Capitolo 2 - Dolore

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Questo capitolo lo dedico a te. Perché ti sei aperta con me subito, fidandoti di me, senza sapere nè come nè quando nè perché. L'hai fatto. Mi hai raccontato di te. E io ti ho lasciata finire e poi ti ho detto che prima o poi smetterai di sentirti in colpa, forse quando avrai un figlio tutto tuo. Perché tu non hai colpe. Non potevi fare di più, hai fatto quello che potevi con quello che avevi in quel determinato momento. Ti voglio bene dito. Mi hai ispirato con le tue parole.

Claudio

Ho sempre pensato di sapere il motivo per cui ho scelto questo lavoro. C'è stato un attimo quando ero piccolo, dove tutto mi è sembrato chiaro. Io sono nato per accudire chi sta male. Me l'hai fatto capire tu, quando una mattina di fine aprile di quell'anno maledetto, mi hai detto:  "Claudio, amore di mamma, vieni qua. Devo dirti una cosa". Se avessi saputo prima quello che poi mi hai detto, se avessi capito dai tuoi occhi che avevi intenzione di dirmi che da lì a poco tempo non ci saresti stata più, non mi sarei neanche avvicinato. Come se avessi potuto cambiare qualcosa poi. Avevo solo dieci anni, ma ho capito subito quello che dovevo fare. Il mio dolore lo dovevo mettere da parte e dovevo solo aiutarti ad affrontare il tuo. Avevo dieci anni mamma. E tu ne avevi solo 45.
Non lo so se ci sono riuscito ad allietare il tuo dolore.
Ho fatto quello che ho potuto credo.
Ma penso di sì. Penso di averti aiutato in qualche modo. Quando mi guardavi negli occhi e mi dicevi "Va bene così amore mio, va bene così", capivo che più di quello, non avrei potuto fare. Ero lì sempre. Questo contava.
Ti ho dormito addosso ogni notte da quella mattina lì. Finché ho potuto. Finché mi hai dato il bacio della buonanotte per l'ultima volta, dimenticandoti di darmi quello del buongiorno per sempre.
E io in quei momenti ho capito cosa dovevo fare della mia vita.
Ma ci sono notti e mattine come queste, che non so più se questo mestiere lo posso sostenere ancora.
Dovresti vederlo mamma.
Ha solo trent'anni.
È alto, moro e...bellissimo.
Nonostante le bende, le fasciature, nonostante le bruciature, nonostante sia completamente distrutto, percepisco il suo fascino. Riesco a immaginarmelo sotto a tutto quello strato di garze. Ho visto dei resti di tatuaggi...poche macchie nere in quel lago rosso di fuoco che ha addosso. E io non so neanche perché sto facendo questi pensieri. Proprio io. Che poche ore fa sembravo un pazzo. Forse perché non riesco proprio a concepire come si fa a ritrovarsi in questo stato in poco tempo.
Eppure ne vedo tanti.
Ma lui...è diverso. Ha un viso...particolare.
E sembrava quasi che mi ascoltasse mentre lo sistemavo a letto. Ma è sedato e dorme profondamente, quindi...chissà.
Stava lavorando, stava facendo quello che penso gli piaccia fare, e si è ritrovato così.
Un attimo prima vivi e l'attimo dopo crolli.
Ed è così giovane mamma. Come è possibile che sia qui in questo stato? Io... non lo so.
Ma è così ingiusto tutto ciò.
E lui è così...lui. E io sono così...io.
Ma forse dovrei essere abituato alle ingiustizie. A perdere. Occasioni e persone.

"Ehi Claudio...che ci fai ancora qui? Pensavo fossi andato via"
"Si Anna sto andando via ora...stavo raccogliendo solo un po' le idee...è stata una notte...lunga"
"Già...ne vediamo tanti... ma quando sono così giovani, ti viene sempre da chiederti perché. Sai che l'incendio pare sia doloso? Bah. "

Giovane... e bello.
Claudio smettila.
Ma che cazzo ti dice il cervello.

"Come doloso? Scherzi? E quale mai sarebbe il motivo?"
"Beh ancora non lo sanno...parlavo con Angela del pronto soccorso prima, mi ha detto che stanno indagando. Ci sono quattro ragazzi in osservazione, ma dovrebbero dimetterli entro stasera e tre sono già a casa.
E poi c'è lui. Mario.
Sai che pare abbia portato tutti in salvo da solo? Però non si capisce perché sia rientrato dentro. E poi c'è questo fatto strano che non ha traumi a livello cerebrale. Con una botta così. Beh molto meglio..! Ma strano. "

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