Capitolo 2.4

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Marzo, 1773

Ivan era partito con Pugačëv, e mancava dal forte ormai da più di tre settimane.
Il capo dei cosacchi stava ultimando gli ultimi preparativi per la grande battaglia che ci sarebbe stata da lì a qualche mese.
Doveva assicurarsi che tutti i suoi seguaci fossero rimasti tali e che nei forti non fossero sorte rivolte.

Ivan era ormai certo che nessun esercito avrebbe potuto fermarli ed era sempre più convinto che quella vecchia megera sarebbe finita ai ferri stretti.
Aveva un conto in sospeso con Viktor poichè avere Liliya per sè non aveva del tutto placato la sua voglia di sfidarlo a duello e vederlo morire sotto la lama della sua spada.

Liliya era del tutto sua, era sua moglie, nessuno poteva più sostenere il contrario, erano legati nel nome di Dio, il loro era un legame sacro, ma sentiva che vi era un vuoto incolmabile e non riusciva a capire quale.
Il disertore, infatti, nonostante l'avesse sposata, non era riuscito a conquistarsi la ragazza e ciò scatenava in lui una rabbia cieca che era esplosa nei peggiori dei modi quando la giovane aveva tentato di scappare.
Era stato brutale, ne era cosciente, ma non se ne era pentito affatto, anzi era estremamente soddisfatto ed appagato.
Voleva avere un degno erede, lei glielo avrebbe dato, si, avrebbe partorito un bel maschietto forte come lo era il padre, ne era certo.

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Erano passate, ormai, quasi tre settimane dalla partenza di Ivan e Pugačëv ed al forte erano rimaste le donne, i bambini, gli anziani ed i feriti.

Liliya aveva ritrovato un po' di tranquillità ed il lavoro era riuscito a distoglierla dai brutti ricordi che spesse volte comparivano nei suoi incubi notturni.

In quei giorni, però, si sentiva strana, era pervasa da un malore continuo che non riusciva a spiegarsi, mangiava quel poco che bastava per reggersi in piedi e di questo se ne accorsero sia Luciano che Tan'ka.
Quest'ultima era corrosa dalla gelosia più nera, non accettava che Ivan preferisse quella minuta ragazza al suo bel corpo formoso.
Ed ora che la sempre più forte consapevolezza che ella potesse essere incinta la rendeva ancora più ostile nei suoi confronti.
Luciano, d'altra parte, guardava con occhio critico la bionda ragazza arrivando anch'egli alla conclusione che potesse avere un bambino in grembo e non mancò di esporre i suoi sospetti alla diretta interessata «Ragazza, questo mese hai avuto la perdita di sangue?» le domandò mentre tornavano nel piccolo ambulatorio, la giovane si stupì di tale domanda ma poi, soffermandosi a pensare, si rese conto che le abituali perdite che ogni ragazza in età da marito aveva una volta al mese a lei non erano giunte.
Si portò istintivamente le mani al ventre soffocando un lamento «Lo prendo come una risposta negativa, non è detto che tu sia incinta poiché non sempre si hanno perdite regolari ma avendo tu avuto un rapporto con Ivan, non è da escludere la possibilità che tu sia gravida» entrarono nello studiolo e subito Liliya andò a sedersi sulla panca con aria affranta, tra tutte le brutte notizie quella era l'ultima che si aspettava di sentire.
«Non voglio un figlio suo...Voglio tornare a casa...» calde lacrime cominciarono a scenderle lungo le guance dimostrando quanto ancora fosse poco matura, una povera contadina sedicenne costretta ad una vita ricca di pericoli ed avvenimenti poco felici, si, sarebbe dovuta rimanere nelle pianure del Don con la madre ed i fratelli, avrebbe dovuto dare ragione a Marat, era stata una stupida ed un'ingenua.
«Non fare la bambina, non è il momento, ancora nulla è detto, aspetteremo un'altra settima, poi sapremo la verità» disse Luciano pratico porgendole una tazza di tè caldo «Stai lontano da Tan'ka, quella donna fiuta la preda meglio di un cane da caccia» l'avvertì il medicus italiano sistemando delle ampolle sullo scaffale.

Liliya era incinta, ormai tutto il villaggio ne era a conoscenza, il pancino si intravedeva timidamente ed i malesseri della gravidanza cominciarono a manifestarsi.
I cosacchi non erano ancora tornati mentre Liliya era sempre più ansiosa ed impaurita, sapeva bene che il suo stato l'avrebbe legata ad Ivan per sempre e ciò le infondeva una tristezza incurabile.
Luciano sapeva che in quello stato era molto più fragile e non le faceva più fare alcunché per non affaticarla e scongiurare il rischio di perdere il bambino ancora ad uno stadio troppo delicato.
«Rimani seduta vicino al fuoco e se proprio vuoi fare qualcosa, puoi staccare le foglie secche di menta dal ramoscello e metterle nel recipiente di terracotta» le disse un giorno prima di andare a fare la sua solita ronda mattutina e lasciarla sola nell'ambulatorio.
Liliya ubbidì svolgendo quando richiesto dal medicus, poi, verso mezzogiorno sentì il nitrire di cavalli ed avvicinandosi alla finestra notò con rammarico che il capo era tornato e con lui anche Ivan.
Vennero accolti da una piccola folla che si trovava già nella piazzetta ma essa venne subito scacciata ed i cosacchi poterono finalmente andare a ristorarsi mangiando e bevendo nella grande casa di Pugačëv.

Il Vento della rivoltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora