Capitolo ventesimo

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Il sole era scomparso ormai da tempo sotto quell'infinito mantello bianco di nuvole. Lo guardò con la coda dell'occhio, in un misto di devozione e sbigottimento. Non ci voleva poco a stupirla, ma la natura sapeva sempre colpire i punti giusti del suo cuore.

Si strinse forte a Elia, alla ricerca di un po' di calore. Nonostante il paesaggio mozzafiato, stava morendo dal freddo. Erano in viaggio da ore, ma l'amico non pareva intenzionato a fermarsi. Volava con la gioia negli occhi e un senso d'euforia nelle vene.

«Quanto manca?» urlò per farsi sentire.

«Poco.»

Lucia lo scrutò di sottecchi. «E come fai a esserne sicuro? Non si vede niente da quassù.»

«Lo so», alzò le spalle e rivolse un'occhiata alle nuvole sottostanti. «E' come se lo sentissi dentro di me. Riesco a percepire l'esatta posizione del nascondiglio, devi fidarti.»

«Io mi fido di te, sono le braccia a preoccuparmi. Non ce la faccio più. Fa freddo e sto morendo dalla fatica.»

L'amico non le rispose, la sua attenzione era stata attirata da altro.

«Eccoci» bisbigliò. E subito piroettò su se stesso e piombò verso il basso. Bucarono il soffice manto bianco e tornarono, dopo ore di viaggio, in quell'oblio che chiamavano mondo. Montagne buie comparvero sotto ai loro occhi, contornate da ripidi burroni e fianchi scoscesi. Le rocce aguzze parvero quasi sorridere ai nuovi arrivati, desiderose di trafiggerli con le loro punte affilate.

«Stai attento!» sbraitò.

Precipitarono a tutta velocità contro gli spuntoni. Divennero sempre più vicini, ogni secondo di più.

Guardò l'amico con aria preoccupata. «Elia?» Ma non rispose.

"Sono morta." Chiuse gli occhi e attese un impatto che non arrivò mai. All'ultimo secondo, Elia spalancò le ali e sfruttò il vento per deviare la traiettoria. Le piume scure fremettero in preda alle convulsioni, ma resistettero alla resistenza dell'aria. Planarono con più calma, fino ad atterrare in uno dei rari spiazzi liberi.

Erano salvi.

«Questa sì che è stata un'avventura!»

Senza curarsi del ragazzo, si diresse verso una cavità della roccia e vomitò tutto quello che aveva trattenuto. Aveva lo stomaco sottosopra, e un senso di vertigine che non voleva smetterla di assillarla.

Sentì la mano di Elia sulla sua spalla. «Tutto bene?»

«Sono solo un attimino scossa.»

«Forse sarei dovuto atterrare con più calma» sghignazzò.

Lo fulminò con lo sguardo. «Forse.»

Dopo aver salvato Andrea, avrebbero fatto il percorso inverso a piedi. "Anche a costo d'impiegarci un'eternità."

Un corvo gracchiò a pochi passi da loro. Li fissò con i suoi occhi color pece, prima di zampettare lontano, alla ricerca di cibo. "Mi sa che per stasera non mangi" considerò Lucia, osservando il terrerno apparentemente privo di vita. Non c'erano piante o arbusti selvaggi, e nemmeno l'ombra di qualche essere vivente, se non il corvo solitario. Per il resto, erano circondati da rocce scure, dall'aspetto selvaggio e tetro.

«Dove siamo?»

Elia scosse il capo. «Non lo so.»

«Non avevi detto di conoscere la strada?»

«Già, ma non so esattamente la posizione. E' una sensazione alquanto bizzarra, non so come spiegarmi. Conosco la direzione, ma non comprendo bene la sua ubicazione.» Sorrise. «Strano, vero?»

«Ormai non mi sorprendo più.» Con tutto quello che aveva visto in quei giorni, una bussola sballata era la cosa meno importante. Si guardò attorno con ansia, ma non vide alcun segno di Andrea o dei suoi rapitori. «E ora dove si va?»

«Verso l'inferno.»

E fu esattamente così. Come per Dante, anche il loro cammino verso gli inferi risultò duro e impervio. Attraversarono sentieri accidentati e passi inaccessibili, superarono strapiombi senza fine e sporgenze aguzze. Per un attimo, rapidissimo, prese in considerazione la possibilità di voltarsi e tornare indietro. Era ancora in tempo, era sempre in tempo. Avrebbe potuto mollare, lasciare Andrea al suo triste destino e continuare la vita che aveva abbandonato. Ma non sarebbe più stata la stessa senza di lui. E, proprio per questo, strinse i denti e continuò a camminare, nonostante il freddo e la fatica.

Finchè non arrivarono...

Aveva il fiatone e un dolore lancinante al fianco sinistro. «E' questo?» biascicò.

Accanto a lei, Elia, annuì. «Esattamente come nella visione.»

Un campo di grano si apriva davanti a loro, perdendosi all'orizzonte. Centinaia di spighe, che danzavano malinconiche, sospinte dal vento. I loro occhi vagarono fra i tralci dorati, illuminati dalla pallida luce della luna. Studiò con perplessità quello scenario paradossale. Cosa ci faceva un campo coltivato lassù, in mezzo al nulla? E, soprattutto, come poteva resistere al freddo?

«Guarda lì!»

«Che cosa...» Dritto davanti a loro, quasi sommerso dal mare danzante di frumento, si ergeva un antico arco in pietra. Pareva quasi aspettarli, con quel suo fascino sinistro e solitario.

«Tutto come previsto» sussurrò Elia.

«Immagino che dovremmo attraversarlo.» Le si formò un groppo in gola al solo pensiero. Da quella distanza, non riusciva a scorgere cosa c'era dall'altra parte, ma aveva uno strano presentimento. Qualunque cosa fosse, non sarebbe stato niente di buono.

«Non ha senso aspettare, no?» E s'immerse tra le alte spighe, facendosi largo con le mani. Aveva volato per ore e sfiorato la morte tra sentieri impossibili. Non si sarebbe fermata certo ora. Attraversò il campo quasi di corsa e, in men che non si dica, si ritrovò in uno spiazzo circolare. Sputò un stelo d'erba e si concentrò sull'enorme struttura che s'alzava al centro dello spiano. Da lì, sembrava ancora più minacciosa e inquietante.

«Fa un certo effetto.» Elia comparve accanto a lei, il volto teso in un'espressione preoccupata. «Ne sei convinta, Lucia?»

Una nuvola passò davanti alla luna, oscurando il mondo sottostante. "Convinta?" Tra le ombre della notte, un piccolo dubbio s'insinuò nel suo cuore spaventato. Un dubbio che premurò di cancellare il prima possibile. "Sì, lo sono." Sollevò il capo verso l'apertura e strinse i pugni.

«Vedi qualcosa?»

«Assolutamente niente.»

Dall'altra parte del varco, regnava l'oscurità più totale. Un invisibile velo scuro copriva l'entrata dell'arco, impedendo la vista dei poveri ragazzi. Sarebbe stato un salto nel buio, nella speranza di non precipitare in chissà quale burrone.

Avanzò di un passo, ma Elia la bloccò. «Fai andare prima me.»

«Cambierebbe qualcosa?»

Gli occhi scuri del ragazzo brillarono nella notte. «Non mi va di fare il cavaliere. Al diavolo le signore, passo prima io.» E dopo aver detto questo, si lanciò verso l'entrata. «Ti aspetto dall'altra parte.» E sparì.

Il silenzio calò attorno a lei.

"Sola." Erano passate ore dall'ultima volta senza Elia, e scoprì di avere paura. Un terrore viscerale, che le paralizzò le gambe e le impedì di proseguire. Fissò l'arco e deglutì.

"Coraggio, Lucia." Zoppicò verso il varco. "Coraggio!" Ancora un passo e ce l'avrebbe fatta. Allungò la mano e la vide sparire tra le pieghe del manto, immersa completamente nelle tenebre. Sospirò, di nuovo, e strinse i denti. Spinse un po' più a fondo il bracciò, che svanì anch'esso al di là dell'arco.

"E se non ci fosse alcun al di là? Se sparissi semplicemente nel vuoto?"

Avrebbe importanza? Sapeva già la risposta.

Trattenne il respiro e si buttò in avanti, verso l'ignoto.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 11, 2017 ⏰

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