto giusto, capelli castano chiaro lunghi fino a sotto il sedere, occhi verdi, nasino all'insù, e due gote piene, che quando arrossiva diventavano rosa accese.
Era bella come sempre; sembrava solo avesse ancor più seno, ma forse era la canotta che distorceva la realtà, perchè quel corpo, lo conoscevo bene, non aveva segreti per me.

Il ripensare al suo corpo, mi diede un brivido di eccitazione, ma mi calmai subito, ero in aula con altre 100 persone: non era il luogo adatto per certi pensieri. Aspettai che finisse la lezione, poi andai in giardino a fumare una sigaretta. Aspirai fino all'ultimo grammo di nicotina, poi la spensi e mi re incamminai all'interno. Stavo percorrendo il vialetto, quando ecco: era di nuovo lei.
Per un attimo pensai di avere una visione o un'allucinazione, poi mi avvicinai e constatai quanto fosse reale, con i capelli che si muovevano con il vento, jeans, camicetta e ballerine.

Era lì con suo padre, e stavano parlando con Sven, un tutor dell'università. Sperai con tutto me stesso che non si stesse iscrivendo nella mia stesse università, perchè vederla ogni giorno, sarebbe stata una tortura ignobile.

Le mie preghiere non vennero esaudite, perché il giorno dopo, la trovai in biblioteca, con lo zaino poggiato accanto, e gli occhiali in mano. Decisi di tornare da lei e chiarire, tanto lì non poteva dirmi niente visto che era d'obbligo il silenzio.
Mi sedetti di fronte a lei e aspettai che alzasse lo sguardo. Quando lo fece, e si accorse di me, vidi che gli occhi le si riempirono di lacrime, quindi invece che parlarle, mi alzai e me ne andai.
Ai suoi occhi, sarei sembrato uno che scappa di nuovo, ma non potevo vederla così, e sapere che la causa ero io, anche se non ne sapevo il perchè.

D'un tratto capii perchè ero così restio con le altre ragazze: nessuna avrebbe mai potuto prendere il suo posto; a distanza di quattro anni, ancora i suoi occhi mi facevano fare le capriole. Dovevo starle alla larga.
Presi i libri e andai a casa, sperando ci fosse C.J. Trovai solo Emily, che in biancheria intima stava girando per casa.

-"Oh scusa! Non pensavo saresti tornato a casa a quest'ora!" disse avvicinandosi con un sorriso.

-"No no non devi scusarti.. Non era previsto.. Vado di là.."

-"Puoi restare eh.." disse accarezzandomi il petto.

La lasciai fare: ogni tanto andavamo a letto insieme, senza impegno, quindi non ci vidi nulla di male in quel gesto. La presi in braccio e andai in camera sua. Due ore più tardi, presi i miei vestiti, e andai in camera a farmi una doccia gelata.

Erano già le 5 pm quando C.J tornò a casa.

-"Amico dobbiamo andare! È un'ora che ti aspetto!" dissi salutandolo.

Era sabato, e dovevamo tornare dai nostri genitori. Aspettai che preparasse la borsa delle cose da lavare, e scendemmo.

-"Dov'è Emily?"

-"In camera.." dissi sorridente.

-"Un'ora?" mi chiese solo.

-"No due!" dissi dandogli il cinque.

-"Bel colpo fratello!"

Anche lui ogni tanto andava a letto con lei, e ci scambiavamo i record, visto che era una nota amante del sesso.
Arrivati a Brooklyn, lo lasciai sotto casa sua, e parcheggiai davanti alla mia. Entrai, salutai tutti, e andai a fare le lavatrici prima di cena.

The second chanceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora