Capitolo quinto

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E fu luce. Una vera e propria onda di luce, che lo travolse e lo accecò in un baleno. Cercò di opporsi a quella forza misteriosa, ma senza risultati. Un naufrago in preda alla marea, in un oceano d'incertezze e oscurità. Guardò davanti a sè, ma ciò che vide fu solo una tela bianca, su cui doveva ancora essere proiettato il film.

Battè gli occhi e annaspò. Un puntino scuro comparve al centro della tela, allargandosi sempre più in fretta. Quando raggiunse le dimensioni di una palla da basket, una serie di immagini incominciarono a fuoriuscire all'impazzata. Elia non potè far altro che aggrapparsi con tutte le forze e resistere a quel fiume imbizzarrito.

Gli parve di scorgere una spada dorata, impugnata da un cavaliere ambrato. Faceva vibrare la lama con una destrezza sorprendente, quasi sovrannaturale. Alle sue spalle si materializzarono altri uomini, simili al soldato: prima decine poi centinaia. Si muovevano all'unisono e avanzavano con vigore.

Elia indietreggiò, spaventato. Per qualche strano motivo, pareva quasi conoscerli. I soldati si bloccarono di colpo e sguainarono le spade.

«Basta, andate via!»

L'esercito dorato lo fissò con occhi di brace. Lo volevano morto, ma il ragazzo non aveva la più pallida idea del motivo. Una goccia fredda di sudore gli scivolò lungo la schiena e le gambe incominciarono a tremare. Il primo cavaliere si avvicinò a lui, alzò la spada, minaccioso e, senza mai staccare gli occhi da Elia, inferse il colpo.

Il ragazzo rimase impassibile, in attesa di sentire la lama dilaniare la carne. Ma, per sua fortuna, ciò non accadde. Quando riaprì gli occhi, lo scenario era completamente mutato. Si trovava in una stanza buia, priva di finestre. Dalla porta, socchiusa, filtrava un fioco bagliore. Elia lo seguì, aprì lentamente l'uscio e si preparò a qualunque tipo di sorpresa.

Non accadde nulla.

Dall'altra parte, si apriva un soggiorno dall'aspetto antiquato. Un caminetto in pietra mostrava ancora i segni di un focolare spento da poco, mentre un tavolino di legno occupava il centro della stanza. C'erano solo due sedie: una era vuota, sull'altra, invece, sedeva una figura esile, incappucciata.

«Chic'è?» domandò l'abitante della casa.

Elia aprì la bocca, ma questa volta non riuscì a emettere alcun suono.

«Sei venuto a prendermi?» Era una voce di donna, quasi soave, se non fosse stato per quella nota di paura che possedeva. Aveva da poco smesso di piangere, si poteva intuire dai singhiozzi strozzati.

Il ragazzo si avvicinò, incuriosito. Rispetto alla visione precedente, quella aveva un aura più malinconica. Gli infondeva una sensazione di angoscia e rammarico, di cui non poteva farne a meno. Voleva conoscere quella persona, voleva parlare con lei, toccarla, sfiorarla...

La donna si voltò di colpo. Tra le sue mani, stringeva un coltello affilato, rivolto minacciosamente contro Elia. Il volto era ancora coperto dal cappuccio, ma le ombre non riuscivano a celare del tutto la linea sottile delle labbra, tese.

«Non ti preoccupare» sibilò il giovane.

L'altra non indietreggiò. Rimase qualche secondo in attesa, poi, come una molla, scattò in direzione di Elia. Superò di slancio il tavolo e travolse il ragazzo con una forza sorprendente. Caddero entrambi a terra, rotolando sul pavimento, intrecciati in un abbraccio mortale.

Elia vide la lama del coltello baluginare a pochi centimetri dal suovolto. Evitò un affondo mortale e tentò di spingere via l'aggressore. La donna vacillò leggermente e lui ne approfittò. Le tirò un calcio sul ventre, che la catapultò a qualche metro da lui. La sentì cadere con un tonfo secco, poi più nulla.

"Questa è tutta pazza." Si tirò in piedi a fatica e zoppiccò verso la padrona di casa.

Giaceva di spalle, inerte. La punta del coltello spuntava tra le pieghe del mantello. Nella caduta si era infilzata da sola. Elia si avvicinò, lentamente. La fece voltare con una mano e, nel movimento, il cappuccio sfilò via.

Il mondo gli crollò sotto i piedi.

Quei lineamenti, quegli occhi, quella fronte, quel naso... Era chiaramente più vecchia, ma non c'erano dubbi: era Lucia.

La guardò, allibito, in cerca di una spiegazione inesistente. Poteva essere un sogno, lo sperava, ma sembrava tutto troppo vivido per esserlo. Gli si formò un groppo in gola. Strinse le mani in pugni serrati e sentì le unghie lacerargli la carne. Osservò per l'ultima volta la donna amata, poi chiuse gli occhi e urlò.

Un urlo che squarciò i cieli e liberò la sua rabbia.

Luci di tenebraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora