Capitolo terzo

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Quell'attimo di follia avrebbe potuto rovinarlo per sempre. Era rimasto anni a osservare Lucia da lontano, ben conscio delle proprie possibilità. E, invece, per chissà quale ragione, aveva pensato bene di baciarla la sera prima.

Si tastò le labbra, nella speranza di sentire ancora la dolce presenza della fanciulla, il suo tocco morbido e il sapore di miele che l'accompagnava. Non sentì più nulla. Come tutto il resto, era stato spazzato via dal furente temporale che si era abbattutto sul loro piccolo paese.

"Tutto tranne la stupidata ormai compiuta" considerò con finto rammarico. L'avrebbe rifatto cento volte, forse mille, ma si sarebbe pentito una volta di più.

D'improvviso sentì la porta del bar aprirsi e la vide entrare. Era più bella che mai: i lunghi capelli scuri, scapigliati per il vento, gli occhi grandi e quelle labbra così piccole e delicate. Gli ricordò un piccolo iris viola, un fiore tanto esotico e misterioso, quanto fragile e delicato.

La ragazza si guardò attorno, alla ricerca di Elia. Quando lo vide, lo salutò con un cenno del capo e lo raggiunse.

«Ciao» mormorò Elia.

Lei non rispose al saluto. Apettò che arrivasse la cameriera, ordinò una bevanda calda e rimase in silenzio per qualche minuto.

«Sei arrabbiata, immagino.»

Lucia non si degnò nemmeno di alzare lo sguardo verso di lui. Quando tornò la cameriera con l'ordine pronto, la ringraziò e incominciò a sorseggiare la cioccolata.

In quel momento, Elia, avrebbe tanto voluto sparire per sempre e nascondersi in un angolo buio per il resto della sua vita. Era stato lui a contattare l'amica, dopo che, quest'ultima, era scappata via la sera prima. Eppure non si sarebbe mai aspettato di vederla lì. Forse lui stesso sperava in un rifiuto da parte di Lucia. "Ma ci sono tante cose da chiarire. Troppe."

«Perchè mi hai raggiunto ieri sera?» La voce della ragazza gli tuonò nelle orecchie come una martellata.

Tentennò. «Non lo so.»

Gli occhi scuri di Lucia lo fulminarono in un istante. «Non lo sai? Sei comparso di colpo, mezzo spiritato, mi hai baciata di forza e... Nonlo sai?»

Era vero, anche se, durante il bacio, Elia aveva letto meno resistenze del previsto. Ovviamente non poteva dirsi assolutamente consenziente, ma, forse, era rimasta intrigata da quella sua trasformazione.

«Volevo vederti» rispose alla fine.

«E per quale assurdo motivo?»

Frenò le parole e ponderò una risposta migliore di quella pensata. Per lui non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di un motivo valido per vedere Lucia. Avrebbe voluto vederla tutti i giorni, solo per il fatto di ammirarla e amarla. Ma, ovviamente, non poteva rispondere in quel modo.

«Avevo la sensazione che anche tu fossi in grado di trasformarti.» In fin dei conti era la verità.

Lei soppesò con attenzione le parole dell'amico. «Non posso darti né torto né ragione su questo punto. Quella sorta di...trasformazione, risulta incomprensibile anche a me. Appena mi hai toccata, ho sentito come un fiume in piena che straripava all'infuori di me. E poi, come se niente fosse, mi sono ritrovata in quello stato.»

«Eri bellissima.»

Un velo di rossore colorì il pallido volto di Lucia. Chinò gli occhi sulla tazza di cioccolata e si raccolse in se stessa, assorta nella bevanda calda.

«Cosa siamo diventati?» mormorò.

Elia scosse la testa. «Non lo so, ma credo che sia qualcosa di speciale. Qualcosa che ci lega l'uno all'altra.»

«E cosa te lo fa pensare?»

«Che ci siamo trasformati pensando all'altro.» La ragazza sbuffò.

Fuori dal locale iniziò a piovere. Si sentì prima un ticchettio sommesso, poi una violenta tempesta di colpi, che si abbatterono contro la vetrata del bar. Ma nè Elia nè Lucia si accorsero di tutto ciò. Erano in un mondo completamente diverso, un mondo fatto di parole, sussurri e segreti. Il dissapore iniziale della fanciulla si era sciolto insieme alla cioccolata. Aveva prevalso la voglia di scoprire un mistero e l'eccitazione per quella strana e nuova esperienza.

«E così ti spuntano un bel paio di corna, eh?» Lucia scoppiò a ridere. «Interessante.»

«A te no?»

Scossela testa. «Niente corna, però mi si allungano le orecchie e i capelli, un pochino.»

«Anche a me i capelli», con le mani indicò la misura precisa. «Fa un effetto strano.»

Lucia ridacchiò. «Un po' tutta questa situazione fa un effetto strano.» Elia annuì. «Cioè, guardaci, fino a ieri eravamo ragazzi normalissimi e poi, tutto d'un tratto, ci ritroviamo completamente mutati.»

Il ragazzo le rivolse un'occhiata. «Io non sono cambiato affatto.»

«Già, e forse questo mi preoccupa ancora di più.»

Scoppiarono a ridere tutti e due.

Alcuni credono che, in situazioni pericolose, l'uomo diventi all'improvviso un feroce cacciatore o un pazzo psicotico. Eppure, solitamente, succede proprio il contrario: cerca in tutti i modi di ricreare le condizioni originali di tranquillità e armonia. Come se nulla fosse successo, come se le lancette dell'orologio avessero smesso di battere.

Questo pensò Elia in quel pomeriggio uggioso di giugno, felice per l'esito dell'incontro, ma ignaro dello sguardo glaciale che lo aveva tenuto d'occhio per tutto il tempo. Solo una sagoma scura sotto la pioggia, un individuo qualunque, privo d'identità. Almeno per ora.

L'osservatore rimase fermo e in silenzio per ore, osservando i due ragazzi all'interno del bar. Non si mosse nemmeno quando li vide uscire dal locale, sorridenti. Li scrutò allontanarsi per le strade del paese, inconsapevoli di quanto li attendesse. I pulcini erano ormai usciti dall'uovo ed era giunto il momento di mostrar loro come funzionava il mondo.

Quella missione non poteva fallire, ma, d'altra parte, lui non falliva mai. Sputò per terra e sorrise.

"In fin dei conti oggi è proprio una bella giornata."

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