Capitolo 2.3

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Febbraio, 1773

Il medicus Luciano si stupì dell'assenza della sua allieva tanto che decise di andare a controllare che stesse bene e quando entrò dentro casa sentì dei singhiozzi provenire da dietro la tenda che nascondeva la vasca da bagno, la scostò e vi trovò una Liliya in lacrime bagnata dalla testa ai piedi e con la sottana insanguinata.

Le si avvicinò lentamente capendo quanto era potuto succedere conoscendo il comportamento violento di Ivan.

La prese per il polso e la fece sedere vicino al caminetto dove ardeva un debole fuocherello, aggiunse due tronchi abbastanza grossi dopodiché prendendo uno scialle di lane le coprì le spalle nude.

-Non so se te lo hanno spiegato, ma l'uscita di sangue ed il dolore iniziale sono due aspetti che caratterizzano la donna vergine che si appresta a consumare per la prima volta un rapporto con il marito, forse il problema non è stato proprio questo quanto il terrore che hai provato nel vedere Ivan così irato per la tua fuga, per rassicurarti controllerò che sia tutto nella norma- la fece stendere sul letto e con delicatezza le ispezionò le parti intime -Nessuna lacerazione, nessuna infezione ma per sicurezza ti darò un unguento che ti dovrai passare dopo esserti lavata per una maggiore protezione, adesso, però, ti devi vestire, ho una marea di pazienti da visitare e mi serve il tuo aiuto, ti aspetto fuori- decise di seguirlo nella sua ronda anche per liberare per qualche ora la mente dai quei terribili momenti.

-Rimani ancora un po'- si lagnò Tan'ka coprendosi i seni nudi col lenzuolo, Ivan sbuffando si alzò ed iniziò a rivestirsi.

-Ti ho già dato più tempo del dovuto, non ti accontenti mai, sgualdrina- le lanciò un sacchetto di canapa contenente delle monete e dopo averle profuso un'ultima occhiata uscì con l'intenzione di andare a bere qualche bicchiere di vodka con i suoi amici dimenticandosi della sua novella sposa.

San Pietroburgo, 1773

Viktor Ëgorovič stava seduto nel suo ufficio a leggere i resoconti della spia che era riuscita a mescolarsi con i cosacchi.

Pugačev assieme ad Ivan era stanziato in diversi forti uno collegato all'altro da poca distanza formando un complesso fortificato ottimo per proteggersi a vicenda.

Si trovava a trentuno miglia dalla città imperiale, fuori dalle mure di Gatcina, centro abitato di recente nascita addetto ancora ai lavori del palazzo commissionato dalla Zarina per il favorito Gregorij Orlov.

Qui si sostavano i viaggiatori prima di arrivare alla capitale ed era piena zeppa di servi della gleba che lavoravano nel cantiere dell'immenso palazzo, inoltre, molti di loro facevano parte della cerchia di ribelli, ciò voleva dire che per l'ex alfiere sarebbe stata una passeggiata assediare la città e marciare verso Tsarskoye Selo.

Il subcomandante aveva seri dubbi che gli unici uomini che potevano intervenire immediatamente in un'invasione fossero semplici operai, il gruppo militante doveva essere nascosto in qualche altro posto, i forti non potevano accoglierli tutti e a Pugačev serviva un facile e veloce raggruppamento che non richiedeva lo spreco di qualche messaggero.

Essendo anch'egli stato un soldato qualche strategia l'aveva imparata, pensò il subcomandante e rimuginando sulla varie opzioni l'unica che gli sembrò abbastanza coerente e logica da accettare era la foresta: i cosacchi erano sicuramente nascosti nella folta boscaglia.

Marzo ormai era arrivato, la neve cominciava a diminuire, era sicuro che avrebbero aspettato l'estate per colpire e loro, si disse, sarebbero stati pronti a riceverli con tutti gli onori.

Pensò alla dolce Liliya e all'inferno che stava vivendo accanto al traditore e si sentì male, ogni buon principio scompariva al sol pensiero che Ivan potesse averle fatto qualcosa di orribile e conoscendolo sapeva con infinita certezza ed amarezza che la sua giovane fidanzata non era incolume assieme a lui.

Qualcuno bussò alla porta e senza attendere entrò, aveva il cappuccio sul volto e Viktor non riconobbe la figura che chiuse la porta avvicinandosi alla scrivania, quest'ultima scoprì il viso rivelando Aleksandra Pavlovna, la cugina del disertore -Devo rivelarvi alcune questioni molto importanti: ho aiutato io Ivan a rapire Liliya...- la verità detta dalla bocca di una tanto cara amica fu peggio di una coltellata al petto, battè le mani sul pregiato legno alzandosi -Come avete osato? Avete aiutato un traditore del regno! Un simile atteggiamento non me lo sarei aspettato da voi, ma adesso comprendo che se non lo si estirpa dalla radice il marciume continuo indisturbato il suo percorso...Sarete condannata per cospirazione contro la corona e non per aver agevolato il rapimento di una donna innocente ma per il semplice fatto che potrebbe essere successo altre volte, potreste essere voi stessa una spia! Dio, come ho fatto a non accorgermene, che sia dannato per avervi lasciato agire indisturbata!- la nobile donna non si scompose, anzi tirò fuori dal corsetto una pergamena piegata più volte e gliela gettò sul tavolo -Sconto la mia pena dandovi questa preziosa missiva-

''Cugina,

Intendiamo assediare prima Gatcina e subito dopo San Pietroburgo, ormai il nostro esercito è pronto, siamo numerosi, quei cani maledetti non riusciranno ad averla vinta!

Contiamo di sferrare l'attacco verso la fine dell'estate, devi assolutamente farmi sapere come si stanno organizzando i zaristi, dobbiamo vincere a tutti i costi, voglio vedere quella puttana e tutta quella massa di leccapiedi morire sotto la grandezza del nostro esercito.

Viktor è la chiave, scopri quel che ha in mente ed a breve potremmo gustarci la nostra gloria.

Liliya è divenuta mia moglie come avevo programmato, adesso, nessuno potrà più portarmela via, se dovessi morire lei subirà la stessa fine, quella che spetta alle mogli dei traditori.

Ivan Antolovič''

Mentre leggeva, con aria irata accartocciava la carta come se per le mani avesse il collo del biondo -L'ha sposata e adesso pretende la vittoria o la morte di lei, bastardo, ipocrita, uomo senza onore, lo farò morire nei peggiori dei modi!- Aleksandra era già alla porta -Spero possa bastare per avere il vostro perdono, caro Viktor- dicendo ciò se ne uscì silenziosamente scomparendo tra i molteplici corridoi che popolavano Tsarskoye Selo.

Il Vento della rivoltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora