Capitolo 1.4

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Sperava ardentemente che la sua spia si fosse confusa con gli altri cosacchi, non sarebbe riuscito a tenerlo a bada ancora per molto.
Il suo piano, diversamente dal suo superiore, non era quello di catturarlo e di tirargli le parole di bocca con la tortura ma quello di studiare i movimenti di tutto il gruppo e quindi di trovare un punto debole riuscendo ad arrestarli senza alcuno sforzo.
La pistola di Ivan, puntata sulla testa della ragazza, non voleva saperne di risparmiarla facendo sorprendere enormemente Viktor, il quale ricordava il suo vecchio amico in tutt'altro modo.
Il suo senso del dovere fu surclassato dal senso di colpa che avrebbe provato se quella ragazzina fosse morta.
Viktor Egorovič era cresciuto in una famiglia di rispettabili marchesi, Egor e Tatiana, i quali si erano rivelati essere dei genitori attenti alle necessità dei figli e molto comprensibili.
Era il terzo di sette fratelli e gli era spettata la carriera militare nell'esercito reale, ma dopo la morte prematura di quattro di essi, tra cui il primogenito, a causa del vaiolo, essendo il maggiore rispetto agli altri due rimasti, era divenuto l'erede del padre.
Era riuscito a distinguersi per ingegno ed intelligenza aumentando di grado molto velocemente rispetto al tempo stabilito.
Nelle sue solite esercitazioni aveva conosciuto Ivan Anatolyevič ed in poco tempo erano entrati in sintonia.
Avevano idee molto differenti sulla politica e del mondo in generale ma questo non aveva mai intaccato la loro amicizia.
Ad un evento mondano, Ivan lo prese da parte e gli rivelò il suo piano di unirsi a Pugačëv, in un primo momento pensò fosse uno scherzo ma il suo amico era serio confermando qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di udire.
Dopo quella sera non si erano più parlati ed ora incontrarsi in panni differenti lo rendeva irrequieto e fuori luogo, non aveva mai pensato di dover un giorno scontrarsi da nemici.
Gli aveva dato la libertà ma per lui era poco, voleva anche la ragazza tanto da arrivare ad ammazzarla pur di non doverla più rivedere.
Era pazzo, lo era sempre stato.
Quando incontrava una dama piacente ella diventava di sua proprietà fino a che non fosse stato egli stesso a ripudiarla.
Aveva premuto il grilletto colpendolo al braccio, il comandante premette contemporaneamente il suo che lo prese alla spalla, puntò alla corda che teneva legata la ragazzina sparando un altro colpo che riuscì a liberarla «Scappa» Liliya si alzò barcollante cominciando ad allontanarsi dai due «Ivan i tuoi uomini saranno trucidati dai miei, vuoi davvero perderli tutti?» teneva premuta la mano sul braccio così come il traditore alla spalla «Avrei dovuto ucciderti, ma il ricordo del tempo passato insieme non mi ha dato il coraggio di farlo, me ne andrò ma stai pur certo che in qualsiasi posto tu nasconderai Liliya, io la troverò e la farò mia» lanciò un ultimo sguardo alla figura che stava cercando di correre via da quel posto per poi girare il cavallo e dare la ritirata ai suoi uomini.

Viktor scese da cavallo e con passo incerto si avvicinò a Liliya che intanto si era fermata a guardare quello che sarebbe successo da lì a poco.
Vedendolo ferito gli si avvicinò con cautela e si fece mettere il braccio sano sulla sua spalla «Vi farò curare da mia madre, venite, ma forse è meglio che voi restiate sul vostro cavallo, siete debole» si guardarono negli occhi accorgendosi di averli entrambi azzurri, Viktor le fece un lieve sorriso in segno di gratitudine, aiutato da Liliya risalì sul cavallo e lo lasciò guidare dalla ragazza che intanto lo accarezzava sussurandogli qualcosa all'orecchio.
Arrivarono davanti ad una piccola casetta da cui uscì il fratello e la madre della giovinetta «Figlia mia!» le corse in contro abbracciandola, gli altri soldati si erano avvicinati al loro comandante dandogli informazioni sulle perdite e sui feriti «Saremo liete di curarvi e cibarvi, come segno di ringraziamento» disse Liliya mentre altre persone del villaggio si avvicinavano timorosi al gruppo armato «Non dovresti neanche parlare bambinetta, chi ti credi di essere?» intervenì la moglie del Capo che era rimasto indietro come un vero codardo «Invece di inveire contro mia figlia perché non ti dai da fare e non aiuti a curare questi uomini che ci hanno salvato da morte certa?» sua madre intervenne usando un tono che non si era permessa prima, Liliya sorrise vedendo che altre donne si stavano avvicinando dando consensi positivi «Bene, dobbiamo prendere acqua, erbe medicinali, bende e qualcosa da mangiare» disse una donna abbastanza anziana da sapere il fatto suo «Andrò a prendere l'acqua al pozzo» disse Liliya mentre le altre donne facevano strada agli uomini verso un enorme fienile quasi in disuso, gli uomini invece presero i cavalli e li portarono alla recinzione in cui pascolavano tranquilli gli altri equini del villaggio.
Corse verso il pozzo e cominciò a riempire il primo secchio d'acqua quando ad un tratto si sentì osservata, alzò lo sguardo e lo puntò verso la foresta che si stagliava imperiosa su quella pianura immensa, i cosacchi erano ancora lì.
Vide Ivan sorriderle da lontano tenendosi la mano sulla spalla ferita, Liliya rimase senza parole, com'era possibile che era così spregiudicato da non fuggire?
Raccolse velocemente i secchi pieni d'acqua e se ne andò senza guardarsi indietro.
Aveva il presentimento che il destino li avrebbe fatti incontrare di nuovo.

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