Prologo pt. 3

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Corremmo per un po', finché non arrivammo a un negozio aperto ventiquattrore su ventiquattro.

«Ti va qualcosa da bere?» mi domandò Ed con il fiatone. Ce l'avevo anche io, dato che avevamo percorso varie centinaia di metri a un'andatura piuttosto sostenuta. Mi ero fermata solo una volta per togliermi le scarpe col tacco, che ora reggevo in mano.

«Come stanno i tuoi piedi?» chiese di nuovo lui.

«Mai stati meglio» lo rassicurai. «Ci prendiamo due bibite e qualche schifezza?»

Sapevo che avevamo un argomento da affrontare, che le cose poi sarebbero cambiate nel modo in cui avevo desiderato per tutto quel tempo, ma nello stesso momento volevo spendere qualche altro istante con il mio amico.

Così ci sedemmo su un muretto, mangiando patatine e cioccolato. Ed versò della coca-cola sul mio vestito, ma io invece di prendermela scoppiai a ridere così forte che per poco non caddi.

«Ci facciamo qualche foto?» proposi, accennando alla macchinetta di fianco al negozio.

«Dovevi dirlo prima che ti sporcassi l'abito» ribatté lui, con un sorrisetto ironico.

«Simpatico, davvero divertente. Ho ancora della Coca Cola, potremmo pareggiare. O forse preferisci del cioccolato?»

Avvicinai un pezzo di Mars alla sua camicia immacolata. Si era tolto la giacca e aveva tirato su le maniche: ai miei occhi era stupendo.

Lui mi afferrò la mano e mangiò il pezzetto di cioccolato, poi mi trascinò nella macchinetta. Ovviamente c'era un solo sgabello e lui mi fece sedere sulle sue gambe. La mia temperatura corporea raggiunse un calore indicibile, ma cercai di non pensarci.

«Sei pronta a dare il peggio di te con le smorfie più stupide che ti vengono in mente?» mi chiese Ed mentre stava per inserire i soldi.

«Non dovremmo metterci d'accordo prima?»

«Assolutamente no. Devono essere naturali. Ok cominciamo!»

Ci furono quattro scatti. Al primo feci una linguaccia, al secondo gonfiai le guance, al terzo mi voltai a guardare che faccia stesse facendo Ed: era talmente buffa che scoppiai a ridere.

Al quarto e ultimo scatto la mia risata fu bloccata dalla sua bocca. L'inizio del nostro primo bacio fu immortalato in quella foto.

Le nostre labbra si incontrarono dapprima in maniera esitante, poi, mentre mi sembrava che il cuore potesse esplodermi da un momento all'altro, il contatto si fece più sicuro e profondo.

Seppi così che anche Ed provava esattamente gli stessi miei sentimenti e che desiderava stare con me quanto io volevo averlo al mio fianco.

Mentre sentivo che avrei potuto perdere il controllo in quella stretta e scomoda cabina, fui assalita da una consapevolezza: alle dodici e mezza mio padre sarebbe andato a prenderci a scuola.

Mi staccai controvoglia dall'abbraccio di Ed, esclamando: «Dobbiamo tornare a scuola! Che ore sono?»

Lui cercò il cellulare in tasca. «Mancano dieci minuti, se corriamo ce la facciamo.»

«Penserà che abbiamo ballato come matti» mormorai, ridacchiando.

Lui mi posò un bacio sul collo e sussurrò, facendomi rabbrividire: «Direi che abbiamo fatto di meglio.»

Ancora non mi sembrava vero che il ragazzo che fino a un istante prima avevo creduto essere solo un mio amico, desiderasse stare insieme a me in quel modo.

Uscimmo dalla cabina, recuperai le foto e le misi al sicuro nella mia borsetta, poi filammo verso la scuola, senza lasciarci per un attimo la mano.

Mio padre ci trovò che ridevamo, ancora con il fiatone e le dita intrecciate, ma non commentò.

Il giorno dopo era sabato e non c'era scuola, così trascorsi tutta la giornata con Ed.

Parlammo molto meno del solito, impegnati a scoprire lati l'uno dell'altra che non avevamo mai esplorato o preso in considerazione. Non ci spingemmo troppo oltre, però.

La domenica i miei avevano organizzato un barbecue e fummo fortunati, perché il tempo fu clemente e non piovve.

Parteciparono anche degli amici di famiglia e scattammo molte foto, alcune delle quali finirono su Facebook. Ed e io non ci facevamo problemi a mostrarci per quello che eravamo, cioè una coppia appena nata e molto affiatata. Ovviamente riservavamo le effusioni più spinte per quando ci trovavamo soli, ma avevamo pur sempre sedici anni ed era la prima volta che ci mettevamo con qualcuno, quindi ci sembrava tutto così nuovo e le emozioni erano talmente amplificate che era quasi impossibile trattenersi.

Eppure sapevamo che ci tenevamo sul serio al nostro rapporto, per quello non volevamo correre e fare tutto con calma.

Io mi sentivo invincibile accanto a lui e i tempi di Skelly la sdentata o le prese in giro di Caleb e gli altri mi sembravano appartenere a un'altra vita. Seppure tutto fosse così nuovo e fragile, i momenti belli con Ed avevano cancellato anni di brutte esperienze.

Ero convinta che l'indomani, il lunedì, quando saremmo tornati a scuola, mano nella mano, nessuno avrebbe osato dirci niente di male. I nostri occhi non smettevano di brillare e i nostri corpi di cercarsi, avevamo la sensazione di appartenerci, credevamo che niente avesse la facoltà di separarci.

Chi avrebbe potuto avere qualcosa da denigrare o invidiare in tutto ciò?

L'amore che provavo, quel sentimento puro, ingenuo eppure vero, mi faceva pensare che la gente non sarebbe stata cattiva fino a tal punto.

***

Con questo capitolo il prologo è terminato, spero che fino a qui la storia vi stia piacendo. Grazie a chi la sta seguendo!

Alla prossima,

Maria C Scribacchina

Love looks perfect on you || Ed SheeranDove le storie prendono vita. Scoprilo ora