Capitolo 9

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L'incertezza è l'habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane.

(Z. Bauman - L'arte della vita)


*** *** ***


Yoongi confidava in quel paio di minuti che solitamente sono concessi dopo aver bussato a una porta. Sarebbero serviti tutti per schiarire la sua mente, ma quella traditrice si aprì troppo presto, facendolo trasalire dalla sorpresa.
"Yoongi..."
Un uguale stupore si abbatté sulla persona al di là della soglia spandendo nell'aria, ora pregna di profumi di buona cucina, un silenzio teso e innaturale. Fu provvidenziale l'entrata in scena di quella palletta di pelo -chissà per quale motivo lo aveva preso in particolare simpatia- che si sollevò sulle zampe posteriori per richiamare la sua attenzione. Alla vista degli sfilacciamenti che pendevano da uno strappo del jeans di Yoongi, all'altezza del ginocchio, le sue intenzioni furono prontamente sviate. Per una volta fu più che riconoscente verso quel concentrato di energie canine che, nonostante le dimensioni ridicole, lo aveva quasi fatto cadere dalla tanta irruenza. Jin, sgridando la sua dolce creatura con un perentorio "Dal! Rientra in casa!" si precipitò a staccarla dalla gamba e Hoseok, intanto, ebbe la prontezza di sorreggere il suo corpo. La casuale complicità che trapelava da quel contatto rese infine Jin consapevole della presenza insolita che affiancava l'amico.
Eccolo, il disturbante imbarazzo. Si stava sviluppando con velocità impressionante e Yoongi tentò di scongiurarlo prima che fosse troppo tardi.
"Namjoon è in casa?"
Bastarono quelle poche parole per permettere a Jin di distogliere lo sguardo dal sorriso di circostanza di Hoseok e farsi da parte.
"Sì, entrate."
Superarono l'ingresso dell'appartamento punzecchiati dallo sguardo attento alle loro spalle e dal ticchettio delle unghie del cane sul pavimento. I caldi colori che arredavano la mobilia, solitamente capaci di avvolgere Yoongi in una coperta di sicurezze, non erano mai sembrati così soffocanti. Hoseok lo sorpassò come niente fosse, immune a quel raro fenomeno di costrizione, introducendosi a passo spedito nel cuore della casa. Avrebbe voluto seguirlo per capire cosa avesse in mente e tenere sotto controllo la situazione, ma una mano lo trattenne sul posto.
"Lascialo fare, è meglio che se la vedano da soli", disse Jin trascinandolo verso la prima sedia disponibile che, volutamente o meno, volgeva le spalle alle stanze più remote. La frustrazione nel non poter cogliere alcunché serpeggiava logorante, costruendo nella sua immaginazione troppe possibilità -non si poteva certo dire che non fosse un sognatore. E intanto Jin lo scrutava con interesse, come se tentasse di scoprire chissà quali segreti stesse nascondendo dentro di sé, come in attesa di una confessione. E in effetti quella scalpitava per uscire, arrendevole al suo sguardo di amorevole severità, ma allo stesso tempo si rinchiudeva in un vuoto mutismo.
"Yoongi..."
Fu quasi un respiro -non era nemmeno sicuro avesse effettivamente richiamato il suo nome- eppure aveva la forza di una carezza lontana nel tempo, capace di tirarlo a sé.
"Cosa vorresti sentirti dire, che mi dispiace di essermi comportato come un ladro? Che non avrei dovuto rimandare tanto questo momento?"
"Non mi aspetto nessuna delle due cose e con me non è necessario questo atteggiamento; puoi parlarmi tranquillamente di ciò che ti preoccupa. Ma seriamente, che sei venuto a fare qui?"
Già. Che ci faceva lì? Avrebbe voluto dire che non voleva che Namjoon si facesse un'idea sbagliata sul suo conto, ma sapeva che non era quello il punto. I brusii in lontananza si fecero improvvisamente più intensi e istintivamente fece per alzarsi, ma venne bloccato ancora una volta. Lo sguardo puntato su di lui aveva tutto l'aspetto di una preghiera ormai.
"Sai bene che non ti dirò niente Jin e non c'è molto che tu possa fare al riguardo. Lo riconosco, sono un egoista... ma vorrei comunque che tutto tornasse come prima."
"Ma Yoongi, il fatto è che non è cambiato assolutamente nulla! Lascia perdere quello che ti ha detto Namjoon, perché riguarda più Hoseok che te"
L'urgenza provata sino a quel momento si dileguò e i polmoni sembrarono incamerare aria con meno difficoltà, ora che la stanza tornava ad accoglierlo docilmente. Tuttavia era una consolazione alquanto blanda, specialmente in rapporto a come il padrone di casa si apprestò a continuare.
"So che non vuoi sentirtelo dire, ma riesco a vederlo: la verità è che tu stesso non hai la più pallida idea di cosa stai facendo."
No, non avrebbe proprio voluto sentirselo dire. Ad alta voce, con la serafica compostezza di chi sa di avere ragione, quelle parole lo avevano colpito come uno schiaffo. Eppure, in quel modo tutto era diventato più facile e non era necessario aggiungere altro. Era come se quella pugnalata lo avesse riportato indietro a un tempo in cui una bella strigliata lo avrebbe purificato dai sensi di colpa. Riuscì allora a prendere nota di cose che fino a quel momento aveva mancato di considerare, come il grembiule semi slacciato sul grembo di Jin. I nastri pendevano senza peso verso il basso e Dal si affrettava a rincorrerli sotto le loro sedie, un trastullo più invitante della stoppacciosa tela di un jeans.
Troppo preso dalla banale serenità di tale contemplazione, non si accorse del paio di persone che si stavano avvicinando. Una mano si poggiò lieve alla base della sua schiena, così nascosta alla vista degli altri da sembrare solo un gioco delle ombre. Namjoon, intanto, si era affiancato a Jin e con voce mesta si rivolse a Yoongi.
"Scusami. Non avrei dovuto dirti quelle cose e men che meno impicciarmi nei vostri affari."
Finì di parlare e subito abbassò lo sguardo in direzione del volto del compagno che, attirato come un magnete, contraccambiò sorridendo soddisfatto. Era possibile vedere la forza che scaturiva da quella vicinanza come se si fosse materializzata tra loro in carne e ossa. Da essa traevano la loro potenza e Yoongi si sentì improvvisamente piccolo e calpestato; per un attimo la sua testa si concesse di assentarsi e vibrare di vertigini. Nemmeno la mano di Hoseok, che pure indugiava ancora sulla curva della sua schiena, fu in grado di sorreggere quella sensazione di stordimento.
Non avrebbe mai avuto il coraggio o la stupidità di chiedere cosa fosse successo nell'altra stanza né di domandare a se stesso cosa rappresentasse quel senso di malinconia e rabbia sommersa. In fondo tutto si era risolto per il meglio: la quotidianità ristabilita con l'unica gradita eccezione della novità che era il ragazzo moro alle sue spalle.
Abbandonarono l'abitazione con la promessa di un futuro diverso che si stendeva di fronte a loro. Dietro di sé, una scia di turbamento grondava dai suoi passi.

Rebus ~Yoonseok~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora