Quel posto mi lasciò addosso un errore indescrivibile. Non riuscii a pensare a nient'altro che alla povera madre con i suoi bambini. A quel mostro che aveva ammazzato i suoi figli e la sua stessa moglie. Come poteva un uomo arrivare a tanto? Come poteva mettere fine a ciò che aveva creato?
Mi allontanai dalla casa voltandomi di tanto in tanto a guardare la finestra. Mi sentivo osservato, anche se le Ombre della famiglia erano scomparse. Ora, ovunque mi girassi, sentivo addosso degli sguardi invisibili, maligni. Senza esitazione, lasciai il villaggio alle mie spalle, mentre quella sensazione opprimente e di oscurità si allentò a poco a poco.
Camminando, il terreno diventava via via più acquoso con qualche pozzanghera ai bordi della stradina fangosa. La pioggia era cessata da un po', ma i nuvoloni plumbei restavano silenti in cielo. Un cartello di legno mi avvertii che stavo per entrare nella Palude del Non Ritorno. Percorsi all'incirca 80 metri prima di arrivare davanti a un bivio. Afferrai la mappa e ci diedi un occhiata. Alla mia sinistra la strada diventava più pianeggiante e andava nella direzione dell'avamposto degli Stalker di Corad. Mentre alla mia destra si entrava nel cuore della palude, ovvero, dove si trovava Oscar L'ombra, stando al cerchietto nero. Herm aveva pensato che dovessi andare all'avamposto, prima di farmi un giro nel limitare della palude. Per questo mi aveva fornito dei consigli che non mi erano serviti, ma potevano un giorno ritornare utili. Mi guardai intorno e notai che la palude era al quanto silenziosa. Non udivo nessuno rumore, nemmeno il vento tra l'erba palustre.
Misi la mappa nello zaino e imboccai la strada a destra, verso la Palude del Non Ritorno. Mentre camminavo, avvistai una fitta nebbia verdastra farsi largo sul margine degli acquitrini. Ne venni avvolto ancor prima di capire da dove provenisse. Seguii un percorso fatto di assi di legno marcescente, passando sopra chiazze d'acqua melmose e terreno fangoso. La fitta vegetazione mi ostruiva la visuale e più delle volte il tragitto curvava bruscamente, in quanto gli acquitrini avevano ingoiato diversi sentieri. Questi erano segnati da alcune bandierine bianche impalate su dei legnetti. Chi aveva costruito questo tragitto, doveva essere un esperto conoscitore della palude.
I pericoli poi, erano tanti. Cinghiali mutanti, cani selvatici, Stalker zombie, Porger e altre mostruose creature. Per questo camminare da soli nella palude era sconsigliato, specialmente se si seguivano le assi di legno. Se cadevi negli acquitrini profondi, le alghe si serravano attorno alle caviglie e ti trascinavano nel fondale. Una morta orrenda. Camminai per qualche minuto, finché gli arbusti scomparvero lasciando spazio ad un terreno più compatto, puntellato da contorti alberi dalle radici nodose. C'era una stradina alla mia sinistra con alcune carcasse di auto arrugginite e una sorta di muro in cemento che bloccava la strada asfaltata che conduceva fuori dalla palude. Continuai dritto, finché mi ritrovai in un punto pieno zeppo di arbusti che sbucavano fuori da grosse chiazze d'acqua marrone. Poi la stradina fangosa si interruppe, e camminai di nuovo sulle lunghe assi di legno che serpeggiavano tra gli acquitrini. Il mio contatore geiger iniziò a stridere, avvertendomi delle radiazioni attorno a me.
Era uno strumento utile, sopratutto in luoghi come questi, dove uno Stalker poteva ritrovarsi dopo un metro ad assorbire un altissima quantità di radiazioni mortali. Era uno dei misteri della Zona quella delle radiazioni che sembravano comparire e svanire senza una apparente ragione. Le chiazze d'acqua dovevano essere molto radioattive e caderci dentro equivaleva a morte certa.
L'erba palustre, che mi chiudeva ai lati, mi costrinse a rallentare per vedere dove mettevo i piedi. I mutanti potevano prendermi senza che li vedessi arrivare. Dovevo stare allerta. Tenere occhi e orecchie aperte. Proseguii lentamente per almeno cinque minuti, facendo dei percorsi intricati e alle volte tornando indietro, perché alcuni assi erano ormai nel fondale delle acqua melmose. Dopo alcuni minuti, la nebbia cominciò a diradarsi, insieme alla fitta vegetazione che stava iniziando a darmi sui nervi. Poi cominciai a sentire ululati e grugniti in lontananza. Impugnai l'AK-47 e continuai a camminare con il fucile puntato. I versi si facevano dapprima più vicini, poi più lontani. Non sapevo di chi fossero, poiché i grugniti non erano simili a quelli dei cinghiali mutanti. E mentre pensavo, toccai terra. Finalmente potevo camminare su un terreno compatto. Gli alberi e gli arbusti si fecero meno numerosi, quando arrivai davanti a un capanno di legno, in cui la cui vegetazione ne aveva fatto la propria casa. Una parte del tetto era crollato. Un cadavere putrefatto era sopra il cofano di un auto arrugginita, lasciata vicino a un grosso albero dalle foglie nere. Avvicinandomi all'abitato, mi accorsi che la porta era stata abbattuta da una scarica di pallottole. Entrai e mi guardai attorno.
L'interno del capanno era sgombro. Vidi le ceneri di un fuoco spento, e toccando il ciocco, notai che era ancora caldo. Delle pietre attorno al bivacco fungevano da sedie. Molto probabilmente alcuni Stalker avevano passato del tempo qui.
D'un tratto udii degli ululati inquietanti che mi fecero trasalire. Capii subito che si trattava di cani selvatici. Quei mutanti infestavano la palude in cerca di Stalker da divorare. Erano stati mutati dalle radiazioni in letali macchine di morte. Il loro olfatto era molto più potente di un segugio, ma in compenso avevano perso la vista. Sapevo perfettamente che avevano fiutato il mio odore, come sapevo anche che dovevo prepararmi al peggio.
Mi precipitai verso la porta che era per terra e la rimisi di nuovo in piedi, anche se sapevo che non sarebbe servito a nulla. Poi trascinai un grosso armadio davanti alla porta per bloccarla. Gli ululati si facevano più vicini, finché mi resi conti che erano proprio fuori dal capanno. Spiai da una finestra sbarrata, e vidi un cane selvatico annusare le orme che avevo lasciato nel terreno fangoso. Quindi si mise a ringhiare verso la porta. Altri sei cani uscirono fra gli alberi e gli arbusti e si avvicinarono al capanno, mettendosi ad abbaiare. Indietreggiando, corsi dietro a un tavolo rettangolare steso su un lato con il fucile puntato in direzione della porta. Le mie mani tremavano e cercavo di rimanere calmo facendo profondi respiri.
D'un tratto sentii un cane zampettare verso il capanno e raschiare la porta con le unghie affilate come artigli. Continuò per qualche secondo, finché smise. Non udii più nulla per un momento. Poi sentii una gran botta sulla porta, seguita altri colpi. L'armadio ondeggiò leggermente. I cani stavano cercando di entrare. Sistemai la canna del fucile sul lato del tavolo e presi la mira. Sapevo che primo o poi sarebbero entrati. Continuarono a schiantarsi, finché non si aprì un varco all'ingresso e un cane sbucò nella stanza. Preso dal panico, sparai una raffica e centrai il cane, che si schiantò contro il muro senza vita. Attimi dopo tre cani entrarono dall'ingresso, e ringhiando, scattarono verso di me. Aprii il fuoco. Ne uccisi due e ferì il terzo, che si accasciò agonizzante a pochi passi da me. Rimasi con il fucile puntato, aspettando gli altri cani, ma quelli guairono e fuggirono via.
Si erano arresi, ma per qualche minuto, continuai incredulo a tenere il fucile in direzione del varco. Quando realizzai che non sarebbe entrato più nessuno, mi avvicinai al il cane moribondo, afferrai il coltello e lo finii. Poi spiai dalla finestra e finalmente mi calmai. Stava per calare la notte e mi resi conto che dovevo passarla in quel capanno. Portai fuori i corpi dei cani selvatici e li gettai nelle pozzanghere. Ritornato nell'abitazione, spostai nuovamente l'armadio contro la porta, mettendoci dietro delle sedie e dei cassetti. E infine, accessi un fuoco con la legna che era rimasta. La sera la temperatura poteva calare fino a 3 gradi, anche meno in certi punti della Zona. Quindi era buona cosa riscaldarsi davanti a un fuoco, anche se poteva attirare di tutto. Fissai le fiamme immerso nei miei pensieri, mentre il crepitio del legno mi faceva compagnia. Non potevo dormire, non dopo un attacco simile.
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La Zona (Completo)
Science FictionDopo l'enorme e violenta esplosione avvenuta nella centrale nucleare di Vaslejo City, di cui non si conoscono le cause, l'intera area venne invasa da altissime radiazioni. In poco tempo cominciarono a verificarsi strani fenomeni inspiegabili: stravo...