Capitolo II - lettera ad una Madonna

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Honoré Daumier (1808-1879)

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Honoré Daumier (1808-1879)

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Ad AdharaNL dispensatrice di perle di saggezza gratuita, corregge capitoli infausti e regala consolazioni dopo attacchi di bassissima autostima.
Grazie, grazie, grazie!

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Parigi, 31 Dicembre 1922

Mia Madonna, mia Vergine,

Era una mattina d'Agosto quando ci sposammo. Io avevo undici anni, tu pochi di più. Era il 1917, ancora ricordo gli ammutinamenti dei soldati sul fronte occidentale, narrati sui giornali grigi e odorosi.

Io ti trascinai, sudata e spettinata, per il sentiero cocente, fino alle sponde ondeggianti del mare cremisi.

I papaveri, a migliaia, erano i nostri invitati ed il vento, tra i loro capi rossi, li faceva intonare una litania nunziale stonata e grottesca.
Il sole antichissimo ci bruciava i volti assonnati, era il nostro sacerdote divino.
Il cielo altissimo, immobile, terribile: il soffitto della nostra cattedrale.

Quel primo bacio salato e caldo, malfatto. Una vergogna da farci vomitare gli occhi.

Catherine, io ero il tuo peccato e tu la mia redenzione.

Ti scrivo in un tramonto dipinto con acquerelli a buon mercato, a Parigi non ha nevicato e questo prova che il diavolo vive qui e la sua dimora soffoca tra il profumo fortissimo delle edere ed i fiori osceni, malformi. Tra quelle mura asmatiche ed insonni ridono sguaiate e fumano donne bellissime con le labbra velenose.

No, non ha nevicato, eppure il freddo mi gratta il volto ed a stento riesco a trascinare l'inchiostro con queste dita gonfie e blu.

Quando farà sera, forse morirò.

Se questa lettera non verrà inviata vuol dire che sarò già arrugginito, all'alba del nuovo anno del Signore 1923.
(Dovranno bollirmi in acqua salata per sciogliermi gli arti).

Fingi di piangermi, se puoi. Trattieni l'aria in petto fino a far scricchiolare le costole e poi stringi gli occhi e trema forte.

Se tu fossi qui, Catherine, ti racconterei a voce bassa, mentre ti tengo sulle ginocchia, perché vago solo ed al freddo, senza tentare di salvarmi o di confessarmi.

Ma tu non verrai ed io non ho intenzione di piegarmi ad una Madonna di gesso che piange sangue di vernice fluorescente dai tuoi occhi apatici, occhi di buio, occhi notturni. (Se piangesse vino rosso cambierei idea).

Affido la mia sorte all'occhio di vetro di Dio: se non ha mai smesso di spiarmi avrà ancora voglia di vedermi raschiare il fondo di questa esistenza che non mi lascia lavare la mia nevrosi con acqua benedetta.

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