Capitolo quarto

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Si voltò indietro per l'ennesima volta. Era da quella mattina che aveva una strana sensazione, come se qualcuno lo stesse seguendo. Elia strizzò gli occhi, ma non scorse nessuno di sospetto.
"Troppo stress" considerò cupamente, stringendo la borsa della spesa.

La cacofonia del mercato lo circondò, una sequenza indistinta di voci e richiami. E proprio da queste si lasciò cullare, mentre passeggiava per le strade del paese. Un ragazzino lo spintonò di corsa, sparendo subito dopo tra la folla. Nello stesso istante, un simpatico pescivendolo sporse la mano fuori dalla propria bancarella, agitando tutto contento un pesce non ancora del tutto morto.

«Pesce fresco!» urlò a pieni polmoni.

Elia lo evitò e proseguì il suo cammino fino alla fine del mercato, lontano dal cuore del baccano. Continuò ancora per un pezzo, sovrappensiero. Aveva così tanto da riflettere, in quei giorni era successo di tutto e di più. Quella misteriosa trasformazione aveva mandato in frantumi la sua quieta esistenza, catapultandolo in un mondo nuovo, privo di punti di riferimento. Neanche Lucia aveva saputo dargli una risposta, anzi...

"Almeno non sono da solo." Un'amara considerazione.

Un colpo di tosse lo riportò alla realtà. Proveniva da un punto indistinto alle sue spalle, e , per chissà quale motivo, sembrava promettere solo guai. Si voltò, lentamente, tenendo ben stretta la busta della spesa (come se potesse essere d'aiuto).

«Salve.» Un ometto dalla corporatura esile s'inchinò di fronte a lui.

«Salve.» Elia fu colto di sorpresa.

L'altro sorrise. Un sorriso monotono, come quello di molti uomini d'affari, che nascondono le loro vere emozioni dietro una maschera di cortesia. Lo fissò con i suoi occhietti vispi e inarcò un sopracciglio. «Spero di non averti spaventato.»

«No, tranquillo.»

L'uomo annuì. «Bene. Perchè volevo parlarti in tranquillità», intrecciò le dita e socchiuse gli occhi leggermente. «Vedi, ho bisogno di farti alcune domande, se posso.» Elia non rispose, e l'individuo misterioso lo prese come un segno d'intesa. «Bene. Partiamo dalle cose semplici allora: ti chiami Elia?»

Aveva come il sospetto che sapesse già la risposta. «Sono io.»

«Bene. Sono felice di non essermi sbagliato. E, dimmi Elia, ti va di venire un attimo con me?»

Un primo campanello d'allarme incominciò a suonare nella testa del ragazzo. «Dove?»

L'altro aspettò qualche secondo prima di rispondere. Incrociò le braccia alpetto, per poi lasciarle andare lungo i fianchi in modo fin troppo teatrale. «Vedi, sono una sorta di talent scout. Vado alla ricerca di ragazzi "speciali" come te. Una volta trovati, tento di portarli nella mia... agenzia.»

Anchela seconda campanella prese a squillare all'impazzata. «Non so di cosa tu stia parlando. Mi dispiace, ma non sono per niente speciale.»

«Questo è un problema», arricciò un labbro in segno d'insoddisfazione. «Secondo i miei calcoli, tu devi essere speciale.»

«E se non lo fossi?»

«Sarebbe un problema.»

«Per chi?»

L'ometto sorrise, divertito. «Per me. Ma soprattutto per te.»

Giunti a quel punto, si aprirono di fronte a lui una miriade di possibilità. Senza pensarci due volte, scelse la più comoda. Diede le spalle allo strano individuo e cominciò a correre come se non ci fosse un domani. La strada scendeva verso il fiume, un piccolo corso d'acqua che attraversava il paese. La percorse tutta, all'impazzata, finchè giunse di fronte a un cancello.

"Fine della strada." Ansimò, per riprendere le forze e il fiato.

Non c'era traccia dell'ometto, ma non poteva esserne sicuro. Doveva continuare la fuga. Prese un respiro e si addentrò all'interno del boschetto che costeggiava il fiume.

I rami gli graffiarono il viso, ma non se ne curò. Non c'era tempo da perdere, doveva allontanarsi il più possibile. Per poco non inciampò in una radice scoperta. Arrancò, ma non cadde. Sopra di lui, un paio di uccellini cinguettarono all'unisono, quasi a prenderlo in giro. Li maledisse da lontano e continuò a camminare, entrando sempre più in quel mondo fatto di foglie e ombre.

Quando raggiunse la riva sassosa del fiume, si bloccò. Avrebbe voluto essere sollevato, ma gli faceva troppo male la milza per riuscirci. Prese un boccone d'aria pulita e alzò il capo per osservare finalmente il cielo azzurro. La sua vita stava prendendo una piega decisamente poco piacevole per i suoi gusti.

«Salve.» L'ometto lo salutò nuovamente, ma questa volta i suoi occhi ardevano di rabbia.

"Com'è possibile?" Non voleva crederci, eppure era lì, con il suo completo scuro e un'aria tronfia e soddisfatta. Era seduto a gambe incrociate su un masso al centro del fiume, perfettamente a suo agio e apparentemente fresco come una rosa. Elia lo osservò un attimo con aria basita, non riuscendo a comprendere come fosse possibile tutto ciò.

Lo straniero sorrise, degustando già la vittoria. «Sorpreso?»

Elia non rispose.

«Sai, immaginavo che sarebbe stato inutile chiedertelo con le buone, ma ci tenevo a fare la persona per bene», si alzò in piedi, spolverandosi il completo con la mano. « Tuttavia, credo sia giunto il momento di passare ai fatti.»

«Cosa vuoi da me?»

L'uomo fece finta di non sentire la domanda e proseguì imperterrito nel suo monologo. «Sospettavo che fosse andato storto qualcosa durante il processo di reincarnazione, ma non credevo ti fossi rincitrullito così tanto.»

«Io non...»

Battè le mani con forza e il tempo, per Elia, parve quasi fermarsi. La giacca del completo si squarciò in mille pezzi, rivelando il torso nudo dell'uomo. In un secondo, subì una trasformazione a dir poco incredibile. Il piccolo e deperito commerciante sparì davanti ai suoi occhi, per lasciare il posto a un essere atletico e muscoloso. I lunghi capelli neri si agitavano attorno a lui come serprenti indispettiti, circondando il suo volto androgino in spire sottili e sinuose.

Sorrise, e per la prima volta in vita sua, Elia, ebbe veramente paura. Tentò di scappare, ma gli occhi rossi dell'uomo lo inchiodarono al suolosenza via di scampo.

«Non puoi fuggire.» Detto ciò, spalancò le ali scure e volò dritto sopra di lui. «Forza mio caro, spremi le meningi e fai saltar fuori qualche ricordo importante. So che non sei scomparso, vuoi semplicemente nasconderti per un po'.» Pareva quasi parlare con qualcuno dentro Elia, qualcuno che non riusciva a vedere.

«Io non...» Il ragazzo balbettò qualcosa d'incomprensibile, ma a malapena sentì le proprie parole. Il battito del cuore coprì ogni altro rumore.

Il demone chinò il viso su di lui. Ora era a pochi centimetri da Elia, troppo pochi per i suoi gusti. I lunghi capelli parvero quasi sibilare contro il giovane, gli si attorcigliarono lungo il collo e incominciarono a stringere.

«Non ho tempo da perdere.»

Elia sentì le forze abbandonarlo, la vista divenne via via più sfocata e il mondo attornò a lui incominciò a vorticare. Stava per perdere i sensi, e sarebbe stato fatale.

Con le ultime energie rimaste, alzò la mano e tentò di afferrare il volto del nemico. «Te la farò pagare» sussurrò in un ultimo moto d'orgoglio.

L'uomo spalancò gli occhi per la sorpresa. Scoppiò a ridere con energia e gli rivolse uno sguardo di pura follia. «Ora ti sembrerà strano,eppure mi hai già rivolto queste parole, Lucifero.»

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