Egon Schiele (1890 - 1917)
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Ed era quel fischio flebile, quella marcia di una Russia dimenticata, al tempo degli ultimi zar, quando San Pietroburgo giaceva sotto nevi risplendenti di luci viola e gialle, nevi che coprivano corpi azzurri di ubriachi arrugginiti ed i valzer esplodevano nella notte traboccante di stelle bianche. Strascichi di merletti azzurri e capelli sfioravano i pavimenti di marmi colorati e negli specchi dalle cornici dorate si riflettevano profili delicati e pallidi di uomini e donne allacciati in un vorticare, un fluttuare, di danze tristi, che scavavano nello stomaco una dolcissima e velenosa nostalgia.
Contesse russe con le labbra truccate ed i capelli neri lunghi fino alle caviglie, principi austriaci ed asiatici che sorseggiavano champagne francese, baroni italiani che ingurgitavano uova di pesce dal colore sanguigno. Ritratti ad olio fiamminghi con gli occhi sbarrati come nell'ultimo singulto di vita mortale e corridoi antichi in cui un riechegiare di passi invisibili schiudeva ponti occulti per un universo immobile.
Il ricordo di una lingua sconosciuta, lenzuola di seta calde d'amore, vodka servita in bicchieri ghiacciati nella neve eterna e pura, guanti di velluto bianco, presentimenti terribili, insonnie ed emicranie, farmaci sciolti sulla lingua per frenare l'isteria di chi aveva un modo troppo personale di stare al mondo. Magia diabolica, evocazioni di spiriti medievali, una danzatrice venuta dall'India che partorisce serpenti dalle labbra nere.
Una figura di donna che si sporge da un ponte innevato, di più, sempre di più, e cola verso il basso, lì dove il buio s'addensa.D'oro barocco gli scrigni ed i portagioie nei quali i bottoni ricavati da zampe di elefanti africani ingrigivano, sotto un nuovo strato di polvere. I cappotti di pelle d'orso bianco con il collo dorato, piccoli piedi esangui con le unghie dipinte d'azzurro. E tutti i misteri e gli amplessi temuti e goduti di fronte a camini mastodontici in cui un fuoco antico ed urlante danzava, un incanto mortale e proibito.
Erano quelle visioni che, come una bufera brillante, venivano trasportate dal fischio: una melodia ovattata e timida che gli bruciava in petto con il peso e la nostalgia di vite mai vissute.
Eppure Jaques non conosceva la Russia e quel poco che era riuscito ad imparare dai romanzi di Dostoevskij non si allacciava alla melodia dorata che fuoriusciva da labbra invisibili, occulte.
Si rese conto che il flusso dei suoi pensieri apparteneva ad una Russia artificiale, fasulla, un'allucinazione inquinata da un'ignoranza a cui decise - in quell'istante, con il vibrare della melodia umana - di porre rimedio quanto prima.
Jaques si alzò, con lo sguardo stanco, le palpebre cadenti, il volto invecchiato da una notte torbida - la notte più lunga del mondo -.
Appena Dorian capì che l'ospite diabolico si dirigeva verso lo scalino fluttuante nel buio - e che avrebbe scoperto esso all'origine di un'angusta scalinata che si contorceva fino ad un secondo piano - s'alzò di scatto e, vergognandosi del suo goffo zoppicare, gli si piantò davanti con i pugni serrati e le labbra strette.
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Cannibalismo [In Pausa]
Ficción históricaSesso, droga e poesia: Parigi nel 1923. Jaques-Luis David, un sedicenne convinto di essere la quattrocentocinquantaduesima reincarnazione del famoso pittore del XVIII secolo, tenta la fortuna come poeta. Attraverso la letteratura, il sesso, l'amore...