Capitolo sedicesimo

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Buio. Ecco ciò che vide quando riaprì gli occhi, un buio profondo e denso. Aveva sempre pensato che la paura delle tenebre fosse una cosa da bambini, ma in quel momento dovvette ricredersi. Aveva paura, un terrore quasi atroce e viscerale.

Provò a muoversi, ma qualcosa lo bloccava. "Catene" considerò. Il gelido bacio del metallo gli graffiava i polsi e le caviglie.

"Dove sono finito?" E perchè, soprattutto? Un secondo prima si trovava con Lucia e, subito dopo, aveva visto il mondo ribaltarsi a gambe all'aria. L'ultimo ricordo che aveva, era lo sguardo sbalordito della fanciulla e il suo grido disperato.

"Cos'è successo?" Gli faceva male la testa, un dolore lancinante che gli impediva di concentrarsi. Non poteva restare così, doveva scappare, in qualche modo. Provò ancora una volta a scuotere gli arti, ma le catene gli impedivano anche i movimenti più semplici. Era vincolato lì, per sempre.

«C'è qualcuno?» urlò in preda al panico. Ma la voce risuonò vuota nelle oscure profondità delle segrete. "O in qualunque posto sia finito."

Tirò un lungo respirò e cercò di mantenere la calma. Ma come? Le fitte alla teste continuavano a tartassarlo, ogni secondo più forte. Si sentiva perso in un mare di tenebra, un povero naufrago disperato. Avrebbe tanto voluto scoprire una zattera di salvezza dietro un'onda, ma trovò cavalloni ancora più alti e pericolosi. Sentiva il trascorrere del tempo sulla sua pelle, un lento e inesorabile flusso, che lo avvolgeva sempre di più. Quanto era passato?

"Ore?" Ma ne era sicuro? Poteva anche sbagliarsi. In quel silenzio spasmodico, tutto sembrava così relativo. "Minuti?" Anche quella era un'opzioni. "Giorni?" Dalla gola secca e gli spasmi allo stomaco, poteva essere passata anche una settimana. Potevano averlo rinchiuso laggù a marcire per sempre, in attesa di gustarsi il suo cadavere putrefatto.

«No!» Il grido echeggiò tra le mura invisibili. Non voleva morire. Nessuno vuole morire, ma lui era certo di desiderare la vita più di tutti gli altri. Gli piaceva la sua esistenza, l'amava in maniera quasi morbosa. Aveva degli amici, una buona rendita, un aspetto incantevole, una ragazza magnifica. Perchè doveva abbandonare tutto così presto? "Non voglio!"

Si morse un labbro, finchè non sentì l'acre sapore del sangue. Qualunque sia stato il motivo di quel rapimento, si trattava sicuramente di un increscioso abbaglio. Prima o poi qualcuno sarebbe giunto e gli avrebbe spiegato tutto, per filo e per segno. Non era la persona che volevano. Ovvio!

Ma non arrivò nessuno. Attese a lungo, in silenzio, ma non scorse alcuna presenza. Il buio regnava sovrano attorno a lui, desideroso di mantere a lungo quel trono ambito. La smania iniziale, lasciò presto il posto a una cupa rassegnazione. Forse aveva ragione, l'avrebbero lasciato lì a morire. Forse nessuno sarebbe corso in suo aiuto. Forse non avrebbe più rivisto la luce del sole.

Chinò il capo e pianse per la prima volta dopo anni. Sentì le lacrime scorrere sulle guance e scendere verso il collo. Senza pensarci due volte, aprì la bocca e leccò le piccole goccioline salate. "In che stato mi sono ridotto" soppesò.

D'un tratto, però, qualcosa cambiò nell'immutabile stato di quiete della prigione. Una fiaccola, in lontananza. Spuntò dal nulla, quasi per magia, come se ci fosse sempre stato qualcuno davanti a lui, a osservarlo. Al solo pensiero, deglutì. Molto probabilmente non si era accorto dei passi.

Il lume si avvicinò, lentamente. Una fiamma danzante nell'oscurità, priva di corpo fisico.

«Chi sei?» balbettò in un rauco sussurro.

La fiaccola si fermò a pochi passi da lui. Si bloccò di colpo, senza alcuna ragione. Non si poteva scorgere nè il bastone che bruciava nè la mano che lo reggeva.

«Chi sei?» ripetè. Le mani gli tremarono come foglie al vento. Avrebbe tanto voluto fuggire via, ma era incatenato alla parete. Era forse arrivata la sua ora? Era giunto il momento di salutare la sua vita? Era...

Un volto femminile comparve al di là della fiamma. Un viso di donna, delicato e sensuale allo stesso tempo. Zigomi alti, carnagione sulfurea e uno sguardo cristallino: era di una bellezza assoluta. Rimase impassibile a osservare il prigioniero, un'espressione impalpabile, priva di emozioni.

«Perchè mi avete messo qua? C'è stato un errore, lo assicuro!»

Nessuna risposta.

La donna avanzò d'un passo, appoggiò la torcia per terra e, di colpo, un sentiero di fuoco illuminò la segreta. Il canale, ricolmo d'olio, segnava un complesso disegno, che s'articolava sul pavimento in pietra. Il mondo del prigioniero si tinse di nuovi colori dopo tanto tempo.

Il palpitare delle fiamme proiettò ombre soffuse sulle fredde pareti di roccia. Quella che aveva creduto essere una cella, era in realtà un enorme caverna. Guardò, stupito, le tetre stalattiti, che pendevano minacciose sopra la sua testa. Una piccola scossa e, in un istante, sarebbe diventato un comodo portapenne gigante.

«Andrea, immagino.» Sussultò. La donna misteriosa aveva finalmente parlato.

«In persona. E tu invece?» Non riusciva ancora a distinguerla chiaramente. Nonostante il bagliore delle fiamme, il suo corpo pareva avvolto in un evanescente manto oscuro.

«Vuoi sapere il mio nome?» Inarcò un sopracciglio. «Ha veramente così tanta importanza?»

«Pura curiosità.»

Sollevò una mano e scostò un ciocca bionda di capelli. "O sono bianchi?" Ogni movimento della fanciulla era di un'eleganza assoluta, una ballerina che danzava con la morta davanti ai suoi occhi.

«Ishtar, Padrona della Perdizione.»

Andrea scoppiò a ridere. «Nome interessante. E cosa vuoi da me, Padrona della Perdizione?»

Per la prima volta, vide un sorriso comparire sulla labra carnose della sua aguzzina. Superò con un balzo la linea di fuoco e si presentò per intero agli occhi del ragazzo. Il velo, che ne celava le sembianze, s'aprì, rivelando le curve sinuose del suo corpo.

Era nuda.

"E' nuda!" Andrea spalancò gli occhi per la sorpresa. Di fronte a lui, si era appena manifestata una Dea dalle sembianze incantate. Si passò la lingua sulle labbra secche e cercò di non perdere i sensi. Non aveva mai visto una donna così affascinante. Mai! Le spalle piccole e delicate scendevano sinuose fino al seno florido. Aveva fianchi morbidi e gambe slanciate, capaci di ipnotizzare qualsiasi incauto spettatore.

Si avvicinò al ragazzo, un passo alla volta, senza mai distogliere lo sguardo. Ormai era a pochi centimetri da lui, Andrea poteva sentirne il profumo intenso. Si chinò e avvicinò la bocca all'orecchio del prigioniero.

«Che ne dici di fare una chiacchierata insieme?» Il sussurro penetrò dentro di lui come una lama affilata. Lo tagliò da parte a parte, violando ogni resistenza.

Accennò col capo. «Cosa vuoi sapere?»

Ishtar lo baciò. Fu un gesto improvviso, che colse Andrea di sorpresa e lo lanciò dritto in paradiso. Sentì le dolci labbra della donna sulle sue, e, subito, una fragranza delicata lo avvolse con gentilezza. Non era più spaventato, non era più affamato, non era più assetato.

Era a casa.

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