Capitolo 10

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Il mondo si estende tutt'intorno a voi: potete rinchiudervi in un recinto, ma non potete impedire per sempre al mondo di penetrarvi.

(J.R.R. Tolkien - La compagnia dell'anello)



*** *** ***



Le formalità erano state abbandonate da un pezzo. Se ne stavano distesi al centro del salotto, con solo un tappeto ad attutire la dura pressione delle loro schiene sul pavimento, ma nel parlare non sembrarono far caso a quel dettaglio, di cui si sarebbero lamentati a posteriori. Tra lui e Hoseok giaceva, altrettanto sfatto, un cartone d'asporto di alette di pollo fritte reduce dell'affamato assalto, vuoto salvo qualche osso e tracce di condimento. A chiudere il cerchio, delle lattine sparse a terra davano all'ambiente un'aria vissuta che avrebbe fatto rabbrividire il diligente stile che vigeva in camera di Hoseok.
Appesantiti dalla giornata e dal pasto i loro corpi si erano ormai fatti grevi contro la ruvida trama del tappeto e continuando così anche le palpebre si sarebbero fatte pesanti. Ma, chissà come, le parole tra loro non ne risentivano e continuavano a fluire interminabili anche se pastose sulla lingua. Tuttavia, non si erano ancora inoltrati oltre una tacita soglia di sicurezza e anche in quel momento, all'apparenza così pacifico, si nascondeva un disagio irrisolto. Yoongi da un lato non poteva che essere felice dei rispettosi riguardi nei confronti della sua intimità, ma un sentimento molesto lo tormentava, incolpando se stesso se Hoseok era così restio. A volte poteva giurare di vederlo barcollare in punta di piedi su alcune parole o frenarsi dal porre certe domande. In momenti come quelli si sentiva montare dentro un tramestio che faceva accelerare il suo battito dibattendosi per uscire. Era consapevole del desiderio dell'altro di scoprire di più sul suo conto, desiderio che puntualmente moriva sul nascere, ma era davvero disposto a sacrificare la gioviale semplicità di Hoseok, quella franchezza così calda che aveva nel rivolgersi al mondo? Era inutile negarlo, non lo avrebbe permesso. Per cosa, poi, un senso di tranquillità nel non addentrarsi in discorsi troppo personali? Hoseok quanto a lungo sarebbe stato disposto a mantenere quel distacco? Pensieri di questo tipo, che avevano tremendamente la voce di Seokjin, si accalcavano pressanti, insistendo con il loro eccesso a formare uno stretto cerchio attorno alla sua testa già dolorante -avrebbe dovuto evitare la birra della staffa. Fu proprio sotto quella pressione che finì con lo spronarsi oltre i limiti della sua zona di comfort.
"Sai", disse con una calma che ricordava molto il modo che Hoseok aveva nel soppesare le frasi, "vorrei che tu potessi rivolgerti a me serenamente. Chiedimi quello che vuoi, non sentirti intimorito. Non mordo, a meno che tu non lo chieda".
Buffo come battute simili gli uscissero con tanta facilità in sua presenza, specialmente in situazioni serie come quella. Ma più che essere fattore di ilarità, sembravano un patetico tentativo di nascondere ironicamente quanta fatica gli costassero. Però era innegabile, e spaventosamente sconcertante, riconoscere che il suo filtro cervello-bocca veniva mutilato di fronte a quel sorriso sporco di salsa rossastra. Allo stesso modo, era disturbante rendersi conto, solo successivamente, di come la sua frase ricalcasse ciò che un tempo si era sentito dire da Seokjin. Cercò di non farci caso, concentrando i suoi sforzi nell'abbassare le sue difese e renderne l'altro partecipe.
"Ah, non c'è problema. L'ho capito che sei riservato di natura e non voglio che tu ti senta sotto interrogatorio. Io non ho fretta, davvero."
"Hoseok, se te lo dico è perché difficilmente mi sentirai blaterare qualcosa di mia iniziativa", forse era stato precipitoso, soprattutto in confronto a poco prima; aveva sempre l'impressione di tirare troppo la corda quando le sue maniere brusche riemergevano prepotenti. Ma è così che si erano conosciuti e non aveva senso pensare proprio ora a quanto il tutto fosse la sagra dell'incoerenza.
"D'accordo", Yoongi ebbe un istante di pentimento nel vedere la prontezza con cui l'altro aveva colto la palla al balzo, "in effetti c'è una sola cosa che vorrei sapere... ma sentiti liberissimo di non rispondere. Ho potuto notare che in casa non hai alcuna foto né mi hai mai parlato della tua famiglia."
La sicurezza che Hoseok aveva dimostrato si inabissò non appena ebbe chiuso bocca. Apprezzava, ed era riduttivo usare quel termine, il modo in cui Yoongi bene o male si fosse fidato di lui tanto da lasciargli carta bianca. Ora però, vedendolo tacere e guardarsi intorno, sperò di non essersi dato un'enorme zappa sui piedi. Confidò con tutte le sue forze che quei mesi passati dal fatidico incontro al bar contassero qualcosa e non fossero andati totalmente sprecati. Poi, finalmente, Yoongi parlò.
"Non tiro fuori il discorso perché non ho una famiglia", la testa di Yoongi era ancora rivolta verso un punto lontano, torta a tal punto che Hoseok poteva solo intuire il profilo del suo naso, "vedo le cornici in questa casa e sono piene di ricordi ma non posso dire lo stesso della mia."
Si voltò a guardare Hoseok che, di fronte a quelle iridi infuocate, si sentì impotente e, strano ma vero, deliziosamente turbato.
"Mia madre è morta per delle complicanze avvenute dopo il parto e mio padre se ne è andato quando, a parere suo, ero abbastanza autosufficiente."
Hoseok, in quel momento, era dannatamente vicino al sentirsi male e al desiderare di poter tornare indietro nel tempo. Non riusciva a capacitarsi di come fosse possibile mostrare tanta disinvoltura nel dire cose del genere e la sua faccia doveva essere piuttosto sconvolta da lasciarlo trasparire.
"Non pensare nemmeno per un attimo che la mia sia una qualche tragica storia piena di risentimento e tematiche socialmente deprecabili. Semplicemente, non ne parlo perché non c'è bisogno: mia madre non l'ho conosciuta e di mio padre ho pochi ricordi che valga la pena rivangare. Ho vissuto da solo, ma mi ha comunque lasciato i mezzi necessari a sostenermi, quindi non vedermi come una vittima perché non mi sono mai considerato tale."
Hoseok avrebbe tanto voluto mostrarsi indifferente come sembrava esserlo Yoongi, ma non era un'opzione possibile per la sua indole. L'unica cosa che poteva fare era appoggiarlo e fidarsi dei suoi sentimenti, che sicuramente lo avrebbero indirizzato sulla giusta strada. Non poteva dire di aver capito quel perfetto guazzabuglio che era Yoongi, ma era positivo nel credersi un po' più vicino a risolverlo e comprenderlo.
"Non intendo farlo. Sono felice che tu abbia deciso di rendermene partecipe, significa molto per me."
Buttò lontano il cartone sporco per avvicinarsi a Yoongi e abbracciarlo. Con un piede calciò inavvertitamente una delle lattine che, con un vuoto rumore metallico, andò a far compagnia alle coscette di pollo che sorridevano su un fianco dalla scatola.
Come al rallentatore, il suono argentino della lattina che rotolava accompagnò Yoongi verso memorie lontane e molto vaghe. Nel calore stanco dell'abbraccio, la sua mente tentò involontariamente di riportare a galla qualcosa che, tuttavia, rimaneva sigillato in uno scrigno sotterrato. La testa era un caos rombante che vorticava nell'ubriachezza del sonno ma l'ormai nota audacia di Hoseok lo riportò coi piedi per terra. Non avrebbe mai smesso di sentirsi stupito da quelle dimostrazioni d'affetto e, soprattutto, dal suo passivo accoglierle senza ripensamenti.
"Non era niente che andasse tenuto segreto. Non la ritengo una cosa importante ma, se per te è così, allora va bene", il borbottio di Yoongi, così come il suo rimuginare, andò spegnendosi contro le labbra dell'altro. Da lì in poi fu molto facile assecondare il proprio bisogno di dileguare da sé tutto ciò che non rientrasse nell'ambito della frizione tra i loro corpi. La testa ancora girava, amplificando ogni movimento e facendogli percepire ogni stilla di piacere come duplicata. La luce del lampadario che pendeva sopra di loro lo stordiva a intermittenza, nascosta a tratti dal dondolio della schiena di Hoseok. Tra sprazzi di bianco accecante e attimi di nera incoscienza, era lieto di constatare come l'unica cosa che contasse davvero era assolutamente reale, stretta tra le sue cosce.

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