CAPITOLO 7

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Quando mi risveglio sono nella mia camera. La luce del sole filtra dalle tende e illumina leggermente la stanza. Ho la testa pesante e il corpo dolente. Non so di preciso per quanto sia rimasta in stato di incoscienza ma quello che so è che la mia vita d'ora in poi sarà diversa. Il vuoto lasciato da mio fratello sarà impossibile da colmare. Perché proprio lui? Perché non io! Era il mio punto di riferimento, un esempio da seguire, è stato come un padre per me. Oltre Connor, Jaxon c'era sempre. Mi metteva al primo posto e non si rifiutava mai di aiutarmi. Qualche volta quando gli chiedevo favori aveva l'aria sostenuta e sembrava lo scocciasse aiutarmi, ma, sono certa, che lo faceva perché si vergognava di dimostrare quanto bene in realtà mi volesse. Avrei dovuto ringraziarlo più spesso, prima che qualcuno lassù se lo portasse via. Eravamo da sempre io e lui contro tutti, odio il fatto di averlo deluso. Sto tremando e ho paura, non sono pronta per affrontare il mondo senza di lui.

Mi metto seduta e infilo le ciabatte che sono affianco al mio letto perfettamente parallele e diritte, ciò vuol dire che Connor è stato qui. Mi dirigo in bagno e mi infilo sotto la doccia. Il caldo getto dell'acqua mi riscalda il corpo e mi provoca una fantastica sensazione di sollievo. Le mie lacrime si fondono con l'acqua. D'ora in poi non potrò mai più mostrarmi debole agli occhi degli altri, sono sola, devo accettarlo. Mi strofino gli occhi con le dita e mi passo le mani sul viso.

Quando alzo il braccio, per prendere il bagnoschiuma posto sulla mensola, una fitta di dolore mi attraversa tutto il corpo.

"Fanculo!" Grido incazzata. Finisco di lavarmi, mi asciugo e torno nella mia camera.

Non appena varco la soglia, noto degli scatoloni sparsi per la stanza, sono confusa. Affianco all'armadio ce ne sono diversi con su scritto "ABITI", "PANATALONI", "MAGLIE"... sopra la cassapanca davanti al mio letto ne trovo degli altri "LIBRI SCUOLA", "LIBRI DA LEGGERE". D'istino mi volto verso la mensola e la trovo vuota. Questo cosa vuol dire? Indosso i primi vestiti che trovo in giro per i vari scatoloni e mi dirigo di sotto. Voglio delle spiegazioni. Proprio quando sto per scendere dall'ultimo gradino, un odore di torta al cioccolato mi inebria la mente e mi invade le narici, Connor avrà sicuramente preparato una delle sue fantastiche torte. Mi rendo conto che lo stomaco mi borbotta. Non ricordo l'ultima volta che ho mangiato. Entro in cucina e la scena che mi ritrovo davanti è piuttosto raccapricciante. Mia madre è seduta su una sedia con un mano sotto il mento e l'altra sul tavolo che avvolge un bicchiere pieno di vino. La bottiglia, al contrario, è vuota. Ha i capelli tutti scompigliati e fissati alla testa con un grosso mollettone. È magrissima, ha le guance scavate e il trucco sbavato. Due occhiaie viola le contornano gli occhi gonfi. Le righe di mascara sulla faccia rivelano che ha sicuramente pianto. Quando mi vede mi rivolge un sorriso a trentadue denti. Rabbrividisco. È palesemente ubriaca.

"Zoe, finalmente ti sei svegliata! Ho dovuto preparare gli scatoloni da sola." Fa una pausa e, avvicinando il calice alla bocca, butta giù tutto d'un fiato il suo contenuto. "Domani partiamo per Hampton Bays, questa città non fa più per noi, là staremo meglio."

Cosa? Un trasferimento? Ho la gola secca e non riesco a controbattere. Non l'ho mai vista in questo stato così pietoso. Prima la separazione, poi la morte di mio fratello, sono stati colpi duri e l'hanno distrutta ma non possiamo trasferirci.  Faccio un respiro profondo.

Senza dire nulla mi avvicino al tavolo, le prendo il bicchiere dalle mani e la bottiglia finita. Li appoggio sul piano della cucina, Connor saprà cosa farne. Prendo un piatto e taglio un pezzo di torta per me e uno per mia madre. Lo sapevo. Cioccolato fondente con crema al burro d'arachidi, Connor non sbaglia un colpo, era la preferita di Jaxon. Al pensiero di mio fratello mi si blocca lo stomaco ma devo essere forte, per me e per mia madre.

Mi siedo davanti a lei e le porgo il dolce. Mi rivolge un sorriso triste e afferra la fetta che però le scivola dalle mani cadendo sul tavolo. Scoppia in una sonora risata che si tramuta in un pianto. Ha l'alito che puzza di alcol in una maniera assurda. Mi avvicino ma non riesco a proferire parola, l'unica cosa che riesco a fare è abbracciarla.

"Zoe non so come andare avanti. Aiutami. Sono sola." Mi si spezza il cuore ma non so come rassicurarla. Non posso dire di stare tranquilla, che tutto presto passerà perché mentirei a lei e anche a me stessa.

"Non sei sola, ci sono qui io." Le sussurro dolcemente. Prendo una ciocca di capelli che le è scivolata fuori dalla presa del mollettone e gliela porto dietro l'orecchio. Il contatto con la sua pelle fredda mi provoca un brivido. È fredda come il ghiaccio.

"Dov'è Connor?" Chiedo preoccupata staccandomi da lei. Non aspetto la risposta ma corro in salone per prendere una coperta. Con un gesto premuroso la copro. Non sapendo che altro fare per riscaldarla le preparo un tè. Mentre sto versando l'acqua bollente nella tazza, finalmente si decide a rispondere alla mia domanda.

"Connor è uscito, tornerà questa sera. Lui viene con noi a Brooklyn." La parola Brooklyn mi procura una scossa. Rassegnata non controbatto, so che tanto non ho voce in capitolo perciò è inutile sprecare fiato.

Appoggio la tazza con l'infuso sul tavolo mentre lei si alza. Perde l'equilibrio sui tacchi vertiginosi che indossa ma riesco ad afferrarla in tempo.

"Grass... forse è meglio che me li tolga." Le slaccio i cinturini e appoggio le scarpe sulla sedia. L'aiuto ad alzarsi.

"Andiamo in giardino." Agguanto la tazza e la conduco fuori. Ci sediamo sul dondolo e restiamo in silenzio a fissare l'immenso prato davanti a noi, ognuna assorta nei propri pensieri.

Ricordo quando d'estate, io e Jaxon ci rincorrevamo passando sotto l'acqua che spruzzavano gli irrigatori. Una volta caddi e mi sbucciai un ginocchio. Mio fratello si avvicinò a me e mi baciò proprio affianco alla ferita poi prese a tirare finte botte all'erba ripetendo: "Cattiva, cattiva, cattiva erba. Chiedi scusa!" Scoppiai a ridere e mi dimenticai completamente della sbucciatura. Sorrisi al ricordo di quei tempi. Lo schiocco di un accendino mi riportò alla realtà. Mia madre fuma? Da quando? Sono sorpresa.

"Ne vuoi una cara?" Sono confusa ma decido di accettare, è ubriaca, domani mattina non si ricorderà di nulla.

"Grazie." Dico sfilando una sigaretta dal suo pacchetto. L'accendo e vengo inebriata dal fumo.  Una strana sensazione di tranquillità si fa strada in me, per un attimo mi dimentico di tutto.

"Se tuo padre fosse qui mi ucciderebbe." Ride. Ha una ristata bellissima anche da ubriaca.

"Sei proprio sicura riguardo al trasferimento?" Provo a chiedere.

"Si Zoe, non riesco più a vivere in questa casa, ogni angolo racchiude dei ricordi di momenti felici, non riesco più a muovere un passo che vecchi ricordi mi assalgono la mente. Non ci mancano i soldi, ho già provveduto a comprare una casa poco fuori Brookyn e la tua università è poco distante dalla nuova casa, perciò non ci saranno problemi con i trasporti. Tu avrai la tua macchina e sarai autonoma, io riprenderò con il lavoro e Connor starà con noi, non cambierà nulla." Sono sconcertata e arrabbiata ma non posso ribattere perché ha già progettato tutto e so già che non cambierà idea, devo solo prenderne atto. Il silenzio viene rotto dalla sua voce:

"Sai non sono mai stata una madre modello. Non ci sono stata sempre per te e tuo fratello, ero spesso in giro e di questo sono particolarmente dispiaciuta. Mi sarebbe piaciuto potervi crescere con le mie stesse mani e forze ma ho sempre avuto paura. Non so di preciso di cosa, ma ho sempre avuto paura. Quando sei nata ho avuto il timore di poter essere gelosa e invidiosa di te, così ho preferito trovare un lavoro che mi tenesse indaffarata tutto il giorno anche se non ne avevamo bisogno perché economicamente stavamo già bene. Poi ho capito che una madre non può essere invidiosa di una creatura che ha creato essa stessa ma ormai ero diventata importante a livello lavorativo, perciò mi sono dovuta giostrare tra voi e i vari viaggi lavorativi. Bisogna improvvisarsi madri, non c'è un libro dal quale si può apprendere, ognuno è genitore a suo modo, forse il mio non è stato il migliore ma voglio che tu sappia che ti voglio bene e te ne ho sempre voluto." La rabbia che si era annidata dentro me viene spazzata via dalle sue parole.

"Non ho mai dubitato di te come madre. Ti voglio bene anche io." Restiamo lì per altri minuti senza dir nulla, poi lei si alza traballante e torna dentro. L'aiuto a stendersi sul divano, la copro e me ne torno in cucina per cercare dell'altro cibo con la consapevolezza che la mia vita sta cambiando una volta per tutte.

SPAZIO AUTRICE ❤️
Ciao a tutti miei cari lettori, fatemi sapere cosa ne pensate di questo nuovo capitolo lasciando un commento, non siate timidi. Ci sarà una piccola SORPRESA nel prossimo capitolo perciò, per restare aggiornati, mi raccomando, aggiungete SALVAMI  al vostro elenco lettura oppure alla vostra biblioteca privata. Fatemi sapere quale pensate sia la SORPRESA con un commento, vediamo se indovinate! Un bacione e al prossimo capitolo❤️

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