CAPITOLO 12

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Io e Sarah ci sediamo sotto la tribuna del campo da football e ci godiamo i raggi del sole che trapassano le scalinate e ci colpiscono il viso scaldandoci.
"Che pace." Dice.
Mi accendo una sigaretta proprio quando ci raggiunge un ragazzo. Alto, capelli neri e occhi dello stesso colore del cielo. Il suo stile è un misto tra emo e metallaro è un tipo enigmatico, difficile da decifrare a prima vista.
"Sarah!" Esclama. Si avvicina e le dà un leggero bacio. Non capisco cosa possano avere in comune, lei è una ragazza molto semplice e principesca, lui sembra il completo opposto.
"Non mi presenti la tua nuova amica?" Dice rivolgendosi a me.
"Certo! La mia compagna di NLM* è, rullo di tamburi, Zoe Lee." Dice con molta enfasi e sorridendo.
"Piacere Zoe, io sono Nile, miglior attaccante della squadra di lacrosse nonché miglior NLM di tutti. Se ti chiedi come abbia fatto, ho lanciato i gessetti colorati dalla finestra. Non puoi immaginare la faccia che ha fatto quando lo ha scoperto. Dopo due soli minuti sono stato sbattuto fuori. Ma tu! La prima lezione! Diciamo che ci contendiamo il primo posto."
"Zoe Lee, piacere." Taglio corto io. Non ho molta voglia di parlare. Sono stanca e l'unica cosa che voglio ora sono le mie calde coperte e i mio comodo letto ma non di Hampton, quello di Chicago, quello della mia vecchia casa. Qua è tutto così diverso, estraneo. Mi manca la mia vecchia scuola, i miei vecchi compagni, la mia vecchia vita. Non avevo bisogno di far nulla, tutto mi era servito su un piatto d'argento mentre ora sono una persona qualunque, sola e infinitamente triste.
"Raccontami un po' di te, Zoe." Dice Nigel sgranando gli occhi bramoso di spere.
"Vengo da Brooklyn, sono arrivata in città ieri, odio questo posto." Finisco la sigaretta nel momento in cui termino la frase. Nigel mi sorride divertito.
"Sei buffa sai?" Fa una piccola pausa mentre si accende una Marlboro, ci avrei scommesso che fumava. Rimango sbalordita, invece, quando ne passa una anche a Sarah. "Però mi stai simpatica." Con un leggero accenno di sorriso conclude la frase. Sono tutti così disponibili qua a Hampton e molto più amichevoli rispetto a Brooklyn. Per ora però non me la sento di aprirmi con loro, li ho appena conosciuti e non ancora ben inquadrati.
"Eccole che arrivano." Nigel rotea gli occhi mentre un'orda di oche tirate a lucido dai capelli biondi e le tette sporgenti raggiungono il nostro magico trio. Le divise da cheerleders che indossano sono tra le più corte che io abbia mai visto, una benda per gli occhi coprirebbe molto di più.
"Sapete di non poter stare qui, fuori dalle scatole tutti e tre, dobbiamo provare." Esclama la prima della fila squadrandomi.
"Qualche problema?" Chiede quando si accorge che anche io la sto fissando.
"Si, tu." Rispondo.
"Ma sentitela ragazze, la nuova arrivata si sente già una diva e si permette di rispondermi male, non la passerai liscia mia cara."
"Cosa dovrei fare? Correre al riparo dalla tempesta firmata <<bionda che cammina due metri sopra terra>>?" Il mio volto è più divertito che mai mentre pronuncio la frase.
"Ti converrebbe, a meno che tu non voglia rimanere folgorata."
"Folgorata da cosa? Dalla tua ira?"
"Chiudi il becco o passerai guai seri." Ringhia lei.
Mimo il gesto di chiudere la bocca con la zip sorridendo.
Lascia perdere me e si avvicina a Nigel baciandolo su una guancia. I miei occhi balzano immediatamente al viso di Sarah che non sembra affatto turbata da quel gesto.
"Leviamo subito il disturbo signorina Jessie." Dice con ironia Sarah tirandosi in piedi e facendo finta di pulire con la mano il posto sul quale era seduta.
"Simpatica." Ribatte con espressione accigliata Jessie.
"Non avevamo nessuna intenzione di farvi perdere del tempo prezioso per il vostro fantastico balletto." Mi fa cenno con il viso di seguirla mentre si incammina verso la scuola.
"Brave andatevene avete già rubato abbastanza tempo alle nostre prove."
"Prove talmente importanti che vi hanno accantonato dietro le tribune del campo." Ribatte Sarah. Ha un caratterino niente male, non me lo sarei mai aspettata. È proprio vero che l'apparenza inganna.
"Zitta stronza, stiamo molto meglio senza te." Risponde Jessie.
Nigel ci raggiunge e scoppia a ridere, ha assistito a tutta la scena senza aprir bocca.
"Le hai fatto il culo ha strisce. La faccia che ha fatto! Non sapeva cosa rispondere." Mi batte il cinque e tutti e tre scoppiamo a ridere.
"L'avevo detto che eri forte!"
Non so bene per quale motivo me la sia presa così tanto con Jessie ma odio le persone che si sentono superiori alle altre solo perché sono ricche o affascinanti. Ero così anche io e quando sono cambiata ho capito quanto sia brutto avere quell'atteggiamento di superiorità nei confronti delle altre persone. Mi ero costruita una fama pazzesca all'interno del vecchio istituto, ero al vertice della piramide del potere e avevo tutti i ragazzi ai miei piedi. Se l'impressione che facevo agli altri era quella che ha fatto Jessie a me non c'era da meravigliarsi che avessi poche amiche prima di cambiare.
"Bene io vado." Li saluto con la mano.
"A domani." Mi fanno eco loro.

"Sono a casa!" Urlo per avvisare mia madre che sono tornata. La casa è immersa nel più totale silenzio. Connor è sicuramente uscito per  fare compere e svolgere mansioni imposte da mia madre mentre lei si starà già rilassando in una delle tante piscine di cui è tappezzata la casa. Poso le chiavi nel piatto sistemato all'ingresso e appendo la giacca. In cucina mi preparo un panino e un bicchiere di acqua. Quando finisco di mangiare vado in salone ma ciò che mi trovo davanti mi fa rabbrividire, le gambe mi tremano. Perdo l'equilibrio e cado a terra proprio davanti a mia madre che è stesa sul pavimento con un bicchiere di whisky rovesciato. Non l'ho mai vista soffrire così tanto e spingersi fino a questo punto e la cosa mi spaventa. Quando mi tranquillizzo cerco di portare mia madre in camera. L'impresa è ardua e non so con quale forza, dopo svariati tentativi, riesco finalmente a stenderla sul letto. La copro con una coperta per poi lasciarla riposare e smaltire l'alcol che ha in corpo. Nello stanzino in cucina trovo un panno in microfibra con il quale riesco ad asciugare il pavimento. Lascio il bicchiere nel lavandino e esco di casa. Salgo in macchina e vado a fare un giro, ho bisogno di allontanarmi da questo posto, ho bisogno di tempo per ragionare, per pensare a quanto sia stato inutile trasferirsi. Dopo un solo giorno questo è ciò che mi ritrovo davanti, una donna depressa che trova rifugio nell'alcol. Quel poco che è rimasto della famiglia Lee sta cadendo a pezzi. Ci stiamo sgretolando lentamente e nessuno può far nulla per impedire che questo avvenga. La disperazione è immensa e nè io nè mia madre sappiamo come fare per superare il trauma della morte di Jaxon. Forse non ci riusciremo mai, è un peso troppo grande da portarsi dentro. Più penso a quell'incidente e più la voglia di scomparire dalla faccia della terra mi pervade.

*NLM: Non Lezione di Matematica.

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