Erano le nove quella sera e stavo pensando a come vestirmi per uscire. Mettere qualcosa di decente per non sembrare una vestita di stracci che indossa solo maglioni di merda insomma.
Mi guardai allo specchio e provai ribrezzo.
Una smorfia di disgusto si formò sul mio volto e subito iniziai ad analizzare qualsiasi piccolo difetto con lo sguardo come se stessi facendo un test nella quale devi fare meno errori possibili anche se non hai studiato.
Un forte senso di ribrezzo nei confronti della mia immagine mi pervadeva. Spostai la mia attenzione su una foto che avevo attaccato al muro di Jessica Lange da giovane che indossava un elegante tubino nero quasi interamente rivestito di pizzo che la vestiva come un manichino. Aveva un viso stupendo, perfetto e senza imperfezioni come una bambola di porcellana. Un dolce nasino alla francese e dei lineamenti morbidi e delicati con un sorriso spettacolare. Capelli color miele, lisci come la seta pieni di boccoli ed un rossetto rosso rosso.
E poi c'ero io.
Mi guardai nuovamente.
Occhi stanchi e capelli rovinati. Un vestito nero e corto che mi faceva sembrare un pachiderma che tenta di assomigliare il più possibile ad un cerbiatto. Viso rotondo e un naso a patata enorme. Un fallimento signori, un vero e proprio fallimento. Mi girai con il fianco sinistro rivolto allo specchio, tenendo gli occhi fissi sul mio riflesso e pensai di dovermi rassegnare. Oscar Wilde una volta disse: "Si, la forma è tutto. È il segreto della vita" e aveva ragione.
Cambiai fianco e il risultato fu lo stesso se non peggiore e mi scese una lacrimuccia che si trasformò immediatamente in un piagnisteo vero e proprio.
Chiamai la ragazza con cui dovevo uscire: "Senti non penso di venire sta sera (ehm) ho avuto un problema a casa e preferirei restare qui, scusa ancora"
"Tranquilla Lau, cerca di stare bene"
"Grazie mille buona serata a tutte"
Abbassai tutte le tapparelle con le lacrime che scendevano e accesi qualche candela e dell'incenso.
Mi calmai, feci grossi respiri e pensai al fatto che non avevo fatto così male a rimanere un po' con me stessa. Mi svestii e rimasi letteralmente solo in mutande. Mi sdraiai sul pavimento e mi accesi una sigaretta. Un asino resta sempre un asino, anche se lo ricopri d'oro o mi sbaglio? Arriva sempre un po' quel momento di rassegnazione nella quale ognuno di noi si rifugia in rassicurazioni come queste.
Mi squillò il telefono: "Laura! Qui alla festa che anche quel ragazzo di cui mi parli sempre! Non sai cosa ti perdi, se riesci a venire dove siamo"
"Grazie cara vedrò" e riattaccai.
Pensai: "Infilati qualcosa addosso e vai porca puttana!"
Poi ripensai allo specchio.
E l'idea di gettarmi in pasto ad una marea di sedicenni perbenisti che guardano solo il pacchetto e non la sorpresa non mi piacque affatto.
Mi alzai, mi guardai e girai il riflesso verso il muro in modo da non dovermi specchiare. Mi misi il vestito che avevo tanto odiato fino a quel momento, un paio di scarpe e pacchetto di sigarette alla mano e partii. Mi dissi: "Fanculo, per una volta vai. Per una volta fatti valere"
Arrivai a questa casa che era a 15 minuti da casa mia più o meno e chiamai la mia amica che mi disse di entrare e di incontrarla dentro, con un certo tono da: "Ho bevuto qualche cosa, ma reggo benissimo l'alcol" stronzate amico, stronzate belle e buone.
Che c'è da dire a questo punto? Tremavo come una foglia in una tempesta, tremavo terribilmente.
La vidi da lontano e la raggiunsi in mezzo ad una marea di persone che si spintonavano ubriache per ballare. Arrivai da lei che non si reggeva in piedi quasi: "Lauretta!! Ma allora sei venuta, non credevamo che ti facessi viva alla fine e invece eccoti qui!!"
Era sul punto di vomitare e la scortai in bagno per evitare che vomitasse sul primo malcapitato che avrebbe limonato. Ci ritrovammo in un bagno di mezzo metro quadrato con lei che buttava fuori l'anima e io che la reggevo. E fu in uno di quegli istanti nella quale realizzai che avrei potuto essere messa peggio, come lei che probabilmente aveva già fatto la sua opera di carità donando pompini come San Francesco con i suoi vestiti.
Finito il tutto lei si catapultò dentro la festa nuovamente e io presi un attimo per respirare dentro il bagno.
All'improvviso sentii dare dei colpi alla porta e una ragazza urlare: "È libero?! È una cosa urgente!"
Mi preoccupai ma successivamente mi resi conto che la situazione era meno urgente del previsto. Spalancai la porta e vidi il ragazzo per cui (principalmente) ero venuta letteralmente attaccato alla ragazza che aveva bussato un secondo prima. Capelli biondi color miele e rossetto rosso. Mi prese per un braccio e mi scostò dall'entrata richiudendosi la porta dietro insieme a lui. E sentii la porta chiudersi a chiave.
Tubino nero quasi completamente rivestito di pizzo e lineamenti delicati.
Realizzai di non voler più stare lì e senza neanche chiedermi dove fosse la mia amica corsi a casa. Non chiedermi caro lettore perché. Tu sappi che io corsi veloce.
Veloce, più veloce che potevo. Correvo e correvo, non mi sarei fermata.
Arrivai a casa.
Entrai e mi diressi in camera mia.
Mi tolsi il vestito e lo strappai, lo rovinai.
E poi completamente a nudo girai lo specchio e mi guardai. E mi fece tutto così schifo. E stavo lì imbambolata a guardarmi come si guarda un barbone per strada vestito di stracci. E mi feci compassione.
Allora con un gesto solo presi lo specchio e lo gettai a terra. Il quale si ruppe in mille pezzi.
Mi sedetti al centro della stanza al buio.
E mi fece ribrezzo.
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