Capitolo decimo

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«Dobbiamo andarcene da qui!»

La camera da letto divenne d'un tratto molto più piccola e asfissiante. Elia fissò la ragazza con occhi ricolmi d'attesa, ma, quella, chinò il capo e rimase in silenzio. L'istante di elettricità che si era creato qualche minuto prima, era andato scaricandosi con il trascorrere del tempo, fino a esaurirsi del tutto.

«Ti prego» la supplicò Elia.

La fanciulla non rispose, nel bel mezzo di una profonda riflessione. La mano destra, in preda all'agitazione, si arrovellava sull'orlo della maglietta nuova, mentre la sinistra veniva morsicchiata senza tregua.

«Dobbiamo proprio?» Gli occhi scuri di Lucia si posarono su di lui.

«Sì.»

«Mi stai dicendo di fuggire dal paese in cui vivo, dal mio ragazzo, dalla vita che mi sono costruita qui... per?»

«Per salvarti.» Doveva convincerla a tutti i costi del pericolo che correva. Belial sarebbe tornato, e non li avrebbe più sottovalutati.

Lucia scosse la testa, visibilmente dubbiosa. «Non lo so, Elia, mi sembra tutto così confuso. Prima questa strana metamorfosi, poi misteriosi esseri soprannaturali che scendono a darci la caccia, tu che vaneggi su qualche fantasma che ti gira attorno...»

«Si chiama Lucifero» precisò il ragazzo.

«Ha importanza?»

«Per me sì.»

La ragazza sbuffò. «Non so più se stai vaneggiando o meno. Capisco che la situazione è complessa, ma forse hai bisogno solo di un po' di riposo, tutto qui.» Si alzò con un balzo e incominciò a camminare avanti e indietro per la camera. «Ci sta succedendo qualcosa, questo è chiaro. Forse dobbiamo soltanto rilassarci un po' e osservare la situazione da un altro punto di vista.»

Elia sollevò un sopracciglio. «Quale?»

«Non lo so! Magari abbiamo solo bisogno di un aiuto esterno.»

Per poco non scoppiò a ridere. «Conosci qualche esperto in materia demoniaca?»

«Non essere così drammatico, non siamo sicuri che si tratti di...»

«Sì che lo siamo!» Urlò talmente forte, che Lucia tacque di colpo, sbigottita. «Scusami.»

La ragazza si avvicinò a lui, lentamente, e gli sfiorò la guancia con una mano. Erano anni che non lo toccava in quel modo, non di sua iniziativa almeno. Chiuse gli occhi e assaporò quell'istante così prezioso. Di colpo, tutta la frustrazione che aveva accumulato, svanì e si sentì subito più libero e sereno.

«Vedi?» sussurrò.

«Cosa?»

Elia aprì gli occhi e si immerse nelle iridi scure dell'amica. «Come fai a non essere un angelo?»

Scoppiarono entrambi a ridere, sancendo una tregua momentanea. Angeli o demoni, nessuno al mondo li avrebbe divisi, mai.

"Per farlo, ci vuole qualcosa di più forte. Per esempio una pericolosa infatuazione da parte di uno dei due" considerò mestamente il giovane.

«Raccontami meglio del demone di cui parli» proruppe Lucia, senza mai distogliere l'attenzione da lui.

Elia non se lo fece ripetere due volte. In un sol fiato, descrisse nel dettaglio tutti gli avvenimenti che erano successi in quei giorni. Le raccontò dell'incontro con Belial, lo scontro avuto con quest'ultimo e dei suoi strani poteri. Soltanto una cosa tenne per sè: il sogno avuto in punto di morte. L'immagine del volto di Lucia, ormai privo divita, albergava ancora vivida nel suo cuore, come un monito costante. Qualunque fosse il significato, avrebbe evitato a ogni costo di riviverlo.

Luci di tenebraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora