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Capitolo Ventuno

Il salone reale era gremito di guardie, funzionari, nobili e servi che vivevano nel castello e lavoravano per il re ormai defunto. Una fila si dilungava dal trono e proseguiva fino alla fine dell'enorme stanza, e forse proseguiva anche per il corridoio, Liam non avrebbe saputo dirlo, non aveva avuto modo di guardare per bene. Dopo l'uccisione del re era stato il caos al castello, il quale si era letteralmente diviso fra persone che piangevano per il terribile errore commesso e persone che invece esultavano, felici della nuova era che sarebbe venuta con il nuovo re. Xander sedeva al trono con gli abiti che una volta erano appartenuti al re Mark Tomlinson II, la corona che splendente era posta sul suo capo e con un sorriso di chi sapeva di aver vinto, di aver tutto fra le mani e che niente o nessuno avrebbe potuto portargli via ciò che era riuscito ad ottenere con l'inganno e violenza. Al suo fianco, su un trono dalle più ridotte dimensioni, sedeva invece la principessa Tomlinson, ora divenuta regina: la sua espressione non era delle più felici, non sembrava fiera di ciò che aveva ottenuto come invece lo era il suo amato, anzi forse a tratti vi si poteva leggere pentimento e dolore ed in un certo senso non la si poteva biasimare, aveva visto suo padre essere decapitato dinanzi ai suoi occhi.

Ma la colpa era sua, lei era complice in tutto ciò.

Liam era quasi giunto dinanzi al trono, poche guardie erano davanti a lui: erano lì riuniti per giurare fedeltà al nuovo re, in tal modo Xander poteva assicurarsi di non aver nemici all'interno di quello che ora era il suo castello; come se si potesse avere libertà di scelta, come se non giurargli devozione e fedeltà non li conducesse alla pena di morte. La maggior parte delle persone che ubbidivano al nuove re, lo facevano per timore della morte, non per amore e condivisione degli ideali, e quest'ultimo lo sapeva e l'idea non faceva che entusiasmarlo.

Cosa che invece disgustava Liam, il quale aveva un piano; un piano che se fosse andato come lui aveva programmato, presto tutto sarebbe ritornato al suo posto e si sarebbero liberati da quel tiranno. Questo era l'unico motivo per cui era lì adesso, al cospetto del re pronto per inchinarsi e giurare lealtà.

"Io ti conosco", esordì Xander dall'alto del suo trono, "Tu sei Liam Payne, amico e guardia del principe Louis Tomlinson".

"Sì Vostra Maestà, sono io", rispose Liam atono, chinando il capo verso il re.

"Siamo sicuri che sia solo un amico?" sentì domandare dal fondo del salone, con un tono quasi derisorio.

Liam si voltò, cercando di non far trapelare la rabbia che stava provando dal volto, e provando ad essere impassibile di fronte a quello. Cercò con lo sguardo l'uomo che aveva pronunciato quelle parole e capì chi era quando vide un ghigno sul volto di Simon Cowell, il quale aveva appena fatto il suo ingresso e stava camminando a passo lento verso il trono.

"Potete esserne certi, non avrei mai potuto commettere un simile abominio", disse la guardia a testa alta, fronteggiando senza alcun timore Cowell in quella che era una gara di sguardi.

Una piccola risata si librò dalle labbra dell'uomo, come se ciò che Liam aveva pronunciato fosse una grande barzelletta, e questo fece traballare per un momento la certezza della guardia, timoroso che in qualche modo l'uomo potesse sapere di lui e Zayn, ma immediatamente si ricompose; non poteva permettersi passi falsi.

"Liam Payne, mi sorprende che tu sia qui adesso a giurarmi fedeltà. Ti ho studiato a lungo ed ero convinto fossi un uomo che credeva fermamente nel re Mark Tomlinson, pensavo saresti stato il primo a ribellarti", prese nuovamente parola il re, guardando incuriosito la guardia.

"Vostra Maestà, io eseguo solo ordini. Non importa da chi provengano, questo è il mio ruolo", guardò negli occhi Xander, cercando di essere il più sincero possibile.

Il re e Cowell si guardarono per un attimo ed entrambi scoppiarono a ridere, con grande confusione della guardia, che portò forse per la prima volta lo sguardo alla regina, la quale lo guardava con occhi quasi supplicanti, come se stesse sperando che le sue parole non fossero vere.