Capitolo 1

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Il college mi aspettava.

La voglia di alzarmi e cominciare a frequentare gli orari scolastici era pari a zero. Non ero una che amava lo studio, sinceramente mi sarebbe andato bene un lavoro qualsiasi, anche uno di quelli da lavare cessi tutti i giorni. Volevo la mia indipendenza e il mio spazio. Volevo essere indipendente dai miei genitori, dalle persone ricche che mi circondavano tutti i giorni, ma soprattutto dai ragazzi vanitosi, arroganti e sfacciati.

La mia vita era centrata solo su una cosa: il denaro. I miei genitori cercarono, fin dalla mia nascita, di insegnarmi che senza il denaro non sei nulla. Tutto per loro girava intorno alla situazione economica delle persone. Se non sei ricco non vali molto anzi, in sostanza, sei inutile. Mi disse mio nonno il giorno del mio decimo compleanno.

La cosa positiva del college, che mi dava almeno un motivo per alzarmi da quel letto, era proprio la lontananza da questa vita. Avrei alloggiato al campus per l’intero periodo scolastico senza tornare a casa. Avrei vissuto con i miei amatissimi problemi, le mie riflessioni e non avrei dovuto dare conto a quello che mi avrebbero detto i miei genitori su quello che avrei dovuto o non fare.

Su questo concetto non dovevo lamentarmi perché, infondo, facevo tutto quello che mi pareva: uscivo con gli amici la sera, il pomeriggio o la mattina quando facevo fuga da scuola. Compravo vestiti da persone normali, ragazze della mia età, che piacevano a me, ma che mamma criticava ogni santissima volta. Frequentavo la gente che stava simpatica a me e non quegli smorfiosetti figli di papà con il portafoglio pieno che facevano comodo ai miei genitori. Vivevo la vita a modo mio, questo era l’importante.

La luce mattutina che filtrava attraverso le tende scure di camera mia batteva sul mio viso pallido. La sveglia suonava già da due minuti ed era tardi. Spostai le coperte svogliatamente dal mio corpo fragile e infreddolito. Strofinandomi gli occhi, mi alzai e andai verso il bagno. Mi misi davanti allo specchio grande che ricopriva la maggior parte della parete sovrastante il lavandino e cominciai a guardarmi riflessa. Fissavo la ragazza così uguale a me, ma allo stesso tempo diversa e non adatta a quel mondo. Gli occhi arrossati e stanchi di un cobalto limpido, i capelli mossi raccolti in uno chignon in disordine con ciocche di capelli ribelli e arruffati che cadevano sul viso pallido, sulle guance appena troppo paffute per il mio viso e sui lineamenti delineati.

Nuova vita, nuovi amici e nuove esperienze. Oggi ricomincerà ogni cosa continuai a ripetermi tra me. Sospirai e distolsi lo sguardo da quella figura di fronte a me. Aprii il rubinetto e acqua fredda abbondante fu buttata sulla mia faccia, svegliando qualche neurone rimasto sotto le coperte.

«Mia, muoviti o farai tardi.» Sentii mia mamma dietro la porta del bagno.

Mia madre passava il suo tempo a comandare le persone che si occupavano di gestire la nostra casa e a lamentarsi per ogni singola cosa.

«Sì, certo.» Sussurrai con la voce roca.

Al college mi aspettava mio cugino George. Andavamo abbastanza d’accordo e nell’ultimo periodo le cose tra noi andavano bene e il nostro rapporto si era rafforzato. Era totalmente diverso da me, allegro tutto il giorno, espansivo, molto socievole, carismatico. Mi sarebbe stato vicino tutto l’anno, almeno, così mi disse qualche giorno fa, ma non avevo bisogno di una balia perchè sapevo cavarmela da sola. Però la sua compagnia, una volta ogni tanto, non mi sarebbe dispiaciuta.

« MIA!» Urlò più forte, accostata alla porta chiusa a chiave.

« ARRIVO! E che cazzo...» Risposi girandomi con cattiveria. Non la sopportavo proprio, specialmente quella mattina. Uscii dal bagno e andai in camera mia per prepararmi. Tirai fuori dall’armadio un paio di jeans attillati, una magliettina scollata per valorizzare il seno prosperoso e un cardigan corto beige. Indossai i pantaloni tirandoli verso l’alto sfiorando con le dita la pelle calda, le mani congelate, e toccando appena il tessuto sottile ben aderente degli slip neri intonati al reggiseno. Infine, ai piedi misi un paio di converse nere, uno dei tanti paia di scarpe presenti nella valigia. Buttai la testa all’ingiù e cominciai a raccogliere i capelli in una coda. Alzai all’improvviso il capo e li legai sistemando le piccole imperfezioni.

Una ragazza diversa.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora