13.

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Non riesco a muovermi, il mio corpo non risponde ai miei comandi. Sento qualcosa appoggiarsi sul mio ventre, scendendo sempre più giù. Cerco di gridare, di chiedere aiuto, ma le parole mi muoiono in gola. Il suo sguardo è spaventoso, sembra che i suoi occhi siano scomparsi e che il nero si sia impadronito di essi. La sua mano sale, mi accarezza il viso e sento di nuovo quel contatto, del sangue sta sporcando il pavimento. È il mio sangue.

<< Ti sono mancato piccola? >>

Mi sveglio di soprassalto col respiro affannato, un altro incubo. Non ne posso più, non dopo ieri sera. Dopo tutto quel casino sono corsa a casa senza fermarmi terrorizzata. Ancora non ho compreso cosa stesse per succedere. La parte peggiore è far finta di niente, far finta che sia stato tutto un brutto sogno. Non sopporto questa situazione, non voglio restare sola. Tremo al solo pensiero di non avere nessuno al mio fianco a cui chiedere aiuto, penso sempre che possa apparire da un momento all'altro Paul e... Basta così! Mi alzo dal letto indossando un pantalone largo insieme ad una felpa. Esco dalla stanza cominciando a pulire i vetri di questa casa. Sistemo la pila di cd nello scaffale in ordine alfabetico per poi mettermi ai fornelli e preparare una colazione sostanziosa. Non ho per niente dormito e non ne avevo voglia, è l'unico modo che ho per tenermi occupata impedendo ai miei pensieri di sopraffarmi. Dopo non so quanto tempo fossi sveglia, sento dei tonfi pesanti scendere dal piano superiore. I ragazzi parlano di non so quale partita devono tenere oggi, sono tutti molto agitati.

<< Ma hai fatto una colazione per un regime. >> Afferma Lucas divertito lasciandomi un bacio sulla guancia. Di risposta mi allontano terrorizzata da lui indietreggiando di qualche passo. << Luna, tutto bene? >>

<< Si-si, scusa... >> Scuoto un paio di volte la testa cercando di calmarmi. << Ecco... pensavo di aver visto un insetto dietro di te. Sai, quelle cose schifose, insomma. >>

<< Capisco. >> Noto il volto di Lucas perplesso. Abbasso la testa imbarazzata continuando a cucinare il bacon e le uova. Devo stare calma. Faccio un profondo respiro provando a rilassare i nervi. Non devo pensare a ieri sera, devo restare calma. Non è successo niente, lui non mi ha toccata. È stato solo un incubo. Nella mente cominciano a tornarmi in mente quelle scene, sento ancora la sua mano sfiorarmi la pancia. Non riesco a muovermi, mi sento debole, violata, terrorizzata. È come se la stanza cominciasse a girare e nella mia mente permangono quelle immagini fisse, quelle sensazioni di abuso della mia carne, quel mio senso di debolezza. Faccio un paio di respiri profondi per tranquillizzarmi, gli occhi cominciano a pizzicare. Sento una mano sfiorarmi la spalla.

<< Non toccarmi! >> Urlo girandomi di scatto e facendo cadere a terra la padella che avevo tra le mani. Noto il volto di Adam sorpreso dalla mia reazione.

<< Che hai? >> Mi giro notando la faccia di tutti guardarmi allibiti. Indietreggio di un paio di passi sentendo la testa esplodere. Non ci capisco niente, vedo lui ovunque. Sento ogni cellula del mio corpo allontanarsi a qualunque tocco, come se fosse lui. Abbasso la testa evitando ogni contatto visivo.

<< Scu-scusate, non ho dormito bene stanotte. >> Affermo raccogliendo la padella a terra e rimettendola sopra i fornelli. Adam mi afferra per un polso strattonandomi e costringendomi a guardarlo negli occhi. Fisso la sua mano stringere il polso, anche lui è forte, anche lui può...

<< Adam, lasciala stare. Luna se vuoi puoi andarti a riposare ora, c'è abbastanza cibo per un mese su questo tavolo. >> Annuisco con la testa liberandomi dalla presa di Adam correndo in camera mia. Chiudo la porta alle mie spalle cominciando a piangere. Sento il mio corpo non rispondere più a nessun comando, sto tremando come un'idiota e non riesco a fermarmi, dannazione! Apro l'armadio prendendo una felpa nera all'interno... non riesco ad indossarla. È... è di mio fratello, non posso indossarla. Come una pazza prendo tutti i suoi vestiti lanciandoli sul pavimento cadendo per terra in ginocchio. Delle lacrime continua a rigarmi il volto, ma è uno di quei pianti silenziosi che fanno male all'anima. Urlare aiuta a sfogarsi, parlare aiuta a svuotarsi, ma se resti in silenzio non liberi la tua rabbia, rimane tutta lì, un groppo in gola che ti lacera la pelle. Non riesco neanche più a respirare, provo a strappare i vestiti ma non ci riesco, perché devo essere così maledettamente debole. Mi sento male in questa stanza, non ne posso più. Chiudo gli occhi gettandomi a peso morto sui vestiti. Vorrei essere più forte, vorrei non sentirmi così schifata, vorrei...

Hope In The MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora