Nec tecum possum vivere nec sine te

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Ciondolavo dalla fermata davanti al liceo ad aspettare il pullman. Avevo lo sguardo perso nel vuoto e stavo fissando le mie scarpe consumate. Era dicembre e credo siano state le sei e mezza, quando mi sei sfrecciato accanto con la testa bassa e le cuffie nelle orecchie. Hai attraversato la strada e ti sei appoggiato alla colonna in corrispondenza della mia fermata. Come non notarti?
È come avere un faro rosso luminoso che punta verso il cielo, anche dalla parte opposta del mondo non potrei non ignorare il bagliore. E sono quasi convinta che tu abbia alzato lo sguardo per vedere se ero ancora lì e sperare che me ne fossi andata, fallendo. È un po' come vivere in due sotto un bicchiere: puoi girare e rigirare quanto vuoi e pensare di non incontrare mai l'altro. Ma quando smetti di provare a comunicare fuori dal vetro, torni sempre a sederti a mezzo metro da me. Ed è quasi buffo alla fine se ci pensi.
Ho pensato: "Cazzo"
Per il solo gusto di poterlo pensare ogni volta che mi passi davanti.
Come tutte le volte sono rimasta lì per minuti interi con lo sguardo perso in una persona che non conoscevo più, mi hai fatto per la prima volta lo stesso effetto di quando guardi una foto vecchia di anni mentre ripulisci un cassetto: sorridi, ci ripensi un po' e diventi malinconico, inizi a pensare a cose assurde ma poi la posi.
E iniziai a pensare ad un sacco di cose assurde.
"Linea SP San Paolo"
Salgo sul pullman, timbro il biglietto e mi siedo.
E giuro che per un secondo solo hai alzato di poco lo sguardo e mi hai dato un'occhiata e sei tornato a girare in tondo nel bicchiere.

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