Fiftheen

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Canzoni per il capitolo: Bad Blood- Taylor Swift

Le mie palpebre non riescono a chiudersi, il mio cuore ha smesso di battere già da un po'.
Lui é andato via da giorni ormai, non so dove sia, ma é lontano da me. Fisicamente e psicologicamente.
E il pensiero che lui non è qui mi spaventa, ho una cazzo di paura che lui si sia stancato di me.
Cosa mi spinge a stare qui, da sola ad aspettarlo? È questo sentimento che nutro nei suoi confronti.
Mi manca, e non dovrebbe.
Dovrei andare via, ma non lo faccio.
Cerco di alzarmi con le poche forze che mi sono rimaste, non mangio da giorni, le mie gambe sono spaventosamente dimagrite e il mio viso scavato sulle guance.
E chi mai avrebbe pensato che avrei fatto questa fine?
Appoggio lentamente un piede sul pavimento in parquet e cerco di alzarmi.
Questa casa mi fa sentire piccola e fottutamente fredda, troppi brutti ricordi.
Il dolore lancinante che ho nel petto si irradia quando lo vedo, steso sul divano, tranquillo con uno strano cipiglio nel viso, sta dormendo.
Ma poi il dolore sparisce e io torno ad essere quella di prima, titubante ma a passo svelto gli vado incontro trovandolo più bello di prima. Le sue labbra rosee sono schiuse facendo uscire qualche sbuffo ogni tanto, i suoi occhi che costantemente mi spaventano sono chiusi e sono quasi sollevata di questo.
Il suo calore mi riscalda il cuore che ha improvvisamente ricominciato a battere dopo giorni di apatia.
Appoggio la testa sul suo petto con gentilezza, per paura di farlo svegliare e mi beo del suono dei suoi battiti regolari.
Le mie palpebre si chiudono dopo giorni e mi addormento su di lui.

Nella vita sono sempre stata sola, ma mai come ora.
Stare soli dopo un po' ti fa sembrare che stai morendo lentamente, nella tua cazzo di solitudine, ma Dio, io voglio una morte da film.
Voglio che almeno qualcuno si ricordi di me, come sono morta e perché.
Spazzolo con gesti meccanici i capelli e li sistemo con la mano guardandomi allo specchio.
Studio nuovamente l'ambiente attorno a me e guardo con circospetto l'oggetto affilato appoggiato sul lavandino.
Mi mordo la guancia e sobbalzo quando passo un dito sulla lametta.
Cazzo!
Me la rigiro nelle mani e prendendo coraggio, con uno scatto veloce taglio la pelle del mio braccio e chiudo gli occhi spingendo dietro le lacrime.
Come fai a simulare un falso suicidio? Sangue, sangue, sangue.
Afferro dal mobiletto un ago e una benda per ricucirmi per bene la pelle, anche se non ho esperienza devo riuscirci.
Devo.
A piedi scalzi ed in punta di piedi mi muovo velocemente per la stanza, afferro una felpa e dei pantaloni, li indosso e metto delle scarpe.
Tiro su il cappuccio della felpa e vado verso la camera di Isaac quando il campanello mi fa fermare sui miei passi.
Mi mordo il labbro e velocemente scendo le scale per vedere chi sia.
Non appena apro mi irrigidisco ed è una questione di secondi prima che il mio destro colpisca il naso della persona davanti a me.
"Brutta troia! Che cazzo ci fai tu qui." sbraito facendola entrare in casa e chiudendomi dietro la porta.
"Ai! Sei una cazzo di psicopatica tu!"
mi spinge facendomi perdere l'equilibrio e atterro con il culo a terra.
Le mani pizzicano di nuovo e non ho mai avuto così tanta voglia di prendere a pugni una persona, in vita mia.
"Tu! Tu hai fatto picchiare Isaac da suo padre perché sei una fottuta puttana!"
il palmo della mia mano si scontra violento con le sua guancia.
Indietreggia toccandosi la guancia ormai rossa e mi guarda come fossi pazza. Che poi forse lo sono diventata.
"No! tu hai fatto tutto. Doveva davvero ucciderti prima. Una diciassettenne alle prime armi non sarà mai in grado di soddisfarlo come faccio io!"
mi si butta sopra per poi prendermi a schiaffi più volte. La testa gira e afferro i suoi polsi stringendoli e girandoli fino a farla urlare dal dolore.
"Non provare mai più a toccarmi." sussurro spostandola da sopra di me con una spinta.
"Sono stata chiara?" le chiedo ancora sferrandole un calcio nello stomaco.
"Sei per caso venuta con la macchina?"
"Cos'è vuoi fare una gita con il tuo scopamico?" ridacchia mostrandomi i denti sporchi di sangue.
Faccio spallucce e la strattono un po' finché non mi da la sua borsetta firmata, spero solo abbia benzina perché la strada è tanta.
"Tu non andrai proprio da nessuna parte!" in un attimo mi ritrovo a terra, un coltello sulla gola e lei a cavalcioni su di me.
Le rido in faccia e le intimo di uccidermi.
"Dai su fallo, dai. Aspetti solo questo no?"
stringe i denti facendo pressione sulla gola ma senza farmi male.
"Cos'è non hai le palle?"
il mio ginocchio parte facendola cadere in avanti, le tolgo il coltello e cerco di farle male ma inutilmente.
"Sai chi è che mi ha insegnato a difendermi? Indovina!"
e lei sa di aver già vinto. Isaac ha fatto di tutto con lei mentre io sono un peso.
La colpisco più volte e solo ora mi accorgo di ciò che ho fatto.
Il coltello è conficcato nella sua carne, nel suo stomaco.
"Cos'hai fatto..." sussurra più a se stessa che a me guardandomi negli occhi.
"Voi cosa mi avete fatto? vi ho restituito il favore."
velocemente recupero le chiavi, infilo il cappuccio e correndo esco da casa per entrare nella sua macchina.
Le lacrime escono senza il mio permesso.
Non lo vedrò mai più.
Non mi giro più dietro e mi lascio tutto alle spalle; andare da Jeff sarebbe scontato perciò mi allontanerò il più lontano possibile da Los Angeles e dopo chiamerò qualcuno.

Ci sono riuscita cazzo!
ci sono davvero riuscita.
Guardo la macchina davanti a me bruciare e mi guardo intorno.
Devono essere le 7, il cielo è ancora chiaro, il sole non è tramontato.
L'ultima cosa da fare è chiamare a casa.
Già casa, tornerò finalmente a New York, Zahira, la mamma, papà, Mike. Niente più sofferenze, niente più Isaac.
Le mie scarpe rompono il silenzio di quella strada e non appena trovo una cabina telefonica mi ci fermo per chiamare.
Batto il piede freneticamente aspettando che mi rispondano il più presto possibile.
La sua voce roca si fa strada nel mio cervello e quasi non riesco a parlare.
"Pronto? Chi parla?"
"Mike..sono io, sono viva."

Dare una svolta a volte dipende solo da noi.
Non permetterò mai più a nessuno di ferirmi.
Ora non mi fido nemmeno della mia ombra.
Ma Isaac non temere, non è finita, tocca a me giocare ora.

His little submissiveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora