Improvvisamente, vivo

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Da sempre, o almeno da quando questo sporco mondo esisteva, creato da chissà quale motivo, succedeva. Era normale, quasi banale, nessuno vi badava più, ormai. Era difficile imparare, ma alla fine risultava automatico ed istintivo. La quotidianità consisteva di questi avvenimenti che stravolgevano tutto e niente, un continuo ricircolo e riciclo di esistenze che si alternavano sul suolo terrestre, in vicende umane e universali. Io ero abituato ad osservare questa frenesia, una semiretta che si srotolava dinnanzi a quel punto sul quale ero seduto, inconsapevole spettatore che si ostinava a restare sveglio per analizzare la vita di chi viveva. Ero in attesa, un limbo destinato a protrarsi ancora e ancora accoglieva le mie visioni allucinate. Stavo bene, almeno credo. Non era più un peso essere lì, accovacciato a non far niente, senza saper distinguere lo scorrere del tempo se non valutando la vita umana, scandita da notte e dì. Era bello vedere quegli omini affaccendati correre qua e là, parlare, ridere, nutrirsi di aria. La cosa a cui nessuno badava era per me la più sorprendente, era magica. La vita. Nascite e morti. Il primo vagito di un bambino faceva vibrare le corde del cuore che non potevo possedere.  A lungo, prima, un fuoco aveva arso il mio intimo con il desiderio di essere come loro, ma era passato talmente tanto tempo che la speranza era evaporata. Non mi ero arreso, questo no, semplicemente mi ero accontentato di quel prototipo di vita riuscito male.
Per questo, quando mi ritrovai a zampettare su una spiaggia, fissando una nuvola nodosa dall’alto dei miei scarsi centimetri, non me ne resi conto. Come sempre, stavo immaginando, osservando , e facendo mia, l’esistenza di una creatura che veramente stava vivendo la sua vita. Sarebbe cresciuta e tutte quelle altre cose che si fanno prima di tornare su di sopra, al mio fianco.
Che qualcosa fosse cambiato, la mia insana mente lo comprese tardi. Non tanto tardi da non riuscire a rimediare, ma tardi per la norma. Di solito si capisce di essere nati, io ero convinto del contrario. Era un’allucinazione, una delle mie solite, per forza era così. L’altra alternativa non aveva sfiorato il mio bacato cervello nemmeno per sbaglio. Non era capitato in tutto quel susseguirsi di giorni, ora sarebbe stato davvero, davvero improbabile.  Eppure, pian piano, tutto fu chiaro: ero nato. Alla fine, senza lottare e sbraitare per l’ingiustizia dell’attesa, un corpo carnoso aveva rivestito, in silenzio, proprio me, precipitandoci in una caduta inconscia su quella terra che tanto avevo studiato. Nel pacchetto era compresa una vita, dovevo quindi viverla, ma nessuno mi aveva consegnato il libretto delle istruzioni all’inizio dei giochi. Tutto doveva essere casuale, o per meglio dire caotico. Nessuna regola, solo vento tra i capelli e sole in faccia. Ero, improvvisamente, vivo.

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